lunedì 31 maggio 2010

David Alaba

Jari Litmanen, Edwin van der Sar, Edgar Davids, Andres Iniesta, Patrick Kluivert, Clarence Seedorf, Thomas Müller, Demy de Zeeuw, Sergio Romero, Holger Badstuber. Nazionalità e ruoli diversi, un unico denominatore comune: Louis van Gaal, il tecnico che li ha lanciati nel grande calcio. Ajax, Barcellona, Az Alkmaar, Bayern Monaco. Non c’è stato club nel quale l’allenatore olandese più vincente di tutti i tempi – per alcuni anche il più antipatico - non abbia proposto in prima squadra qualche giovane dal brillante futuro. Alcuni pescati direttamente alla fonte, vedi il caso del finlandese Litmanen o dell’argentino Romero, la maggior parte invece prelevati e svezzati dal vivaio di casa. Il marchio di fabbrica Van Gaal significa garanzia di qualità. E’ questo uno dei motivi per i quali David Alaba può guardare con assoluta fiducia al proprio futuro.

Fin dai primi approcci al calcio professionistico, è stata affiancata al nome di Alaba una sola piccola parola: record. Tutti legati alla verdissima età di debutto nelle squadre in cui finora ha militato. David Alaba è stato il giocatore più giovane ad esordire: con la seconda squadra dell’Austria Vienna (18 aprile 2008, 15 anni e 299 giorni di età); nella nazionale austriaca under 21 (5 settembre 2009, 17 anni e 74 giorni); nella selezione maggiore dell’Austria (14 ottobre 2009, 17 anni e 112 giorni); nel Bayern Monaco in Coppa di Germania (10 febbraio 2010, 17 anni e 232 giorni), in Bundesliga (6 marzo 2010, 17 anni e 256 giorni) e in Champions League (9 marzo 2010, 17 anni e 259 giorni).

Alaba nasce a Vienna il 24 giugno del 1992 e cresce calcisticamente a Donaustadt, il 22esimo distretto della capitale austriaca, dove veste la maglia del club locale dell’Aspern. Gioca a centrocampo ed ammira Mehmet Scholl, all’epoca regista di quel Bayern Monaco che solo un anno prima era salito sul tetto più alto d’Europa, battendo ai rigori il Valencia nella finale di san Siro, e del mondo, primeggiando sul Boca Juniors. All’età di dieci anni Alaba cambia distretto spostandosi al decimo, il Favoriten, sito nella parte meridionale di Vienna e sede di un ginnasio legato alla sezione giovanile dell’Austria Vienna. Il passo di ingresso nell’accademia della prestigiosa società austriaca è breve. Nell’aprile 2008 il tecnico Dietmar Constantini lo porta in panchina nella trasferta dell’Austria Vienna in casa dell’Altach, mentre pochi giorni dopo è in campo per la prima volta nella Erste Liga, la seconda divisione del campionato austriaco, con la squadra riserve. La svolta però arriva in Tirolo nel corso di un torneo per under 19. Werner Kern, capo del settore giovanile del Bayern Monaco, che aveva già visto Alaba in azione l’estate precedente nella Premier Cup organizzata a Manchester, decide di non attendere oltre. Una rapidità condivisa poco più di un anno dopo dallo stesso Constantini il quale, diventato nel frattempo ct della nazionale austriaca, non esita a convocare ed a gettare nella mischia il suo vecchio protetto, permettendogli di battere il record di precocità detenuto fino ad allora da Hans Buzek.

A Monaco di Baviera Alaba, dopo una stagione di apprendistato con le selezioni under-17 e under-19 dei bavaresi, si ritrova in Dritte Liga (la Lega Pro tedesca) nel Bayern Monaco II agli ordini proprio di Mehmet Scholl, da poco subentrato a Hermann Gerland, l’uomo che aveva precettato il giovane austriaco per la seconda squadra del Bayern. Esordio nell’agosto 2009 in uno scialbo 0-0 contro la Dinamo Dresda, già uomo-partita con un gol e un assist nel 3-1 rifilato al Borussia Wüppertaler il turno successivo. Nel gennaio 2010, in partenza per una tournè nella calda Dubai, il Bayern Monaco annuncia l’aggregazione in piante stabile alla prima squadra dei giovani Diego Contento, Mehmet Ekici e David Alaba. Quest’ultimo arriva alla corte di Van Gaal da interno di centrocampo/mediano e ne esce terzino sinistro, ruolo nel quale, secondo il tecnico olandese, può sfruttare meglio il proprio dinamismo e una tecnica, soprattutto con il mancino, di primo livello. Debutta in Coppa di Germania contro il Greuter Fürth fornendo a Franck Ribery l’assist per la rete del momentaneo 3-2 (l’incontro finirà 6-2 per il Bayern), quindi nel giro di tre giorni colleziona i primi caps in Bundesliga, contro il Colonia, e in Champions League, nell’incontro di ritorno degli ottavi di finale contro la Fiorentina. In quest’ultimo match, in cui la qualificazione è stata decisa da un gioiello di Arjen Robben, viene schierato a sorpresa titolare. Ovviamente sulla sinistra della linea a quattro di difesa, in quanto, a detta di Van Gaal, “Alaba è un terzino sinistro, anche se forse non se ne rende ancora conto”. Il diretto interessato dovrà farsene una ragione; fino a quando rimarrà sotto la guida dell’olandese, l’idea di emulare il suo punto di riferimento odierno, lo spagnolo Cesc Fabregas, rimarrà sempre e solo sulla carta.

E’ un austriaco quasi per caso David Olatokunbo Alaba, nato dall’unione di un musicista nigeriano emigrato a Vienna per studiare economia e finito a lavorare come DJ dopo aver visto un proprio brano rap (The Indian Song, cantata con la cantante Petra Suk e firmata con il nome Two in One) finire al secondo posto nelle charts austriache; e da un’ex reginetta di bellezza filippina che oggi lavora come infermiera. Un inno al multiculturalismo di cui la più lesta ad approfittarne è stata l’Austria, che forse anche per mettersi al riparo da possibili future scelte del ragazzo orientate a una qualsivoglia riscoperta delle radici (nigeriane o filippine), lo ha fatto rapidamente debuttare in nazionale maggiore, il 14 ottobre 2009 a Saint Denis contro la Francia, in un incontro valevole per la qualificazione ai Mondiali 2010. E’ finita 3-1 per i transalpini, ma a Vienna e dintorni tutti erano contenti. Alaba per essere entrato nel grande giro, mentre gli Ösi (nomignolo che i tedeschi affibbiano ai loro cugini d’Austria) per aver scoperto, dopo Marko Arnautovic ed Erwin Hoffer (due talenti da riscoprire in piazze diverse da Milano e Napoli), un nuovo “Wunderkind” sul quale riporre la propria fiducia per rilanciare un movimento calcistico da tempo sprofondato in una latente mediocrità.

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