martedì 8 giugno 2010

Senza scarpe non si gioca. Il Mondiale dell’India

Mentre i colpi sparati in sincrono da ventuno fucili salutavano l’ingresso in campo del Brasile, paese organizzatore del Mondiale 1950, per la partita inaugurale contro il Messico, l’India annunciava il proprio ritiro dalla manifestazione. Il motivo? La mancata concessione del permesso di poter disputare gli incontri scalzi. Come avevano del resto fatto due anni prima alle Olimpiadi di Londra, perdendo onorevolmente 2-1 a Wembley contro la Francia. Ma la Fifa non era il Comitato Olimpico. Così, dopo essersi qualificati al mondiale senza disputare un singolo incontro (Burma, Indonesia e le Filippine si erano tutte ritirate) ed aver effettuato la preparazione in una turnè tra Singapore, Sri Lanka, Malesia, i giocatori indiani incassano a malincuore la notizia del ritiro. Nel 2002, dalle pagine della rivista The Hindu Sportstar, l’allora centrocampista di quella squadra, T Shanmugham, ricorda: “Lo venimmo a sapere tardi e fu una delusione enorme. Eravamo tutti eccitati all’idea di andare in Brasile. Ci sentivamo anche pronti per fare la nostra dignitosa figura. Giocavamo con cinque attaccanti e avevamo un ottimo elemento in difesa, il nostro capitano Sailen Manna. Però non conoscevamo le regole. E forse questo è sempre stato il più grosso problema del calcio in India”. Dopo le Olimpiadi di Helsinki del 1952, la Federcalcio indiana ha autorizzato l’introduzione delle scarpe. Troppo tardi. L’India ai mondiali non ci è più arrivata.

Fonte: Calcio 2000

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