Nell’Europa pallonara il bianconero non è un colore che oggigiorno va particolarmente di moda. L’eccezione arriva da Almelo, ex città regina del tessile sita nella provincia dell’Overijssel, Olanda orientale. La pausa invernale ha colto la squadra locale, partita per il quinto anno consecutivo con la missione di rimanere in Eredivisie, al quinto posto del campionato, con lo stesso numero punti, 32, che lo scorso anno aveva totalizzato a fine torneo. Nel 2005 l’Heracles aveva vinto il campionato di Eerste Divisie, imponendosi su un pirotecnico Sparta Rotterdam capace di mettere tre giocatori (Danny Koevermans, Riga Mustapha e Ricky van den Bergh) ai primi tre posti della classifica marcatori con oltre 20 reti segnate a testa, ritornando nella massima divisione oranje dopo vent’anni. Da allora quattro salvezze consecutive, senza passare dai play-off, ottenute gestendo un budget complessivo di 8.5 milioni di euro e potendo contare su una media spettatori di circa 8mila unità. Numeri che parlano da soli.
Di favole provenienti dalla provincia ne abbiamo sentite parecchie; ogni campionato ha il suo Chievo. La particolarità dell’Heracles risiede però in due aspetti: la squadra non ha mai prodotto giocatori di caratura superiore, né possiede un vivaio particolarmente fecondo. Anzi, in merito a quest’ultimo si può affermare che i bianconeri non hanno neppure un proprio settore giovanile, dal momento che le vacche magre di qualche tempo avevano consigliato alla società di fondere il proprio con quello del Twente. E logicamente l’Arnautovic di turno, calcisticamente cresciuto proprio a Hengelo, il quartier generale del Twente/Heracles, è destinato a prendere la strada che porta ad Enschede piuttosto che quella in direzione Almelo.
Ancora più bizzarra è la mancata produzione di giocatori di spessore destinati al grande salto. Ogni club medio-piccolo ha avuto un talento con cui rimpinguare le casse al momento della cessione. Rimanendo nell’ambito olandese, possono essere citati i casi di Keisuke Honda (Vvv Venlo), Demy de Zeeuw (Go Ahead Eagles), Eljero Elia (Ado Den Haag), Arjen Robben e Marcus Berg (Groningen), Andwele Slory (Excelsior) e via dicendo. Dall’Heracles per contro non è mai emerso alcun giocatore di prospettiva, salvo non si vogliano considerare tali il nazionale estone Ragnar Klavan (oggi all’Az) o il canadese Rob Friend (Borussia Mönchengladbach). Per chi oggi veste la maglia bianconera, Almelo apparentemente costituisce già il tetto massimo raggiungibile in carriera. Ma quello che potrebbe sembrare a tutti gli effetti un punto di debolezza, nell’Heracles non lo è affatto.
Nessun equivoco però; la squadra non è una semplice accozzaglia di medioman. C’è la giovane punta emergente, Bas Dost, nazionale olandese under-21; c’è la meteora, il trequartista Willy Overtoom, ripescata in extremis dall’oblio del calcio amatoriale; ci sono giocatori che, nelle giornate di buona vena, sanno creare difficoltà a colleghi più quotati: il mediano Kwame Quansah, l’attaccante esterno Everton, i difensori Birger Maertens e Mark Looms, il veterano tra i pali Martin Pieckenhagen. Ma c’è soprattutto un allenatore coraggioso, Gertjan Verbeek, che dopo un bruciante fallimento al Feyenoord (dove era giunto con la patente di tecnico emergente dopo scintillanti stagioni nell’Heerenveen), ha accettato di rischiare una carriera in bilico in uno spicchio di provincia olandese dove c’era più da perdere che da guadagnare. Un azzardo che ha pagato. Probabilmente il suo Heracles non arriverà in Europa. Però giù il cappello.
lunedì 18 gennaio 2010
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