martedì 9 febbraio 2010

McClaren in riserva

Da almeno un mese la banda McClaren appariva in riserva. Due 0-0 consecutivi in campionato, la sofferta vittoria della scorsa settimana contro il Roda (un 2-0 maturato negli ultimi venti minuti), tralicci di tensione in allenamento. I nodi sono definitivamente venuti al pettine all’Amsterdam Arena: Ajax-Twente 3-0. La prima sconfitta dei Tukkers in Eredivisie ha fatto rumore. Una debacle netta che pone gli uomini di McClaren di fronte ad uno dei più insidiosi banchi di prova per le squadre di provincia che aspirano a diventare top club: la capacità di rialzarsi e di riprendere la marcia dopo una caduta. Viaggiare sull’onda dell’entusiasmo a volte funziona solamente fino a quando non ci si imbatte in un brusco stop. La grande squadra sa reagire e ripartire. Il Twente possiede tutte le qualità per farlo, perché la vetta della Eredivisie, occupata fino a qualche settimana fa, non è certo arrivata per caso.
Rispetto al Psv Eindhoven capolista, ancora imbattuto in campionato ed in Europa, gli uomini di McClaren possiedono però un vantaggio in meno: la scarsa intercambiabilità dell’undici titolare. Il club di Eindhoven può scegliere in attacco tra Koevermans, Toivonen, Lazovic, Reis (se rientrerà nelle grazie del tecnico) e Dzsudzsak, il Twente non può derogare dal trio Ruiz-Nkufo-Stoch, perché nessuna delle numerose riserve (da Osei a Parker a Luuk de Jong) si è finora dimostrata una valida alternativa; i primi possono permettersi di lasciare in panchina Simons, Engelaar e Marcellis (tre nazionali), i secondi devono sperare che Douglas, Perez e Brama non prendano nemmeno un raffreddore. A stagione inoltrata, con i Tukkers ancora impegnati su tre fronti, una rosa con poche alternative può rappresentare un problema. E il costaricano Ruiz, anche all’Amsterdam Arena il migliore dei suoi grazie a due assist sciupati in maniera sciagurata da Perez, non può sempre togliere le castagne dal fuoco.
L’Ajax ha sconfitto il Twente sotto tutti i profili: tattico, atletico, organizzativo. Van der Wiel ha annullato Stoch, Anita ha limitato Ruiz, Vertonghen ha giganteggiato in difesa, Suarez ha fatto impazzire il pur dignitoso Tiendalli, Siem de Jong non ha fatto rimpiangere Aissati, pur non possedendone gli spunti. Persino Oleguer ha disputato una discreta partita, mentre l’unico sottotono è apparso Lindgren, poco efficace nel contrastare le scorribande di Perez. Un peccato veniale. E’ fuor di dubbio che il tecnico Martin Jol sta riuscendo dove tutti i suoi ultimi predecessori (Blind, Ten Cate, Koster, Van Basten) avevano fallito: far diventare l’Ajax un corpo omogeneo capace di prescindere dal singolo spunto del giocatore. Oggi il club di Amsterdam è una squadra organizzata e coerente. Ciò non significa che sia anche perfetta, come dimostrano i nove punti di svantaggio dal Psv ed i sei dal Twente. Avere però limitato al minimo l’umoralità della compagine biancorossa, anche grazie ad un mercato finalmente intelligente che ha regalato quel leader (De Zeeuw, 6 gol e 7 assist in 21 partite) che mancava dalla cessione di Sneijder, rappresenta un grande merito di Jol. E con una prima punta degna di questo nome come il serbo Pantelic, che garantisce reti e permette maggiore libertà di movimento ad un sempre più estroso Suarez, le basi per tornare a vincere il campionato ci sono tutte. Una vittoria che non avverrà in questa stagione, visto il cospicuo distacco dalla vetta, ma che rimette in gioco gli ajacidi almeno in ottica Champions League. Soprattutto perché il futuro prossimo del Twente è tutto da decifrare.

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