domenica 28 febbraio 2010

Momenti di gloria: Boavista

Erwin “Platini” Sanchez passerà alla storia come l’uomo che ha umiliato Diego Armando Maradona. Non in campo, ma in panchina. Il 6-1 con il quale la sua Bolivia, nell’aria rarefatta di La Paz, ha annichilito l’Albiceleste del Pibe de Oro durante le qualificazioni per Sudafrica 2010, è un risultato destinato ad entrare negli annali. Sanchez però in Bolivia era già un mito ben prima di quell’incontro concluso con punteggio tennistico, essendo stato tra i protagonisti della prima avventura de La Verde alla fase finale di un Mondiale dopo il lontano 1950. Accadde a Stati Uniti 94; accanto a lui c’erano El Diablo Etcheverry, il pittoresco portiere Trucco, quindi Baldivieso, Ramallo e Moreno, ma fu proprio Sanchez a siglare, nella sconfitta per 3-1 contro la Spagna, la prima rete di un giocatore boliviano nella coppa del mondo. Maestro dei calci piazzati, nel 2009 è stato eletto, assieme al sodale Etcheverry, miglior giocatore della Bolivia di tutti i tempi. Ciò che lo distingue maggiormente dal compagno è però l’esperienza in Europa; deludente quella del Diablo, flop nell’Albacete prima di volare nella MLS americana, ottima quella di Sanchez, tutt’oggi idolo della Oporto a scacchi bianconera. Quella del Boavista.
Il campionato portoghese è sempre stato un affare privato tra Porto, Benefica e Sporting Lisbona. Prima del nuovo millennio l’unica eccezione era targata Belenenses 1946, ovvero poco più di un incidente di percorso. Una dittatura che il presidente del Boavista João Loureiro non era più disposto a tollerare. Il triangolo magico del Portogallo avrebbe dovuto diventare un rombo. La ricetta era piuttosto semplice: affiancare ai frutti di un vivaio piuttosto fertile (tra i prodotti migliori del settore giovanile dalle Pantere si ricordano Nuno Gomes e Joao Pinto) una serie di elementi di spessore internazionale in grado di incrementare il tasso tecnico della squadra. Ecco così sbarcare a Oporto il rumeno Ion Timofte, il già citato Sanchez e l’attaccante ghanese Kwame Ayew. Nel 1996 viene prelevato dalla retrocessa Campomairoense una punta olandese che sino a dodici mesi prima giocava in patria con una squadra di dilettanti. Si chiama Jimmy Floyd Hasselbaink e sarà uno dei grandi affari del presidente Loureiro, non solo sportivamente (giocherà a Oporto una sola stagione, chiusa con 20 reti e la vittoria della Taça de Portugal, la coppa nazionale) ma soprattutto economicamente, garantendo alle casse del club un discreto gruzzolo al momento della sua partenza per L’Inghilterra, dove lo attendeva il Leeds.
Giocatori di buon livello, finanze in buona salute, la giusta ambizione; per il grande salto al Boavista manca solo il timoniere giusto. Nella stagione 96/97 si alternano in quattro. Bisognerà attendere ancora una manciata di mesi prima di pescare dal mazzo la carta giusta. Si chiama Jaime Pacheco, ex mediano di Porto e Sporting Lisbona. La sua filosofia in pillole: “I giocatori sono paragonabili a dei bambini; a volte bisogna utilizzare il bastone, altre volte la carota. Vanno pungolati e seguiti con attenzione, senza però accettare i loro capricci. Il Boavista? Penso al club con lo stesso affetto con cui penso a mia madre”. Nel 1999 arriva il secondo posto in campionato e la prima storica qualificazione alla Champions League. Due anni dopo ecco l’autentico capolavoro di Pacheco, ovvero il titolo nazionale. L’ufficialità arriva il 18 maggio 2001 con un 3-0 casalingo al Desportivo das Aves. 55 anni dopo il Belenenses, l’egemonia delle tre grandi viene nuovamente spezzata grazie alle invenzioni di Sanchez, alle reti di Whelliton (11 reti in 21 incontri sarà il suo score conclusivo), ai numeri sulla fascia di Martelinho ed alla diga difensiva Frechaut-Litos-Pedro Emanuel-Erivan eretta a guardia del sempre affidabile Ricardo.
La Pantere mostrano i denti anche in Europa. Nel 2002/2003 si sbarazzano di Maccabi Tel Aviv, Anorthosis Famagosta, Paris Saint-Germain, Herta Berlino e Malaga, arrivando in semifinale contro il Celtic Glasgow. Dalla Scozia gli uomini di Pacheco escono con un buon pareggio (1-1), ma a undici minuti dalla fine del match di ritorno Henrik Larsson gela degli Axadrezados (letteralmente i Quadrettati). Sfuma così l’intrigante ipotesi di una finale tutta portoghese, dal momento che gli avversari dei bianconeri sarebbero stati i Dragoni del Porto guidati da Josè Mourinho. Con il quale, ma non sarebbe nemmeno il caso di dirlo, mister Pacheco non aveva un rapporto idilliaco, e non solo per la rivalità cittadina che divide i due club. In passato infatti tra i due erano volate parole grosse, con Pacheco che aveva definito il non ancora Special One “un presuntuoso egomaniaco malato di protagonismo” e con Mourinho che al termine di un derby si era rifiutato di stringergli gli mano “perché non so nemmeno chi sia”.
Erwin Sanchez non avrebbe comunque potuto essere della partita, perché un grave infortunio al ginocchio sinistro lo aveva messo ko. Lascerà il Portogallo e il calcio giocato nel 2004. Loureiro per contro era più pimpante che mai, e per confermare il suo Boavista nell’olimpo delle big di Portogallo aveva intrapreso i lavori per la costruzione di uno stadio ipermoderno e multifunzionale. L’Estadio do Bessa farà bella mostra di sé durante l’Europeo del 2004 e quello under-21 del 2006, finendo però con l’aprire una voragine nei libri contabili delle Pantere. A Oporto si inizia a vendere, ma il colpo di grazia non arriva dal campo bensì dai tribunali. Nel 2007 scoppia infatti lo scandalo Apito Dourado (fischietto d’oro), una brutta vicenda di intimidazioni arbitrali in cui risulta coinvolta tanto la dirigenza del Boavista quanto quella del Porto, il presidente Pinto da Costa in primis. Ma se i Dragoes se la cavano con sei punti di penalizzazione, i bianconeri vengono retrocessi d’ufficio nella Liga de Honra, la serie cadetta. Da lì rotolano in terza divisione, con talmente pochi soldi a bilancio da far temere il definitivo scioglimento della società. Le Pantere non hanno perso solo il pane, ma anche i denti per mangiare.

Palmares
Campionato portoghese (1): 2001.
Coppa di Portogallo (5): 1975, 1976, 1979, 1992, 1997.

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