lunedì 14 giugno 2010

Danimarca: esame di maturità

Loro hanno Ibrahimovic, noi una squadra. Questo in estrema sintesi era il pensiero di una legittimamente soddisfatta stampa danese all’indomani della qualificazione in Sud Africa colta dalla loro nazionale proprio a scapito dei vicini di casa della Svezia. Senza dimenticare il Portogallo di Cristiano Ronaldo costretto a play-off. Danimarca, ovvero il fascino dell’età matura. Basta dare un’occhiata ai nomi, noti ormai da tempo sul palcoscenico del calcio internazionale: Jon Dahl Tomasson, Dennis Rommedahl, Thomas Sørensen, Christian Poulsen, Jesper Grønkjær, Martin Jørgensen. Gli stessi soggetti criticati in patria due anni fa per la mancata qualificazione a Euro 2008, in quanto accusati di scarso rendimento rispetto a quello offerto con i rispettivi club, costituiscono oggi buona parte delle struttura portante della selezione guidata dal tecnico Morten Olsen. Un altro che, in tema di esperienza, ha ben poco da invidiare a chicchessia.

Sarebbe però ingeneroso, oltre che fuorviante, catalogare la Danimarca come una compagine di dinosauri ormai prossimi all’estinzione. Tomasson è reduce da un discreto campionato con il Feyenoord dove, in qualità di numero 10 o di punta centrale, ha mostrato buona tenuta fisica, chiudendo oltretutto in doppia cifra; Rommedahl nell’Ajax, favorito dall’impiego part-time, si è segnalato come giocatore tutt’altro che in riserva di benzina; stesso discorso per Grønkjær, bicampione di Danimarca con il Køpenhagen; infine il tanto vituperato (in Italia) Christian Poulsen può tornare ad agire nel suo ambiente naturale, davanti alla difesa, dopo le tribolazioni e le incomprensioni juventine. Nella diga delle mediana farà coppia con l’omonimo Jakob, centrocampista di sostanza dell’Aarhus, fallimentare nella sua unica esperienza all’estero (in Olanda nell’Heerenveen), ma diventato uno dei cardini della nazionale una volta tornato in patria.

Non c’è però solo esperienza nella squadra scandinava. In difesa la coppia di centrali formata da Simon Kjær e Daniel Agger è una tra le meglio assortite di tutto il torneo, con il “palermitano” in crescita sempre costante, anche dal punto di vista della personalità, ed Agger tra i pochi a salvarsi nella tribolata stagione del Liverpool. I fari però sono tutti puntati su Niklas Bendtner, croce e delizia del reparto offensivo dell’Arsenal. Bomber stagionale di Champions dei Gunners, mai in doppia cifra in tre stagioni di Premier League, il 22enne attaccante ha finora sempre convinto di più con la maglia della Danimarca (3 reti nelle qualificazioni, 2 delle quali al Portogallo) che non con quella del club inglese. Le ragioni sono anche di natura tattica: l’approccio alla palla piuttosto grezzo lo rende infatti più efficace in qualità di boa che agisce da sponda nel 4-2-3-1 predisposto dal ct Olsen (con Tomasson alle spalle, Rommedahl ala destra e uno tra Grønkjær e il recuperato Thomas Kahlenberg a sinistra), rispetto al gioco palla a terra e al fraseggio veloce che rappresenta il marchio di fabbrica dell’Arsenal di Wenger.

Il 18enne Christian Eriksen, numero 10 a cui sono bastati 424 minuti disputati nell’Ajax per guadagnarsi il debutto nella nazionale maggiore, potrebbe rappresentare l’arma a sorpresa di Olsen, specialmente a partita in corso. Vecchio saggio del calcio danese, il ct viene ricordato per il campionato olandese vinto nel 1998 schierando un Ajax iper-offensivo come nemmeno il suo predecessore, Louis van Gaal. Oggi però lo stesso Olsen ammette che “nel calcio moderno la chiave di volta è la flessibilità”. Ecco pertanto spiegato il motivo dell’abbandono del 4-3-3 a favore del 4-2-3-1. “L’importante è che tutti i miei uomini rendano al loro massimo. Solo così potremmo sopravvivere al Mondiale”. Anche senza un Ibrahimovic danese.

Fonte: Guerin Sportivo

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