mercoledì 29 febbraio 2012

Il capolavoro di Spalletti

All’estero Luciano Spalletti ha fatto meglio, e vinto di più, rispetto a Roberto Mancini, eppure le celebrazioni dei media italiani sono tutte per quest’ultimo. D’accordo, il tecnico di Certaldo non allena nel campionato più cool del mondo, ma la doppietta campionato-coppa di Russia (alla quale in marzo si è anche aggiunta la supercoppa) non è certo impresa alla portata di chiunque. In patria lo Zenit, pur foraggiato dalla Gazprom, non gioca da solo; né sportivamente - basta pensare al trittico moscovita CSKA, Dinamo e Spartak, più il Rubin Kazan; tantomeno dal punto di vista economico, con Spartak, CSKA e il mostruoso Anzhi che primeggiano tra i big spenders.

Volendo cercare il pelo nell’uovo nella gestione-Spalletti, fino allo scorso dicembre si poteva notare una certa difficoltà in ambito internazionale, peraltro evidentissima anche in Mancini, ieri nell’Inter come oggi a Manchester. Lo Zenit che viaggiava a gonfie vele in Russia proponendo il miglior calcio del campionato, stentava non poco in Europa. Lo scorso anno i russi uscirono nel preliminare di Champions contro il modesto Auxerre, per poi venire umiliati dal Twente agli ottavi di Europa League (ma che sofferenza anche nel turno precedente contro lo Young Boys). La musica è cambiata nell’attuale stagione, pur con tanta fatica. E’ stato necessario uno strepitoso Malafeev per mantenere la squadra nella massima competizione europea, grazie a una serie di prodigiosi interventi nell’ultima partita contro il Porto. Lo 0-0 finale ha sorriso ai russi, barricadieri contro il loro dna. Perché per quantità e qualità di gioco prodotta in precedenza, lo Zenit avrebbe dovuto vincere il girone a mani basse. Invece si è reso protagonista di uno sagra delle spreco che avrebbe potuto costargli caro.

Un perfetto esempio della difficoltà di raccogliere quanto seminato è stata la doppia sfida con lo Shakathar. A Donetsk si è visto il miglior Zenit “europeo” dai tempi di Advocaat e Arshavin (coppa Uefa vinta nel 2008): triangolazioni, sovrapposizioni, creatività. Difficile tenere il conto delle occasioni da gol create dagli uomini di Spalletti, ma anche degli errori sotto porta. Risultato finale? 2-2. A San Pietroburgo invece striminzito 1-0 su corner grazie a Lombaerts, dopo un primo tempo infuocato con i vari Fayzulin, Bukharov, Danny e Shirokov a giocare al tiro al bersaglio con la porta degli ucraini. Senza dimenticare i 5 punti su 6 persi contro l’APOEL Nicosia. “I ciprioti hanno costruito poco” ha commentato Spalletti dopo la sconfitta sull’isola, “capitalizzando però al meglio le occasioni. E’ ciò che non siano riusciti a fare noi”. La miglior analisi possibile del principale problema dello Zenit.

La qualità della rosa, attualmente in testa al campionato russo, rimane di buonissimo livello, nonostante Spalletti abbia chiesto a gran voce un paio di rinforzi a gennaio. Tutto parte dal genio di Danny, trequartista portoghese fondamentale per il gioco dello Zenit “come Messi lo è per quello del Barcellona” (così Henk van Stee, responsabile del settore giovanile del club). Importante il recupero in avanti di Kerzhakov (con Bukharov egregia alternativa), classificatosi terzo come giocatore dell’anno in Russia. Già detto di Malafeev, nel reparto arretrato spicca l’ottimo rendimento dell’azzurro Criscito, subito ambientatosi nella nuova realtà, e del centrale belga Lombaerts, elemento di notevole qualità capace di tornare ad alti livelli dopo una paio di brutti infortuni. Infine la mediana, dove Denisov brilla per affidabilità in interdizione e il jolly Shirokov per il piede caldo - 3 reti nella fase a gironi.

Fonte: Guerin Sportivo - Regine di Champions

martedì 28 febbraio 2012

Imprevedibilità svizzera

Al termine della stagione 2008/09 l’Ingolstadt 04 retrocedeva in Dritte Liga, la terza serie del campionato tedesco. In primavera la dirigenza del club bavarese, nel disperato tentativo di tenere a galla una barca che faceva acqua da tutte le parti, aveva giocato la carta del cambio di allenatore, sollevando dal proprio incarico Thorsten Fink e il suo vice Heiko Vogel. Due anni dopo questa coppia dal modestissimo curriculum ha scritto una delle pagine più importanti nella storia del calcio svizzero, estromettendo dalla Champions League il Manchester United di sir Alex Ferguson, finalista in tre delle ultime quattro edizioni. Fink, due titoli in due stagioni con il Basilea, ha bloccato i Red Devils sul pari all’Old Trafford (con i renani ci riuscì anche Christian Gross nel 2003, ma quel Manchester era molto più tenero poichè già qualificato al turno successivo); Vogel, che ha sostituito a ottobre il collega trasferitosi nell’Amburgo, ha completato l’opera battendo gli inglesi al St. Jakob Park. Un monumento come Ferguson sconfitto da un traghettatore alla sua prima esperienza da tecnico sulla panchina di un club. Anche nel calcio dei milioni c’è ancora spazio per qualche sorpresa.

Logicamente l’eroe per caso Vogel ha ottenuto un nuovo contratto dal club renano. Amatissimo dai giocatori, ha chiuso l’anno consolidando il club in vetta al campionato, conquistando i quarti di coppa nazionale e gli ottavi di Champions. Ma il miracolo Basilea ha ben poco di casuale. La gestione tecnica del gruppo funziona in maniera egregia perché agisce avendo alle spalle una struttura societaria solida e funzionale. La miglior descrizione è arrivata dal quotidiano ticinese Il Giornale del Popolo: “Il Basilea nell’Europa che conta senza tradire le radici”. Esistono diversi modi per gestire soldi e ambizioni, anche in realtà calcistiche non di primissimo piano. C’è il modello Sion, ovvero ingaggio di giocatori stranieri (anche importanti) e battaglie nei tribunali; e c’è quello del Basilea, caratterizzato da investimenti massicci nella formazione dei giovani. Il risultato è pienamente visibile: Shaqiri, Xhaka, Sommer, Fabian Frei e Stocker sono tutti prodotti del vivaio oggi titolari in prima squadra, nonché elementi (soprattutto i primi due) sui taccuini di numerosi club europei. Ma anche i veterani, da Huggel alla coppia gol Streller-Alexander Frei (27 reti stagionali in due, 7 in Champions), sono 100% made in Swiss. Tra i pochi stranieri degni di nota il play ivoriano Yapi, il terzino sudcoreano Park Joo-Hoo e il centrale argentino Abraham, protagonista di un’improvvisa rinascita dopo stagioni altalenanti che lo avevano portato a un passo dalla cessione.

Basilea significa però anche Gisela Oeri, moglie di uno dei soci del colosso farmaceutico Hofmann-La Roche e principale finanziatore del club nell’ultimo decennio. La presidentessa lascerà la carica il prossimo giugno dopo aver trasformato la squadra nella regina del calcio svizzero, lasciando in eredità trofei in serie e un moderno centro di formazione che dovrebbe costituire la base per il futuro autofinanziamento del club – oggi non ancora raggiunto. All’entusiasmo dei tifosi per l’exploit europeo si è pertanto aggiunto un pizzico di inquietudine per un futuro ancora incerto. Il presente invece dice Bayern Monaco, sorta di mini derby per gli svizzeri tedeschi. Lo sarà sicuramente per Vogel, in passato allenatore delle giovanili del club bavarese. E chissà che questo pacioso tedesco con la faccia da Ralph di Happy Days non riesca ad abbattere un altro gigante d’Europa. Forse è più facile che salvarsi in Zweite Bundesliga.

Fonte: Guerin Sportivo - Regine di Champions

domenica 26 febbraio 2012

Regina di cuori (che in realtà sono foglie)

Da 55 anni la classifica della Eredivisie non era così corta. Tra l’Ajax sesto in classifica e il duo di testa Psv Eindhoven-Az Alkmaar il divario è di soli 5 punti. Nel mezzo ci sono Twente, Feyenoord e Heerenveen. Questi ultimi sono gli unici del sestetto a non aver mai vinto il titolo. Se accadesse, non si festeggerebbe solamente in Frisia – la provincia dalla quale proviene il club – ma un in tutto in paese. Perché l’Heerenveen è la seconda squadra di ogni olandese. Prendete l’Udinese, sostituite le strisce nere con quelle blu e aggiungete, negli spazi bianchi, delle foglie stilizzate rosse (che molti erroneamente scambiano per cuoricini) prese direttamente dallo stemma della Frisia: ecco l’Heerenveen, ovvero scouting di altissimo livello (qualche esempio? Van Nistelrooy, Tomasson, Huntelaar, Bradley, Pranjic) che permette di bilanciare al meglio le esigenze tecniche con quelle di bilancio. E in campo è spettacolo.

Con una media superiore ai 2.5 gol a partita (incluse anche le 4 di coppa d'Olanda), i Frisoni sono attualmente la squadra più efficace della Eredivisie. Dopo un periodo in tono minore, curiosamente iniziato dopo la conquista (nel 2009) del primo trofeo nella storia del club, la coppa d’Olanda, i talenti sono ripresi a sbocciare copiosi all’Abe Lenstra Stadion. Dove giocano il capocannoniere e il miglior rifinitore della Eredivisie, rispettivamente il classe ’89 Bas Dost, 19 reti, e l’ala destra classe ‘90 Luciano Narsingh, 13 assist e la recente prima convocazione nell’Olanda. Ma ci sono anche il “nuovo Stam” Jeffrey Gouweleeuw (’91); l’artista del dribbling Ousama Assidi (’88), ala sinistra che nelle giornate di vena sembra la versione sub-sahariana di Messi; l’interno serbo Filip Djuricic (’91), classe e visione di gioco. Un gradino sotto, ma comunque degni di nota, il terzino destro Daryl Janmaat (’89) e il vice-Assaidi Rajiv van la Parra (’91).

Calcio di alto livello senza avere giocatori di alto livello, ma solo prospetti futuribili. Questo il segreto dell’Heerenveen di Ron Jans. La cui esperienza in Frisia sfiora il paradosso. Lo scorso anno il tecnico era finito sulla graticola per aver concluso al 12esimo posto, peggior piazzamento della squadra dal 1994. Ma aveva un contratto biennale e la dirigenza ha voluto rispettarlo. Quest’anno Jans sta conducendo i Frisoni verso scenari inimmaginabili, togliendosi anche lo sfizio di aver ritoccato il libro dei primati del club con un 11-1 al Fc OSS in coppa d’Olanda - il più largo successo dell’Heerenveen nella sua storia. Però è già stato deciso il divorzio a fine stagione, con Jans intenzionato a prendersi un anno sabbatico. Gli subentrerà Marco Van Basten. Se c’è un olandese che in questi mesi non tiferà Heerenveen è proprio l’ex Cigno di Utrecht. Perché se i Frisoni dovessero compiere il miracolo, lui in quella felice oasi di provincia potrà solo fare peggio

Fonte: La Gazzetta dello Sport - Extra Time

mercoledì 22 febbraio 2012

Il derby di Vogel

Con quella faccia da Ralph Cunningham di Happy Days e un curriculum vitae non spendibile nemmeno in Lega Pro, Heiko Vogel è l’allenatore più improbabile che si possa trovare sulla panchina di una squadra agli ottavi di Champions. In campo però le apparenze contano zero. Se ne è accorto sir Alex Ferguson, che lo scorso dicembre ha visto il suo Manchester United estromesso dall’Europa che conta per mano del Basilea.
(Articolo completo su Il mondo siamo noi).

martedì 21 febbraio 2012

Persie in person - part II

Transfer Policy. “I am not the right person to talk about Arsenal’s transfer policy. I am not the manager, nor the managing director. Of course I have an opinion, but I couldn’t influence the club’s decisions on their transfers.
My job is another job, so I don’t think it’s fair to talk about someone else’s work at the club. But moving on to Arsenal’s newcomers, I can tell you that Alex Oxlade-Chamberlain is a great talent, and I can see a bright future ahead of him.”
Cesc Fabregas. “I miss Cesc Fabregas not only as a footballer, but also as a friend. I consider him to be amongst the top five players in the world, and of course he is almost impossible to replace - not only at Arsenal, but in almost every team.
Cesc came to London as a promising youngster and ended his stint as Arsenal’s captain and the club's idol. He did fantastic things here. I remember when he played with a broken foot against Barcelona. No Arsenal fan should ever forget this.
However, there comes a time when you feel you have to change. Cesc chose to go back to Barcelona, to his roots, to his home. I can understand him, even though his departure has been a great loss for Arsenal.”
Captaincy. “Wearing the captain’s armband makes me very proud. I have never had any problem in voicing my opinion in the dressing room. I always liked to stay with the youngsters for a chat at the end of a match or a training session, even before I became the team’s captain.
When I arrived at Arsenal I remember how interesting it was to have a conversation with Bergkamp and Henry and to discover their thoughts about the game.
During a training session a few weeks ago, I wasn’t satisfied with the level of intensity some of my team-mates were playing at during a five-against-three game. I told them what I thought, we discussed it and then things improved. It was a good moment.
I like the responsibility the captain’s armband gives you. A captain is expected to organise things – on but also off the pitch. When we went to play golf once, my team-mates expected me to organise everything for example, from the first seconds to the last hole.”
English Tradition. “It’s typically English to ask a new player to introduce himself to the team with a little speech, and to sing a song. In Holland, it doesn’t work this way at all!
Luckily I didn’t have to do this when I joined Arsenal. It was at a training camp in Austria and it was snowing. With a trembling voice I said: ‘Hello everybody, I’m glad to be here.’ Nothing else. Fortunately veterans like [Patrick] Vieira and Henry were still on holiday after the [2004] European Championship in Portugal. So, nobody asked me to sing.”
Holland. “Over the last few years no team has improved as much as Holland. Spain have been at the top of the game since 2008 and Germany are still improving a lot, but during the last World Cup we performed better. France and Italy have experienced some difficult years.
Our coach Bert van Marwijk has given us a new mentality. One of the first lessons he asked us to learn was that every game and every training session are a new adventure. Forget about your past performances; every time a player begins from zero.
Holland supporters were disappointed after our recent 1-0 win against Moldova, something I found very positive because it means that our usual performances are high, and consequently the fans’ expectations are too.
Holland’s talent of the future? PSV Eindhoven’s midfielder Kevin Strootman. Under Van Marwijk young players do not get selected for the national team as quickly. However, when the coach makes an exception to the rule – like happened with Strootman – it means that the player is extremely talented.”
Samuel Eto’o. “I consider Samuel Eto'o the best striker in the world, alongside Wayne Rooney and Didier Drogba. I have always been impressed with his mentality. He won three Champions League titles, scored in two finals, and lifted lots of other trophies. However, he still gives his best on the pitch, like a youngster who is hungry for success.
I have read a lot of speculation about his Anzhi Makhachkala move. I remember what his fellow countryman Alexandre Song told me about him once. Eto’o is said to have told a car salesman: ‘If I score 30 goals this season, I will buy 40 cars.’ Not for himself, but for his relatives and friends in Cameroon, so that they could start a business as taxi drivers. This is a fantastic story about this man.
What if a club offered me such a large amount of money? I can honestly say I won’t move to a club which does not play my style of football. But tomorrow, who knows?”
Life. “Family is the most important thing to me. I have two kids, and of course the priorities in my life have changed. I’m not saying I live like a monk, but there comes a time when you have to make a decision.
I’m deeply involved in my children growing up and it’s just fantastic. Of course, I can’t go out to clubs at night until the break of dawn anymore. Some players want both - their family and the night life. However, these are two completely different worlds. You have to choose one of them and focus on it. This doesn’t mean you can no longer go to a restaurant or see your friends – but you do it with a different point of view.”
Contract at Arsenal. “I know my contract with Arsenal expires in 2013 and I understand everybody would like to know more about my future. However, this is something private.
I have been fit for almost a year now and it is my desire to fully concentrate on football, both at Arsenal and for Holland. Every person writes their own history. Thierry Henry did it his way, Dennis Bergkamp too. And I want to do it my way.”

Fonte: Football World - December 2011, Anniversary issue

lunedì 20 febbraio 2012

Persie in person - part I

The journey from troubled child in Kralingen, a multi-ethnic area of Rotterdam, to superstar in London is a long road to walk. But Robin van Persie has travelled the distance, step by step.
The talented but hard-to-handle Feyenoord starlet has become one of the best players in world football with Arsenal and is currently enjoying the finest season of his career, with manager Arsene Wenger hailing the 28-year-old as “world class”.
In September, the Dutch international scored his 100th goal for Arsenal in their EPL encounter against Bolton Wanderers, becoming the 17th player in the history of the Gunners to reach this impressive milestone.
At the end of October, Van Persie landed a hat-trick against rivals Chelsea, hitting the net for the 26th, 27th and 28th time in 2011 alone. With another two months to go until the end of the year, the Dutchman is very close to breaking yet another record, following his former team-mate Thierry Henry in the process (who scored 34 goals in 2004), by becoming the second player in the history of the EPL to score 30 or more goals in a calendar year.
World class striker, national idol - with 630,000 Twitter fans he is second only to the musician DJ Tiësto in his native Holland - and family man: Robin van Persie speaks to us about his world.


100 Club. “I like to read these kinds of statistics. However, they only tell you a part of the truth. I will always have something to learn from players like Henry and Dennis Bergkamp. Of course, I am proud to be compared to them, but this doesn’t mean I consider myself as good as them.
I know Arsenal are going to produce a DVD of my 100 goals. That’s funny because one of the first things I bought when I signed my first contract with the Gunners in 2004was a DVD of Bergkamp’s first 100 goals.”
Michael Jordan. “The most curious SMS I received after the game against Bolton was from [former Arsenal player and Dutch international] Glenn Helder. ‘Congratulations’ – he wrote – ‘you have scored 99 goals more than me with Arsenal.’ It made a laugh, then I turned the page. A sportsman should live in the present, not in the past.
This is a lesson I learnt from Michael Jordan. Once he said he was thinking about all the crucial misses he experienced in his basketball career: about 18,000. However, he accepted them and never looked back, becoming the champion everybody knows today.
For a footballer it works exactly the same. In the game against Bolton I could have scored five times, but I only hit the net twice. I didn’t think about it for too long. Sometimes the ball goes in, sometimes it doesn’t. When I was 20 I would have been frustrated about this, now I have become quieter. If I miss a chance I move on and think about what lies ahead, and how I can be useful to my team.”
Manchester United and Chelsea. “The 8-2 defeat at Old Trafford against Manchester United was something which could hardly be explained. It was a top football game with a futsal score, unbelievable.
What was behind this? The answer is simple: It was a game with a team that scored every time they shot on goal, while the other one was having one of their worst days in recent history; a day when nothing works out as planned.
But you can always learn a lot from experience and even from a defeat. And we proved this against Chelsea [on 29th October]: We didn’t play the perfect game, but every one of us fought at his best. The 5-3 win at Stamford Bridge was a great achievement.”
Title Contenders. “The Premier League has changed a lot in recent years. When I arrived at Arsenal in 2004, we beat Manchester City 6-0. Something like this is impossible now.
I’ve read that during the last five years City invested something like €645M. Tottenham spent around €400M and Liverpool too are at the top of the list of big spenders.
Arsenal’s philosophy is different. It might be harder to fight for the title now, but this doesn’t mean it is less exciting.
Despite all these changes, the Premier League remains the best and the most entertaining league in the world though. It is a tournament that can give players and fans everything they are looking for.”

Fonte: Football World - December 2011, Anniversary issue

domenica 19 febbraio 2012

Cruijff vs Van Gaal, la guerra d'Olanda

Le recenti turbolenze dirigenziali all’Ajax hanno radici antiche. Barcellona 1997, per la precisione. L’arrivo di Louis van Gaal in Catalogna causa un piccolo tsunami: la squadra viene «olandesizzata», l’organizzazione del vivaio aspramente criticata.
All’epoca la cantera è gestita da Johan Cruijff. Tra il miglior giocatore olandese di sempre e colui che diventerà il tecnico oranje più vincente in assoluto, la rottura è totale. Dopo Barcellona, ipotizzare una collaborazione tra Cruijff e Van Gaal sarebbe come «bestemmiare in chiesa» (così il consigliere Ajax Keje Molenaar).
Ma nella stanza dei bottoni dell’Ajax c’è chi ci prova lo stesso, ed ecco lo scorso novembre la nomina di Van Gaal direttore generale a partire dal luglio 2012. Una prova di forza di 4 membri del board (tra cui Edgar Davids) contro il quinto, ovvero Cruijff. Che però ricorre al tribunale contro la decisione, presa quando lui si trovava in Spagna per il compleanno della figlia Chantal, e vince, provocando le dimissioni del board.
Cruijff vs Van Gaal - La guerra dell’Ajax nasce dalle visioni opposte di Cruijff e van Gaal sulla gestione del club. Due i nodi cruciali: vivaio e ruoli dirigenziali. La visione formativa di Cruijff è individualista, quella di van Gaal sistemica. Per quest’ultimo la squadra è un’unica entità, capace di muoversi in campo come pedine su una scacchiera; Cruijff invece punta molto anche sull’aspetto psicologico del giocatore, tanto da ritenere indispensabile l’inserimento nello staff di un mental coach, recentemente abolito. Cruijff pone al centro della gestione tecnico-sportiva, mercato incluso, l’allenatore della prima squadra (attualmente Frank de Boer) e i responsabili del settore giovanili (Bergkamp e Jonk) a scapito del d.g.
Un ruolo invece fondamentale secondo Van Gaal, da affidare a persone esperte nonché dotate di visione a 360º. Non spettava insomma a Ronald Koeman sindacare nel 2004 sulla cessione di Ibrahimovic alla Juventus. Lui, da allenatore, doveva limitarsi a far rendere al meglio il suo sostituto: il greco Anastasiou.

Fonte: La Gazzetta dello Sport - Extra Time

giovedì 16 febbraio 2012

Il salto (pilotato) di Bouy

Nessuno ci hai mai spiegato perché il Fabio Borini di turno che si trasferisce dalle giovanili del Bologna a quelle del Chelsea viene definito “scippo” dai medi italiani, mentre per chi compie il percorso inverso – vedi il recentissimo caso dell’olandese Ouasim Bouy, passato dallo Jong Ajax alla Juventus – si parla di “grande colpo in prospettiva”.
(Articolo completo su Il mondo siamo noi).

mercoledì 15 febbraio 2012

Preview Milan-Arsenal: Alex Oxlade-Chamberlain

Un Bue sulla strada del Faraone. Milan-Arsenal è anche la sfida tra due dei talenti più fulgidi dell’attuale panorama calcistico europeo: il classe ‘92 El Shaarawy contro il ‘93 Alex Oxlade-Chamberlain. Quest’ultimo ribattezzato The Ox, il Bue, per la notevole fisicità, frutto di un’adolescenza trascorsa ad alternare calcio e rugby (“i London Irish mi offrirono un provino”, ricorda il ragazzo, “ma il Southampton bloccò tutto”). La struttura muscolare del ragazzo però non deve trarre in inganno, perché tecnica, cambio di passo e velocità sono di primissimo livello. Tanto che una vecchia volpe come Arsene Wenger non ha esitato a proporlo esterno sinistro nel 4-2-3-1, dopo che la stagione precedente aveva fatto i fuochi d’artificio in League One (la C inglese) guidando, da trequartista centrale, il Southampton alla promozione. Per lui 10 reti, 8 assist e l’inserimento nella top 11 di League One dell’anno.

Ox-Chamberlain sfugge ai cliché del talento tutto genio e sregolatezza alla Balotelli. Figlio dell’ex nazionale inglese Mark Chamberlain (che lo ha allenato nell’Academy dei Saints), il ragazzo è stato cresciuto con tutti i crismi, sia sportivi che educativi. E alla prima con i Gunners non ha fallito: tra il 20 e il 28 settembre arrivano le prime reti, una in Coppa di Lega allo Shrewsbury Town, la seconda in Champions League all’Olimpiacos. Quest’ultima gli permette di diventare il più giovane marcatore inglese di sempre nella massima competizione europea, superando il compagno Theo Walcott, al quale è spesso accostato per origini calcistiche (Southampton) ed esplosività nello scatto. Ox-Chamberlain però difende meglio, anche perché non basta una spallata per spostarlo (“prendete Wayne Rooney, mettetelo in fascia e avrete Alex Chamberlain”, parola dell’ex Arsenal Adrian Clarke).

Un paio di settimane fa la nuova stella del calcio inglese ha fatto il botto anche in Premier League: doppietta nel 7-1 al Blackburn, ciliegina sulla torta di una prestazione da assoluto dominatore della fascia sinistra. La sfida al Faraone è stata lanciata.

Fonte: Il Giornale

lunedì 13 febbraio 2012

Nè re e neppure leone

Il leone non ruggisce e Napoli non capisce”. Così l’apertura della pagina sportiva del quotidiano ticinese Il Giornale del Popolo dedicata al momento-no di Gokhan Inler. Una questione di valutazione, scrive il collega Paolo Galli. La stessa che si era posta anche il Guerin Sportivo lo scorso ottobre nello speciale Champions: se Inler vale 20 milioni di euro, un giocatore come Xherdan Shaqiri – attualmente il miglior giocatore svizzero – quanto dovrebbe costare? La risposta è arrivata in questi giorni dal Bayern Monaco: tra i 10 e i 12 milioni. Questa la cifra che i bavaresi verseranno nelle casse del Basilea per assicurarsi, dalla prossima stagione, le prestazioni del talentuoso esterno di origini kosovare. Fin troppo facile notare quanto sia stata spropositata la valutazione effettuata la scorsa estate dal Napoli in sede di mercato per Inler.

Se Napoli non capisce, la Svizzera per contro non si stupisce. Perché in maglia rossocrociata da tempo il centrocampista sta offrendo prestazioni di livello modesto. Compassato nel ritmo, scolastico nella giocata, troppo impreciso in fase di appoggio; nella deludente campagna per Euro 2012 della Svizzera (finita terza alle spalle di Inghilterra e Montenegro), Inler è risultato uno dei peggiori sotto il profilo del rendimento. Mentre Shaqiri riapriva le chance di qualificazione dei rossocrociati annientando con una tripletta la Bulgaria, Inler si scrollava di dosso l’etichetta di “underperformer” solamente nell’ultima inutile partita contro il Monetnegro, a eliminazione già ufficializzata. E infatti Il Giornale del Popolo giudicava così la sua partita: “Accidenti, quando non conta nulla lui ritorna. Una partita addirittura più che sufficiente lì nel cuore della manovra. Gli sbagli restano frequenti (eccome), ma… non causano guai”. Agli standard “napoletani” di Inler insomma gli svizzeri sono abituati da tempo.

Il problema sembrerebbe essere una questione di modulo. Il giocatore soffre molto il ruolo interditore in una mediana a due, sia che si tratti del 4-2-3-1 adottato dalla Nati, sia del 3-5-2 del Napoli di Mazzarri. Nell’Udinese invece giocava in un centrocampo a tre protetto da due incontrasti, cosa che lui non è. Rimane comunque un mistero questa involuzione sotto il profilo della duttilità, perché Inler si è calcisticamente imposto, in Svizzera, in una mediana a quattro. Nell’Aarau 2004/05 giocava centrale nel 4-4-2, così come nella Svizzera under 20 che nell’ottobre 2005 batteva 2-1 in amichevole l’Italia dei vari Criscito, De Ceglie e Paolucci ad Ascona. Nello Zurigo Inler offriva ancora più opzioni; centrale davanti alla difesa con Dzemaili, interno destro in un centrocampo 3+1 (Margairaz partiva leggermente più avanti), esterno destro in una linea a 4. Prestazioni di qualità e sostanza che gli valse un precoce approdo in nazionale (con l’allora ct Kuhn che lo metteva in ballottaggio con un incontrista puro, Huggel), nella quale oggi vanta oltre 50 presenze.

Lasciamo la chiusura a Galli. “Nonostante le sue contro-prestazioni in nazionale, il Napoli ha visto in Inler un “top player”, fidandosi della buona stampa di cui godeva e soprattutto delle valutazioni di mister Mazzarri. Valutazioni che si sono dimostrate clamorosamente errate dal punto di vista tattico […]. Adesso sta solo a lui (Inler, nda) fare quello sforzo in più, che gli possa permettere di ridurre l’impietosa distanza che passa dal discreto giocatore al “top player”. Perché in mezzo, nonostante quella esagerata milionaria valutazione, effettivamente qualcosa c’è”.

Fonte: Guerin Sportivo

giovedì 9 febbraio 2012

Il più brutto spettacolo sotto il Big Ben

Facile considerare il pittoresco Ali Dia il peggior bidone di sempre della Premier League. Perchè dal cugino tarocco di George Weah (e complimenti a Souness per essersela bevuta…) nessuno si aspettava chissà cosa. Da Fernando Torres, 58 milioni di euro versati dal Chelsea nelle casse del Liverpool un anno fa, invece si.
(Articolo completo su Il mondo siamo noi).

mercoledì 8 febbraio 2012

Sala e Guidetti, stelline del Nord

Ci vogliono gli stranieri per credere nei talenti italiani. E’ il paradosso contemporaneo del nostro calcio, che difetta non tanto nella produzione di prospetti di valore, quanto nella volontà di valorizzarli. In Italia bisogna attendere l’arrivo del Luis Enrique di turno per riportare a casa la stellina Fabio Borini, giustiziere dell’Inter nel weekend. Il giallorosso la gavetta l’ha fatta nel vivaio del Chelsea, raggiunto a 16 anni in fuga dal Bologna. Nello stesso anno emigrava, sempre in direzione Stamford Bridge, il 15enne Jacopo Sala, brillante esterno destro formatosi nelle giovanili dell’Atalanta. Anche per lui il 2012 è iniziato sotto la luce dei riflettori, grazie alla rete realizzata sabato contro il Bayern Monaco. Un pregevole tiro al volo di destro che ha regalato all’Amburgo il momentaneo vantaggio sui bavaresi, poi pervenuti al pareggio con Franck Ribery. Ma i giudizi più lusinghieri sono stati dedicati tutti a Sala, alla sua terza presenza con la maglia del club anseatico. Con tanti ringraziamenti a Frank Arnesen, ex direttore sportivo del Chelsea che, sbarcato ad Amburgo la scorsa estate, ha voluto testare alcuni prodotti dell’Academy dei Blues (Bruma, Tore, Rajkovic, Mancienne e, appunto, Sala) nella Bundesliga. Ovvero il giardino dell’Eden per il talento giovanile.

Per Cesare Prandelli però le buone notizie non arrivano solo dalla Germania, ma anche dall’Olanda, dove sta facendo furore lo svedese John Guidetti, attaccante classe 92 del Feyenoord autore di 14 reti (incluse due triplette, rispettivamente contro Twente e Ajax) in altrettante partite. Punta fisicamente imponente, ma anche rapida e mobile, nelle vene di SuperGuidetti (le magliette che lo ritraggono in un fotomontaggio con la divisa da Superman sono già un cult nei Paesi Bassi) scorre sangue italiano grazie al nonno paterno. Pertanto un pensierino i vertici degli Azzurri potrebbero farlo. Perché nel mappamondo di Guidetti, cresciuto in Kenya (il padre seguiva un progetto scolastico svedese a Nairobi) e calcisticamente formatosi tra Stoccolma (Brommapojkarna) e Manchester (City), l’Italia occupa una posizione importante: “A sei anni decisi di voler fare il calciatore dopo aver visto Roberto Baggio e Christian Vieri a Francia 98. Oggi mi piacciono Ibrahimovic e Balotelli: carattere forte e numeri da fuoriclasse”.

Fonte: Il Giornale

Euro 2012 Boarding Pass battle - Holland's goalkeeping riches

Dutch football has a long tradition of excellent strikers, extremely technically gifted attacking midfielders and sublime wingers. Holland however, have always lacked top goalkeepers, with the notable exceptions of Edwin van der Sar and the 1988 European Championship shot-stopper Hans van Breukelen. At the 1974 and 1978 World Cups, the Oranje number 1 was Jan Jongbloed, better known for unusual style of keeping and his canary yellow jersey, than his ability between the sticks. The likes of Frans de Munck, Eddy Pieters Graafland, Piet Schrijvers and Jan van Beveren are also celebrated in Holland.
In recent years though a new generation of talented shot-stoppers have emerged. And with Euro 2012 on the horizon, there are at least seven goalkeepers who can make valid cases for inclusion on the Oranje plane for Poland and the Ukraine. National team coach Bert van Marwijk has an abundance of riches the like of which his predecessors could never have imagined. Inside Futbol take a look at the contenders for a boarding pass.

Maarten Stekelenburg – Roma
From inconsistent second-choice keeper behind Van der Sar to top international performer. In 2010, the ugly duckling turned into a beautiful swan through a series of fantastic displays in South Africa at the World Cup. One year later Stekelenburg was voted, for the second time, Ajax’s Player of the Year – then he moved to Italy to join Roma. After an unimpressive start to life with the Giallorossi with a blunder in his debut against Slovan Liberec in Europa League qualifying, the Dutchman quickly established himself as one of coach Luis Enrique’s key men. With his performances improving week by week, only injury can keep Stekelenburg off the plane.
Euro 2012 boarding chances: 99%.

Michel Vorm – Swansea City
“The Cat”, as Vorm is labelled due to his feline reflexes, has made a sensational impact in the English Premier League with Swansea: Two penalties stopped, a whole host of clean sheets and a number of incredible saves (11 on his debut against Manchester City). The former Utrecht and Den Bosch keeper is quickly making name for himself and looks set to enjoy the benefits at international level too. Vorm made his Holland debut in 2008 and has clocked up nine caps so far. The 28-year-old was Stekelenburg’s reserve at the 2010 World Cup, but now he wants to succeed the Roma number 1.
Euro 2012 boarding chances: 99%.

Tim Krul – Newcastle United
“Too soon” – that was the verdict of most of Holland when Krul left ADO Den Haag in the summer of 2005 to join Newcastle, at the age of just 17. The Dutchman had to wait five years to make his Premier League debut – in the meantime he put in a display of note in a UEFA Cup clash against Palermo in 2006, his first official game for the Magpies and was loaned twice (to Falkirk and Carlisle United). Then Newcastle boss Alan Pardew handed the ambitious shot-stopper a chance in the starting eleven, and Krul did not disappoint. His stellar season with Newcastle has put him amongst the best keepers of his age in the world. Last summer, Krul played his first two games with Holland.
Euro 2012 boarding chances: 50%.

Piet Velthuizen – Vitesse
For years Velthuizen has been one of Holland’s best kept secrets. However, the right time to leave Vitesse for a more ambitious club never arrived until the summer of 2010. Unfortunately, the keeper chose the wrong side: Spanish outfit Hercules. The 25-year-old played just three games and often checked his bank account to find he had not received his salary. Last summer, the former Holland Under-21 goalkeeper came home, once again to Arnhem. He landed at a Vitesse that is hungrier for success than that he left, thanks to the money of new owner Merab Jordania. Velthuizen has immediately claimed his former role as one of the team’s key men, topping the table of Eredivisie goalkeeping performances. He has so far appeared just once for the Oranje, in a friendly against Japan in 2008, keeping a clean sheet.
Euro 2012 boarding chances: 40%.

Kenneth Vermeer – Ajax
Last summer saw Ajax sell Stekelenburg to Roma with few regrets, because the Eredivisie giants were certain they already had his replacement in Vermeer. However, the two-time European Under-21 Championship winner (2006 and 2007) still lacks the consistency required to dominate the biggest stages and often switches from breathtaking performances in the Champions League (his performance against Lyon was sublime) to childish blunders in the Dutch top flight (Vermeer conceded six against Utrecht). The 26-year-old has much talent, but has yet to prove he can stand the pressure that comes with being in the spotlight.
Euro 2012 boarding chances: 6%.

Jasper Cillessen – Ajax
Last summer, the 22-year-old was targeted by English Premier League side Swansea, due to a series of superb performances with NEC Nijmegen – Cillessen made his debut for the Gelderland side in August 2010 against Heereneveen and was immediately voted man of the match. However, the Dutch club placed a price which was “laughingly high”, according to one Swansea director, on his head and the Welsh club turned their attention to Vorm. The Holland Under-21 keeper left NEC anyway and signed a five-year deal with Ajax, where he is currently battling Vermeer for the number 1 jersey. His cold-blooded composure between the sticks could see him prevail in that contest eventually.
Euro 2012 boarding chances: 3%.

Jeroen Zoet – PSV Eindhoven (on loan at RKC Waalwijk)
A fledgling talent in Dutch football – this season Zoet has been handed the chance to prove himself after Eredivisie giants PSV, whose academy he joined at 15, loaned him to RKC Waalwijk. In the first half of the season, the 20-year-old’s saves were crucial in handing RKC an unexpected mid-table position, before a slump put the side close to the relegation zone. Great things are expected from Zoet in 2012. The shot-stopper is a veteran of Holland’s youth teams, having played in the 2009 European Under-17 Championship (wearing the captain’s armband), the 2010 European Under-19 Championship, while he currently holds the spot of Holland’s first choice Under-21 keeper.
Euro 2012 boarding chances: 3%

Fonte: Inside Futbol

lunedì 6 febbraio 2012

Speedy Musa è arrivato a Mosca

Il noto aforisma africano sul leone e la gazzella sembra scritto apposta per Ahmed Musa, neo attaccante del CSKA Mosca. Lui non ha mai perso tempo a chiedersi se fosse nato cacciatore o preda; semplicemente, ogni volta che sorgeva il sole, cominciava a correre. Più veloce della miseria, della fame, dei proiettili. Senza mai fermarsi, nemmeno quando è arrivata la tanto attesa chiamata dall’Europa, in quel calcio sognato da migliaia di giovani provenienti, come lui, dalle periferie dell’impero.
Quella di Musa si chiama Jos, città-polveriera della Nigeria. Chiuse le miniere di stagno, la convivenza tra cristiani e musulmani si è fatta ancora più difficile. Musa, figlio di immigrati, ha vissuto tutto sulla propria pelle, con un destino che non ha fatto sconti. A 12 anni ha dovuto abbandonare la scuola perché la sua famiglia aveva soldi solo per un pasto al giorno. A 13 un male incurabile gli ha portato via il padre, ex calciatore che sbarcava il lunario facendo l’autista. Poi sono arrivate le violenze interreligiose. Nel mezzo però una bella storia di solidarietà. Musa, il ragazzino veloce come una saetta, era conosciuto da tutti nel quartiere; così, una volta ammesso alla Aminchi Football Academy, la gente del luogo ha organizzato una colletta per regalargli ciò che non poteva permettersi, dalla tuta alle scarpe da calcio. Quattro anni dopo, con la maglia del Kano Pillars, lo Speedy Gonzales africano stabilisce il primato di gol stagionali nella massima divisione nigeriana: 18.

Nell’ottobre 2010 Musa, fresco maggiorenne, sbarca in Europa in una squadra dal nome improbabile, VVV, e in una città mai sentita nominare, Venlo. A lui però basta sapere di giocare in Olanda, il paese dove ha sfondato il suo idolo Nwankwo Kanu. Inizia un tour de force che lo vede calcare i campi da calcio per più di un anno senza mai fermarsi. Debutta in Eredivisie il 30 ottobre e chiude la stagione a fine maggio, contribuendo alla salvezza del VVV con 2 reti e 4 assist nei play-off. Poi vola in Nigeria in nazionale, quindi parte con l’under-20 per il Mondiale di categoria, dove brilla con 3 gol in 5 partite – le Aquile arriveranno ai quarti. A fine agosto la sua doppietta all’Ajax suscita scalpore: Musa – schierato punta centrale anziché ala - scende in campo nonostante stia osservando il periodo di Ramadan, eppure sembrano i difensori ajacidi quelli a digiuno.

Tra il 27 agosto e l’11 settembre il ciclo viaggiare-giocare-ripartire raggiunge il suo picco massimo: Musa vola da Enschede (rete al Twente) a Jos - per l’improvvisa scomparsa di un cugino; poi tappa in Madagascar per la Coppa d’Africa, quindi in Bangladesh a sfidare in amichevole l’Argentina di Messi, per finire con il ritorno a Venlo per affrontare il PSV Eindhoven. Stanco? Nemmeno per sogno. Il presidente del VVV Hai Berden lo vuole sempre in campo. Parla di “forza mentale impressionante” del ragazzo, ma da buon uomo d’affari ha già fiutato il bis dell’operazione Keisuke Honda, che due anni fa portò nelle classe del club 6 milioni di euro – record nella storia del VVV. Il De Koel pullula di osservatori, ma alla fine la spuntano ancora i russi del CSKA: 5 milioni di euro, che possono arrivare a 8 con i bonus. Il ragazzino che non poteva più andare a scuola adesso ride felice.

Fonte: La Gazzetta dello Sport - Extra Time

domenica 5 febbraio 2012

Christian Eriksen, è nata una stella

C’è chi gioca senza punta di ruolo per scelta tattica, vedi il Barcellona di Guardiola, e chi per ostinazione. Quest’ultimo è il caso di Frank de Boer, che una volta persi per ko Sigthorsson e Bulykin, nonché il jolly Siem de Jong, ha messo il trequartista Nicolas Lodeiro al centro del tridente dell’Ajax. Il tutto per non reintegrare in rosa Mounir El Hamdaoui, nemico numero uno del tecnico. La cocciutaggine di De Boer nasconde però un segreto: Christian Eriksen. Con le chiavi del gioco affidate al talento danese, l’Ajax potrebbe permettersi di schierare di punta anche “bombolone” Verhoeven, il pingue terzo portiere del club. Non è un caso che il ragazzo di Mittelfart sia, con 9 assist e 4 reti, il giocatore il più efficace dell’attuale Ajax. E dopo aver chiuso un 2011 facendo collezione di riconoscimenti (giocatore danese dell’anno, miglior giovane della Eredivisie, miglior talento dell’Ajax), nel 2012 – al primo incontro ufficiale dell’anno per gli ajacidi - ha impiegato dieci minuti per mandare in rete il rientrante Siem de Jong nell’ottavo di coppa nazionale contro l’AZ.

“Non beve birra e non ama il biliardo; è chiaro come Eriksen non sia il tipico giocatore danese”. Micheal Laudrup ama scherzare quando parla di colui che in Danimarca è considerato il suo grande erede. Quando però il discorso si fa serio, nessun dubbio: “Lui è pura classe”. Come ringraziamento, Eriksen ha pensato bene di scippare – per soli 9 giorni – il primato di marcatore più giovane di sempre della nazionale danese al suo idolo dichiarato. Del resto la carriera di Eriksen con la Danimarca è tutto fuorché ordinaria: quando lo scorso giugno debuttava nell’under 21 all’Europeo di categoria, aveva già alle spalle 5 presenze nella nazionale maggiore, due delle quali al Mondiale sudafricano. E per questo centrocampista classe 92 l’esordio con i “grandi” era avvenuto, nel marzo 2010, dopo soli solamente 424 minuti giocati in incontri ufficiali dell’Ajax.

Il primo a capire che Eriksen non era un emergente qualunque è stato John Steen Olsen, osservatore dell’Ajax per l’area scandinava. E’ lui nel marzo 2008 a chiamare il dt ajacide Danny Blind. “Nell’Odense gioca un 16enne da urlo, sali sul primo aereo Amsterdam-Copenhagen e portalo in Olanda”. Detto fatto: offerta ai danesi di 500mila euro e accordo siglato. A inizio 2010 il ragazzo, proveniente da una famiglia di sportivi (padre e madre ex calciatori, sorellina attualmente nazionale danese under 16), viene portato da Martin Jol in prima squadra. La consacrazione arriva però con Frank de Boer, che lo toglie dal ruolo di esterno offensivo – mai gradito dal diretto interessato - per proporlo numero 10 alle spalle del tridente. Eriksen chiude la stagione 2010/11, quella che riporta il titolo in casa Ajax dopo sette anni di digiuno, con 16 assist complessivi. E’ nata una stella.

Fonte: La Gazzetta dello Sport - Extra Time