lunedì 12 dicembre 2011

Janko sa solo segnare

“Non sapeva dribblare, non sapeva passare, probabilmente non sapeva fare nient’altro che segnare”. Così negli anni 70 Jan Mulder descriveva il compagno di squadra Ruud Geels, cinque volte capocannoniere della Eredivisie ma pressoché sconosciuto oltre i confini olandesi. Qualcuno oggi potrebbe dire la stessa cosa del bomber del Twente Marc Janko, 17 reti stagionali in tutte le competizioni. Bravo solo a segnare.
Lo scorso anno l’attaccante austriaco è stato capocannoniere della squadra, e ha deciso la finale di coppa d’Olanda segnando il definitivo 3-2 ai supplementari contro l’Ajax. Nell’attuale stagione, dopo aver contribuito al successo in Supercoppa – sempre contro l’Ajax – con un rigore, è partito ancora più forte, con 7 reti nelle prime 6 giornate che gli hanno permesso di eguagliare il primato del club detenuto, dal 68/69, da Dick van Dijk. Non è finita. La scorsa settimana il Twente ha eguagliato il primato dell’Ajax 94/95, segnando consecutivamente per 41 giornate di fila. Prima del pareggio casalingo di domenica contro il Vitesse, i Tukkers non andavano in bianco dal 19 settembre 2010; da allora 89 gol, con Janko miglior performer a quota 21. Eppure “il bomber delle Alpi” è criticato dalla stampa e rispettato, ma niente di più, dai tifosi del Twente.

Il problema è di natura tattica. Con il suo metro e 97 di altezza, Janko è il classico pennellone d’area di rigore, poco mobile e ancora meno adatto – causa limiti tecnici – al gioco di sponda previsto da una squadra molto “olandese” come il Twente, il cui 4-3-3 prevede una prima punta dinamica e abile nell’aprire gli spazi ai tagli dei centrocampisti e degli esterni d’attacco. Un ruolo, quello di punta centrale, che calza a pennello a Luuk de Jong, stellina emergente del calcio oranje già arrivata in nazionale maggiore. Ma proprio grazie alla sua grande duttilità, De Jong è spesso costretto a scarificarsi nel ruolo di numero 10 o di ala destra. Anche perché Janko non può essere lasciato in panchina a cuor leggero, in quanto rimane il giocatore più costoso nella storia del club (6.5 milioni di euro).

Se in estate sulla panchina del Twente non fosse arrivato Co Adriaanse, con tutta probabilità l’austriaco – figlio di Eva Janko, medaglia di bronzo nel lancio del giavellotto alle Olimpiadi del 1968 - avrebbe già lasciato Enschede. Ma al tecnico olandese Janko deve tutto, dal momento che fu il suo arrivo al Red Bull Salisburgo nel 2008 a trasformare un modesto panchinaro (20 presenze in 2 anni con Trapattoni) in un ciclone capace di segnare 39 reti in un solo campionato, classificandosi terzo nella Scarpa d’Oro alle spalle di Diego Forlan e Samuel Eto’o. Oggi per questa sua “creatura” calcistica Adriaanse è disposto a sacrificare la piena efficacia del suo modulo. Almeno fino a quando Janko continuerà a non saper far altro che segnare.

Fonte: La Gazzetta dello Sport - Extra Time

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