domenica 4 aprile 2010

Momenti di gloria: Aberdeen

“Con i ragazzini non si vincerà mai niente”. Alan Hansen, opinionista per la BBC, non aveva il minimo dubbio. Il 3-1 incassato dal Manchester United contro l’Aston Villa nell’apertura della stagione 95/96 di Premier League affondava le proprie radici nella mancanza di esperienza dei Red Devils, privatisi in estate di Mark Hughes e Paul Ince per puntare su un gruppo di sbarbati che rispondevano ai nomi di David Beckham (20 anni), Ryan Giggs (21), Paul Scholes (20), Gary (20) e Phil Neville (18). Otto mesi più tardi il Manchester United si laureava campione d’Inghilterra con la selezione dall’età media più bassa nella storia del calcio d’Albione. Li guidava uno scozzese di Glasgow già avvezzo al lavoro con i giovani e alle grandi imprese. Prima di conquistare il mondo con il suo Manchester United, Alex Ferguson aveva già iniziato a far parlare di sé in Scozia, rompendo l’eterno binomio made in Glasgow Rangers-Celtic e portando l’Aberdeen alla conquista di due trofei internazionali. Buon sangue non mente, con buona pace dell’ex Liverpool Hansen, indubbiamente più a suo agio con una palla tra i piedi che di fronte ad un microfono.
Nella Città di Granito (gli edifici del centro storico di Aberdeen sono stati costruiti, durante l’età vittoriana, utilizzando il granito grigio estratto dalle cave adiacenti alla città) Ferguson ci era arrivato nell’estate del 1978 fresco di esonero da allenatore del St. Mirren, club condotto l’anno prima alla promozione nella massima serie scozzese con un rosa di età media attorno ai 19 anni. Ma per il presidente del St. Mirren Willie Todd, in pieno raptus di follia, alla squadra serviva una guida più esperta. Così ecco l’Aberdeen, reduce dall’addio a mister Billy McNeill (lo aspettava il Celtic) e soprattutto da una stagione conclusa con la doccia fredda del Dons froze, ovvero la sconfitta del club nella finale di coppa di Scozia contro i Rangers dopo una serie di 23 risultati utili consecutivi. Bastano poche settimane e le grida che fanno tremare le mura degli spogliatoi del Pittodrie Stadium valgono all’allora 36enne Ferguson il soprannome di Furious Fergie. John Hewitt venne multato per aver superato il tecnico mentre camminava in strada, mentre un brutto primo tempo disputato in un incontro di campionato costò alla società un intero servizio da tè, che venne scagliato contro la squadra negli spogliatoi durante l’intervallo. Il cocktail tra ferrea disciplina, mentalità tattica offensiva e particolare attenzione ai giovani talenti proposto dal tecnico, però, funziona, nonostante il durissimo approccio iniziale. “Ferguson possiede la straordinaria capacità di ottenere il massimo da ogni giocatore”, ricorda Gordon Strachan, “ma è un pessimo perdente. La sconfitta è ciò che odia di più al mondo, e non sto parlando solo di calcio. Si infuriava quando perdeva ai quiz sul pullman, oppure a snooker. Quest’ultimo poi è stato la causa dell’allontanamento di un paio di giocatori dalla squadra”.
Strachan è una delle colonne che compongono la struttura portante dell’Aberdeen di Ferguson; a lui tocca macinare chilometri e dispensare invenzioni sulla linea mediana. Poi ci sono la futura icona dei portieri scozzesi Jim Leighton tra i pali; la diga difensiva composta dal duo Willie Miller-Alex McLeish, una coppia capace di fondere potenza ed efficacia (secondo Ferguson “Miller è il miglior difensore d’area del mondo”); i polmoni di Mark McGhee e Peter Weir sulle fasce; e il fiuto del gol di Eric Black, punta centrale dei Dons. Nel 1980 arriva il titolo nazionale, il secondo nella storia del club dopo quello del lontano 1955, a spezzare quattordici anni di dominio Rangers-Celtic. Seguiranno tre coppe di Scozia consecutive inframmezzate, nel 1983, dalla vittoria della Coppe delle Coppe. Non era certo la compagine scozzese una delle favorite al successo nell’edizione di quell’anno, nemmeno dopo aver superato brillantemente i primi tre turni eliminando in successione Sion, Dinamo Tirana e Lech Poznan. Poi però arriva un successo nelle battute conclusive sul Bayern Monaco di Karl-Heinz Rummenigge e Paul Breitner, sconfitto 3-2 al Pittodrie da una rete nei minuti finali di John Hewitt dopo aver impattato a reti bianche a Monaco di Baviera. Sulle rive dei fiumi Dee e Don si fa sul serio. Sbrigata in semifinale la pratica Thor Waterschei, antenato dal Genk, in venti minuti, il tempo sufficiente per rifilare ai belgi tre reti (l’incontrò finirà 5-1, rendendo il ritorno una formalità), gli scozzesi non si fermano nemmeno all’ultimo atto di fronte al Real Madrid dei vari Santillana, Juanito, Camacho, Gallego e Stielike. Piove al Nya Ullevi di Göteborg la sera del primo giugno 1983. Le Merengues si presentano con l’atteggiamento spavaldo di chi sa già come andrà a finire; lo spauracchio di un derby spagnolo contro il Barcellona era infatti sfumato ai quarti di finale, dove i blaugrana si erano sorprendentemente arresi all’Austria Vienna, poi liquidato con facilità dai bianchi di Madrid. L’Aberdeen però si rivela fin da subito tutt’altro che una formalità. Black apre dopo pochi minuti, Juanito pareggia su rigore, Hewitt, specialista nelle reti da subentrato, chiude con un’incornata in tuffo nei supplementari. “Scendemmo in campo senza alcun timore reverenziale nei confronti del Real”, ricorda McLeish, “e il merito fu tutto di Ferguson e dei suoi insegnamenti”. Nasce la leggenda dei “Gothenburg Greats”, che lasceranno ai posteri non solo la pagina più gloriosa nella storia dell’Aberdeen, ma anche soldi e…musica. Proprio così, perché poco prima della finale di Gotenborg la casa discografica McCoochley Street Music edita un singolo dal titolo, invero piuttosto banale, “Europea Song”, che celebra l’approdo dei Dons nella finale di coppa e vede la partecipazione di diversi giocatori della squadra ai cori. La canzone tuttavia, 3.12 minuti usciti dalla penna di Harry Barry, non è esattamente memorabile e non riesce ad entrare nelle classifiche inglese dei singoli più venduti. Ben più tangibile ruslta invece la donazione di 100mila sterline fatta dagli stessi Gothenburg Greats al settore giovanile dell’Aberdeen in occasione del 25esimo anniversario della loro impresa.
Alex Ferguson lascia la Scozia per Manchester nel novembre del 1986, non prima di aver regalato all’Aberdeen altri due titoli nazionali, un’ulteriore coppa di Scozia, una coppa di Lega e una supercoppa europea, quest’ultima conquistata ai danni dell’Amburgo. Nel dicembre 1983 l’Aberdeen viene nominato club europeo dell’anno. Mai più da allora i Dons riusciranno a raggiungere quei livelli, pur continuando a frequentare la Scottish Premier League, tra alti e bassi; nel primo caso è degno di nota il titolo sfiorato nel 1991 durante la gestione Alex Smith-Jocky Scott e perso solamente all’ultima giornata nello scontro diretto a Ibrox Park contro i Rangers Glasgow; nel secondo invece spicca l’ultimo posto in classifica nel 2000 (allenatore il danese Ebbe Skovdahl, primo tecnico straniero nella storia del club), con retrocessione evitata dopo che lo spareggio-salvezza non venne disputato in quanto l’avversario, il Falkirk, non possedeva lo stadio a norma per giocare nella massima divisione scozzese. Il ruolo di terza forza del campionato dell’Aberdeen è però andato progressivamente perso a favore di club quali Heart of Midlothian e Hibernian.

Palmares
Campionato scozzese (4): 1955, 1980, 1984, 1985.
Coppa di Scozia (7): 1947, 1970, 1982, 1983, 1984, 1986, 1990.
Coppa di Lega (5): 1956, 1977, 1986, 1990, 1996.
Coppa delle Coppe (1): 1983.
Supercoppa Europea (1): 1983

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