Il 18 marzo del 2000 l’Ajax si appresta a festeggiare il proprio centenario. L’occasione è la partita casalinga di campionato contro il Twente, che gli uomini allenati da Jan Wouters affrontano vestendo delle suggestive divise d’epoca. Sarà un disastro. Al minuto 29 Jan Vennegoor of Hesselink porta in vantaggio i Tukkers, che poi restano in dieci per l’espulsione dell’attaccante scozzese Scott Booth. Ma il portiere Sander Boschker abbassa la saracinesca. Finisce 0-1. Wouters viene silurato.
Nel Twente si segnala tra i più brillanti una giovane ala destra di proprietà dell’Ajax, mandata ad inizio stagione ad Enschede per acquisire un po’ di esperienza. Si chiama Andy van der Meyde e sta disputando un campionato di alto livello. Le sue prestazioni gli garantiranno il rientro alla casa madre, e un posto nell’undici titolare dell’Ajax. Van der Meyde, Van der Vaart, Chivu, Pasanen e Van der Gun. Le promesse degli ajacidi stagione 2000/2001 sono loro. Non tutte verranno mantenute.
All’Amsterdam Arena Van der Meyde diventa l’arciere, per l’esultanza di mirare un bersaglio immaginario nel cielo dopo ogni rete segnata. Nel 2002 Dick Advocaat lo fa esordire in nazionale. Sarà il primo dei cinque “deb” nel corso della gestione del Piccolo Generale (gli altri sono Wesley Sneijder, Arjen Robben, John Heitinga e Nigel de Jong). Con Ronald Koeman vince il double campionato-coppa, e la stagione successiva è tra i protagonisti, assieme ad Ibrahimovic, Chivu, Sneijder e Pienaar, dell’Ajax che raggiunge i quarti di finale di Champions League. Termina il campionato in doppia cifra e decide di lasciare Amsterdam per l’Inter. “Troppo presto”, sentenzia Koeman, “Andy non è ancora pronto per un campionato estero”. Mai previsione fu più azzeccata.
Andy van der Meyde ha trascorso sei stagioni all’estero. Due a Milano, quattro a Liverpool, sponda Everton. In questo lasso di tempo ha disputato solamente 52 partite, 32 delle quali in Serie A con l’Inter, per un totale di 2.664 minuti di calcio giocato. Infortuni e problemi personali (legati specialmente alla bottiglia) lo hanno quasi trasformato in un ex-giocatore. Nell’Inter non giocava bene (da ricordare un bel gol nel 3-0 rifilato dai nerazzurri all’Arsenal ad Higbury, e poco altro), nell’Everton non giocava proprio. I numeri parlano di 220partite con i Toffees in quattro anni, ed una frattura con il tecnico David Moyes progressivamente allargatasi mese dopo mese. Nell’estate 2009, Van der Meyde rimane senza squadra. Il suo ultimo anno all’Everton: sei minuti nel match di Premier League contro l’Aston Villa, cinque nel derby di FA Cup contro il Liverpool, vinto dall’Everton nelle battute conclusive grazie ad una rete di Dan Gosling proprio su assist dell’olandese.
Per disputare nuovamente un incontro ufficiale Van der Meyde ha dovuto attendere la scorsa settimana, quando è sceso in campo con lo Jong Psv Eindhoven in un match perso (2-1) contro lo Jong Sparta, campionato Primavera olandese. Il club della Philips, allenato da quel Fred Rutten che sedeva sulla panchina del Twente quando Van der Meyde arrivò in prestito dall’Ajax, lo ha ingaggiato per sostituire Danko Lazovic, ceduto allo Zenit San Pietroburgo. Van der Meyde è rimasto in campo trenta minuti. La sua ultima partita per intero Andy l’ha disputata il 9 aprile 2005, Bologna-Inter 0-1 (rete di Julio Cruz). Per lui Eindhoven rappresenta l’ultimo treno di una carriera che ha mantenuto il trenta per cento, a volere essere generosi, di quanto promesso. Nel frattempo l’ex nazionale olandese ha provveduto a mettere ordine sulla propria pelle. Il tatuaggio a caratteri gotici recante la scritta “Ajax”, ha fatto sapere Van der Meyde in un’intervista all’emittente televisiva Omroep Brabant, è stato rimosso. Ma ci vuole ben altro per dimostrare al Psv di non essere un nuovo flop alla Patrick Kluivert.
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