sabato 30 aprile 2011

Barcellona: tutta loro la città

Plaça de Catalunya rappresenta il nucleo centrale – geografico, commerciale e turistico - della città di Barcellona. Essa divide gli antichi quartieri della Ciutat Vella da quelli più recenti, costruiti ex novo attraverso la “Eixample” (espansione in catalano, ma anche nome del secondo distretto della città), iniziativa promossa dall’amministrazione comunale nel 1859 attraverso un bando di concorso per progetti urbanistici; oppure inglobati proprio dalla citata espansione, come accaduto al paesino di Grácia, diventato parte integrante di Barcellona una volta colmato il vuoto delle campagne che si trovavano in mezzo. Le due aree sono collegate dal fascinoso Passeig de Gracia, un must per tutti gli amanti dell’architettura moderna (ma anche dello shopping…) grazie alle forme acquose e oblique di autentici manifesti dell’Art Nouveau quali La Pedrera e Casa Battlo, edifici privi di qualsiasi linea retta. L’ufficio informazioni turistiche sito nei sotterranei di Plaça de Catalunya è uno dei rarissimi luoghi di Barcellona dove un alieno appena sbarcato sulla terra può accorgersi che in città esistono due squadre di calcio professionistiche, e non solamente una dai colori blaugrana. Tra un libro fotografico sulle opere di Gaudí e le classiche miniature della Sagrada Familia, ecco spuntare due teche di identiche dimensioni; a sinistra quella contenente materiale del Barcellona, a destra quella relativa all’Espanyol. Una piccola oasi egualitaria in un ambiente in cui vige un pensiero unico modello Minculpop. Difficile del resto convivere con una società calcistica che vive in piena osmosi, non solo sportiva ma anche storica, politica e culturale, con la città e che, piccolo dettaglio ulteriore, è oggi considerata pressoché all’unanimità la miglior squadra del pianeta. L’Espanyol è l’intruso nel regno di coloro che Sir Bobby Robson ha definito “l’esercito della nazione catalana”. L’Espanyol non può vantare tra i propri soci il Papa (membro n. 108.000) né un museo che rivaleggia con quello di Picasso quanto a media di visitatori annui. Lungo le Ramblas, tre le viuzze del Barri Gotic, sul lungomare di Barceloneta: il Barça non è la squadra della città, bensì la città stessa.

Gli aspetti più deleteri del barcellonismo sono ben visibili nei media. Nel 1988 l’Espanyol travolse 3-0 il Bayer Leverkusen al Sarrià nella finale di Coppa Uefa. L’indomani il quotidiano sportivo catalano Sport pubblicava in prima pagina una foto di Johan Cruijff, allora tecnico del Barcellona, relegando la notizia del match in un minuscolo box a fondo pagina. Nel 2000 l’Espanyol è tornato a riempire la propria bacheca con la Copa del Rey, la terza della sua storia dopo quelle vinte nel 1929 e nel 1940. Come hanno celebrato l’evento l’emittente TV3 e i quotidiani El Mundo Deportivo e Sport? Ovviamente parlando del Barcellona. Un atteggiamento di totale disinteresse nei confronti dei Periquitos (i pappagalli) che ha paradossalmente finito con il favorire i rivali della carta stampata Marca e AS, ovvero i giornali di area Real Madrid. Nel 1996 essi hanno lanciato con successo una propria edizione catalana, che ha raccolto i lettori di fede-Espanyol allontanatisi dalla faziosità della stampa sportiva cittadina. Oggi non è cambiato granché. Durante il nostro soggiorno lo scorso gennaio in occasione della 18esima giornata della Liga, El Mundo Deportivo è uscito il lunedì con 17-pagine-17 dedicate al Barcellona (da antologia della tristezza il dossier esclusivo - 2 pagine - dedicato ai posti che avrebbero occupato Xavi, Iniesta, Messi e relativi familiari sull’aereo privato del club in partenza per il gala del Pallone d’Oro a Zurigo), nonostante i blaugrana avessero giocato sabato e non domenica. A pagina 18 ecco il Real Madrid vittorioso sul Villarreal “grazie all’arbitro”, mentre a pagina 20 arriva finalmente il turno dell’Espanyol, vincente e convincente al Cornellà-El Prat contro il Real Saragozza.
(2-continua)

Fonte: Calcio 2000

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