Dragisa Pejovic è il Simone Farina serbo. Con la differenza che lui di partite ne ha truccate parecchio. Non per soldi, ma per paura. “Se non collabori ti spezziamo braccia e gambe”. Quella di Pejovic sembra una storia uscita direttamente da un copione di Francis Ford Coppola, invece è il racconto di un’ordinaria carriera come calciatore professionista in Serbia. Come Farina però, anche Pejovic ha deciso di abbattere il muro dell’omertà. L’occasione è arrivata durante la presentazione del Libro nero del calcio Est Europeo pubblicato da FIFPro, la federazione internazionale dei calciatori professionisti. L’opera si basa sui risultati di un questionario sottoposto a 3357 giocatori, rimasti anonimi, di 12 campionati dell’Est Europa. Sconcertante l’esito: l’11,9% ha ammesso di aver truccato una o più partite; il 23,6% è a conoscenza di incontri falsati nel proprio campionato; il 55% di coloro che non hanno ricevuto regolarmente lo stipendio ha partecipato a combine.
In mezzo a questo polverone, Pejovic ha deciso di metterci la faccia. E quando lo scorso 8 febbraio ha preso la parola all’International Trade Union House di Bruxelles, nell’auditorium è calato il silenzio. “Se diventi uno storpio poi come sfamerai i tuoi figli?”. Di fronte all’ennesima minaccia, avvenuta nella sede del suo vecchio club, il Borac Cacak, Pejovic ha ceduto. “Sono stato uno degli ultimi. Ci hanno provato in tutti i modi. Una volta mi hanno prelevato nel cuore della notte dall’hotel nel quale era alloggiata la squadra, mi hanno caricato in macchina e portato in giro fino all’alba. Dicevano: quanto guadagni al mese, 15mila dinari serbi? Da oggi diventano 3mila. Ma io tenevo duro, almeno fino a quando non sono arrivati a minacciarmi fisicamente”.
Pejovic ha giocato con il Borac Cacak dal 2003 al 2010. “Giocavo come terzino sinistro, avevo delle qualità. Ma fin dal mio primo anno nel club, i giocatori erano obbligati dai dirigenti della società ad aggiustare le partite. Chi si rifiutava veniva messo fuori squadra, ovviamente senza paga. Un giorno negli spogliatoi, davanti ai miei compagni, chiesi spiegazioni sul ritardo nel pagamento degli stipendi. Il direttore generale mi appese al muro. Il calcio in Serbia è gestito dal crimine organizzato. Cosa può fare un giocatore da solo contro queste persone? Eppure quando si è presentata l’occasione, ho deciso di parlare. Lo dovevo ai miei figli, e a tutte le persone che amano il calcio”.
Oggi giocatore dilettante nel Novi Pazar, Pejovic è finito nel mirino della Federcalcio serba, che ha aperto un’indagine nei suoi confronti per le dichiarazioni rilasciate a Bruxelles, chiedendogli di fornire delle prove. Su di lui indaga anche la commissione disciplinare del massimo organismo calcistico serbo. Si parla di una possibile squalifica a vita di Pejovic. Immediato lo sdegno di FIFPro per bocca del segretario generale Theo van Seggelen: “Le vittime finiscono sotto inchiesta, mentre sui colpevoli la Federazione serba non si prende nemmeno la briga di indagare. Tutto ciò è incredibile”.
Fonte: La Gazzetta dello Sport - Extra Time
martedì 6 marzo 2012
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