“Il Twente ha dimostrato di non essere un intruso in Champions League”. Michel Preud’homme, il tecnico degli olandesi, si è già messo alle spalle la seconda sconfitta consecutiva raccolta in campionato. “Sia contro l’Inter che contro il Tottenham, risultato a parte, ce la siamo giocata. Abbiamo le capacità per mettere in difficoltà i nostri avversari”. In altre parole: si va a Milano per giocarsi la qualificazione agli ottavi. Una debuttante al cospetto dei campioni d’Europa. Un allenatore esordiente contro un collega, Rafa Benitez, che invece da anni è un assiduo frequentatore della manifestazione. Un incrocio di destini solo apparentemente diversi.
Preud’homme condivide con Benitez la più scomoda delle eredità: sostituire un predecessore che ha fatto la storia del club. Mourinho all’Inter con la tripletta, McClaren al Twente con il primo titolo nazionale della squadra di Enschede. Il belga però non sta soffrendo il paragone, confermando la parabola ascendente della propria carriera da allenatore, che nell’ultimo biennio lo ha visto conquistare tre trofei con tre squadre diverse: campionato belga nel 2008 con lo Standard Liegi; coppa belga nel 2009 con il Ghent; supercoppa olandese quest’anno con il Twente.
A dispetto di un modulo, il 4-3-3, pressoché identico a quello di McClaren, c’è tanto Preud’homme nell’attuale Twente. Fino ad ora i due migliori uomini della squadra in Champions sono sue “creature”; l’ala sinistra Nacer Chadli, prelevato in estate dalla B olandese, decisivo nella vittoria a Brema sul Werder; e il portiere Nikolaj Mihajlov, dal 2007 nel club, ma promosso titolare solo con l’arrivo di Preud’homme. L’estremo bulgaro, figlio d’arte (papà Borislav detiene tutt’ora il record di presenze in nazionale), sembra esaltarsi sulla ribalta internazionale: lo scorso anno parò un rigore a Joao Moutinho dello Sporting Lisbona nel preliminare di Champions; quest’anno si è ripetuto contro Van der Vaart a Londra, prima di abbassare la saracinesca in casa del Werder.
L’ultima volta che Preud’homme ha calcato l’erba di San Siro indossava ancora i guanti da portiere e difendeva i pali del Malines, il piccolo club fiammingo capace di vincere, sul finire degli anni Ottanta, la Coppa Uefa. Quel giorno, per i quarti della Coppa Campioni 89-90, aveva di fronte il Milan di Arrigo Sacchi e Marco van Basten, che costrinse - praticamente da solo - ai tempi supplementari grazie ad una performance mostruosa. La stessa che si aspetta questa sera dal suo Twente.
Fonte: Il Giornale
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