La canzone non è propriamente così, ma per Benjamin “Benji” De Ceulaer si può fare un’eccezione. Protagonista sempre, spesso nel bene, qualche volta anche nel male. Come sabato nella finale di Coppa di Belgio tra due club da zeru tituli (non in stagione, ma nello loro storia): Lokeren e Kortrijk.
(Articolo completo su Il mondo siamo noi).
martedì 27 marzo 2012
venerdì 23 marzo 2012
Da Google al sogno europeo
L’ennesima favola calcistica di provincia potrebbe realizzarsi sabato allo stadio Re Baldovino di Bruxelles, teatro della finale di coppa di Belgio. Protagonista il Kortrijk, piccolo club fiammingo a cui rimane un solo ostacolo da superare, il Lokeren, per vincere il primo trofeo della sua storia e regalarsi un’inedita avventura europea. Scenari impensabili solamente una decina di anni fa, quando la squadra vivacchiava in Derde Klasse, la C belga. Poi l’ascesa a piani alti, a dispetto di un budget sempre ridotto all’osso.
Per rendere l’idea di cosa significhi fare calcio a Kortrijk, bisogna tornare alla stagione 07/08. A pochi giorni dall’inizio del campionato, il tecnico Hein Vanhaezebrouck aveva perso un elemento chiave per il suo 3-4-3. Soldi per cercare un sostituto non ce n’erano. Una sera, digitando la parola “linkeraanvaller” (attaccante sinistro) su Google, si imbatte in un certo Istvan Bakx, che aveva fatto furore in un torneo di dilettanti in Olanda. Lo contatta, gli offre un provino e decide di ingaggiarlo. I gol di Bakx (oggi al Willem II, B olandese) saranno fondamentali per la promozione del Kortrijk in Jupiler Pro League. I media lo chiamano “Google-spits”, l’attaccante di Google.
Nel 2009 la città degli speroni d’oro (così chiamata in un onore della battaglia che nel 1302 oppose il Re di Francia alle città fiamminghe insorte) festeggia la salvezza del Kortrijk all’ultima giornata. Ma i miracoli non sono finiti. Vanhaezebrouck passa al Genk lasciando il testimone a George Leekens, il cui quinto posto finale lo manderà dritto sulla panchina della nazionale belga. Al Guldensporen Stadion torna così il vecchio allenatore, ma in questo caso la minestra riscaldata è ancora buona.
Non meno importante di Vanhaezebrouck nella costruzione di una squadra competitiva a costo zero (quest’anno il prospetto più interessante è l’under 21 francese Steven Joseph-Monrose, ala destra classe 90) è il direttore finanziario del club, Matthias Leterme, 26enne figlio dell’ex primo ministro del paese, quello che rimase ad interim alla guida del paese per oltre 20 mesi. Due anni fa il giovane Leterme, fresco di laurea, è entrato nei ranghi del Kortrijk, sollevando non poche perplessità. Senza una robusta raccomandazione alle spalle, si chiedevano i media, quale club affiderebbe la gestione delle proprie finanze (6.5 milioni di euro il budget complessivo) a un giovane senza esperienza? La risposta è arrivata sul campo.
Fonte: La Gazzetta dello Sport - Extra Time
Per rendere l’idea di cosa significhi fare calcio a Kortrijk, bisogna tornare alla stagione 07/08. A pochi giorni dall’inizio del campionato, il tecnico Hein Vanhaezebrouck aveva perso un elemento chiave per il suo 3-4-3. Soldi per cercare un sostituto non ce n’erano. Una sera, digitando la parola “linkeraanvaller” (attaccante sinistro) su Google, si imbatte in un certo Istvan Bakx, che aveva fatto furore in un torneo di dilettanti in Olanda. Lo contatta, gli offre un provino e decide di ingaggiarlo. I gol di Bakx (oggi al Willem II, B olandese) saranno fondamentali per la promozione del Kortrijk in Jupiler Pro League. I media lo chiamano “Google-spits”, l’attaccante di Google.
Nel 2009 la città degli speroni d’oro (così chiamata in un onore della battaglia che nel 1302 oppose il Re di Francia alle città fiamminghe insorte) festeggia la salvezza del Kortrijk all’ultima giornata. Ma i miracoli non sono finiti. Vanhaezebrouck passa al Genk lasciando il testimone a George Leekens, il cui quinto posto finale lo manderà dritto sulla panchina della nazionale belga. Al Guldensporen Stadion torna così il vecchio allenatore, ma in questo caso la minestra riscaldata è ancora buona.
Non meno importante di Vanhaezebrouck nella costruzione di una squadra competitiva a costo zero (quest’anno il prospetto più interessante è l’under 21 francese Steven Joseph-Monrose, ala destra classe 90) è il direttore finanziario del club, Matthias Leterme, 26enne figlio dell’ex primo ministro del paese, quello che rimase ad interim alla guida del paese per oltre 20 mesi. Due anni fa il giovane Leterme, fresco di laurea, è entrato nei ranghi del Kortrijk, sollevando non poche perplessità. Senza una robusta raccomandazione alle spalle, si chiedevano i media, quale club affiderebbe la gestione delle proprie finanze (6.5 milioni di euro il budget complessivo) a un giovane senza esperienza? La risposta è arrivata sul campo.
Fonte: La Gazzetta dello Sport - Extra Time
venerdì 16 marzo 2012
50 gol potrebbero non bastare
pensare che c’era chi lo faceva giocare in fascia. Misteri di un certo calcio e di certi allenatori (?!). Klaas-Jan Huntelaar non è mai stato nient’altro che una prima punta. Di quelle che non rapiscono l’occhio e nemmeno risultano granché utili alla squadra se non infilano la palla in rete. Lui lo fa spesso, basta metterlo in campo nella giusta posizione.
(Articolo completo su Il mondo siamo noi).
(Articolo completo su Il mondo siamo noi).
mercoledì 14 marzo 2012
Gone with De Windt
In un recente post abbiamo trattato il caso di Ouasim Bouy, giovane talento dello Jong Ajax trasferitosi alla Juventus senza aver mai giocato un solo minuto nella prima squadra degli ajacidi. Bouy non è il primo ragazzo a percorrere, con esperienza zero, la tratta Amsterdam-Torino. Non molti in Italia si ricordano di Sergio de Windt, terzino sinistro del vivaio dell’Ajax che nell’estate del 2000 lasciò il settore giovanile del club per firmare un remunerativo quinquennale con la Juventus. L’aggancio avvenne tramite Robert Geerlings, avvocato di Edgar Davids (all’epoca in bianconero) e amico dell’agente di De Windt. Dopo 9 anni in una delle scuole calcio più prestigiose al mondo, il ragazzino cresciuto nei quartieri di Amsterdam Est decideva che era giunto il momento di forzare il proprio ingresso nel grande calcio. Con tanti saluti a Co Adriaanse, l’allora direttore generale del vivaio ajacide che gli aveva pronosticato un imminente futuro da titolare nell’Ajax.
De Windt sbarca a Torino indossando un elegante completo di Armani, che si è regalato per festeggiare il trasferimento. Quando all’età di 17 anni, ammetterà anni dopo il diretto interessato, passi da una manciata di fiorini nel portafoglio a un contro in banca con cifre a quattro zeri – più sette (!) carte di credito, le prospettive cambiano. Al primo raduno della Juventus i giocatori sono 40. Dopo le presentazioni con i vari Del Piero, Davids e Zidane, si comincia a lavorare. De Windt sgobba, meritandosi anche un pubblico elogio del tecnico Carlo Ancelotti. Alla sera però, nel suo appartamento a Torino, è solo. La madre, che deve crescere da sola la sua sorellina, non ha tempo per venire in Italia. Il suo agente si fa sentire solo per telefono, mentre il connazionale Davids è alle prese con l’affare nandrolone. A fine stagione il ginocchio fa crack: De Windt sceglie di tornare in Olanda per la convalescenza.
Quando torna a Torino, al posto di Ancelotti c’è Marcello Lippi. L’obiettivo è uno solo: vincere. Il tecnico non ha certo tempo da dedicare a un ragazzino olandese ancora acerbo, nonché in fase di recupero da un infortunio. Il massimo che gli viene concesso è qualche riscaldamento a bordo campo durante le partite, ma niente di più. I numeri De Windt inizia farli fuori dal campo, adottando un tenore di vita talmente al di sopra delle proprie possibilità da venire rimproverato anche da un dirigente dei bianconeri. La magia svanisce presto. A metà della sua seconda stagione a Torino, il giovane torna in Olanda. Fa un paio di provini con Haarlem e Rkc Waalwijk, ma il primo a non essere convinto è lui. La voglia di giocare a calcio si è spenta. Meglio quindi volgere il proprio sguardo altrove. A 21 anni De Windt è già un ex professionista. Lo stipendio se lo guadagna in un call center della compagnia telefonica KPN. Gioca a calcio saltuariamente, e solo a livello amatoriale: Huizen, Argon, Rijnsburgse Boys e, attualmente, CSW.
Nell’agosto 2000 il ct dell’Olanda under 18 Mark Wotte aveva diramato le convocazioni per un torneo che avrebbe avuto luogo il mese successivo nell’allora Jugoslavia. C’erano Johnny Heitinga, Klaas-Jan Huntelaar, Joris Mathijsen, Serginho Greene. C’era anche Sergio de Windt. L’unico della rosa che giocava all’estero.
Fonte: Guerin Sportivo
De Windt sbarca a Torino indossando un elegante completo di Armani, che si è regalato per festeggiare il trasferimento. Quando all’età di 17 anni, ammetterà anni dopo il diretto interessato, passi da una manciata di fiorini nel portafoglio a un contro in banca con cifre a quattro zeri – più sette (!) carte di credito, le prospettive cambiano. Al primo raduno della Juventus i giocatori sono 40. Dopo le presentazioni con i vari Del Piero, Davids e Zidane, si comincia a lavorare. De Windt sgobba, meritandosi anche un pubblico elogio del tecnico Carlo Ancelotti. Alla sera però, nel suo appartamento a Torino, è solo. La madre, che deve crescere da sola la sua sorellina, non ha tempo per venire in Italia. Il suo agente si fa sentire solo per telefono, mentre il connazionale Davids è alle prese con l’affare nandrolone. A fine stagione il ginocchio fa crack: De Windt sceglie di tornare in Olanda per la convalescenza.
Quando torna a Torino, al posto di Ancelotti c’è Marcello Lippi. L’obiettivo è uno solo: vincere. Il tecnico non ha certo tempo da dedicare a un ragazzino olandese ancora acerbo, nonché in fase di recupero da un infortunio. Il massimo che gli viene concesso è qualche riscaldamento a bordo campo durante le partite, ma niente di più. I numeri De Windt inizia farli fuori dal campo, adottando un tenore di vita talmente al di sopra delle proprie possibilità da venire rimproverato anche da un dirigente dei bianconeri. La magia svanisce presto. A metà della sua seconda stagione a Torino, il giovane torna in Olanda. Fa un paio di provini con Haarlem e Rkc Waalwijk, ma il primo a non essere convinto è lui. La voglia di giocare a calcio si è spenta. Meglio quindi volgere il proprio sguardo altrove. A 21 anni De Windt è già un ex professionista. Lo stipendio se lo guadagna in un call center della compagnia telefonica KPN. Gioca a calcio saltuariamente, e solo a livello amatoriale: Huizen, Argon, Rijnsburgse Boys e, attualmente, CSW.
Nell’agosto 2000 il ct dell’Olanda under 18 Mark Wotte aveva diramato le convocazioni per un torneo che avrebbe avuto luogo il mese successivo nell’allora Jugoslavia. C’erano Johnny Heitinga, Klaas-Jan Huntelaar, Joris Mathijsen, Serginho Greene. C’era anche Sergio de Windt. L’unico della rosa che giocava all’estero.
Fonte: Guerin Sportivo
martedì 13 marzo 2012
Sensational John Guidetti firing Feyenoord forward
John Guidetti is currently the most outstanding player in Holland’s Eredivisie – of that there can be no doubt. With 18 goals in 17 games, the Swedish striker is dragging Feyenoord back into the Dutch elite after years of disappointing performances. Guidetti, on loan in Rotterdam from Manchester City, has impressed with his ability to blend physical toughness, fine technique, a hard-working attitude and cold-blooded composure in front of goal. What makes the 19-year-old’s rise all the more astonishing is that before joining Feyenoord, Guidetti had played only 15 official matches in four seasons – now he has taken Holland by storm. Inside Futbol introduce one of Europe’s most promising fledgling talents of the 2011/12 season.
Kenya
Mike Guidetti, John’s father, has worked for years in Kenya with a Swedish school project in Nairobi, and his son – born in Stockholm on 15th April, 1992 – spent part of his childhood in the African country. “That period was very important for my development, both on and off the pitch”, said John Guidetti. “I played football barefoot in the slum areas of Nairobi and I came into contact with local people and their culture. I still have a strong link with Kenya and every time I go back there I always get a warm welcome.” The striker’s family own a football club in the country: Blackstars Kibera. “Football is only a starting point for us as we want to build a school and hospital close to the training complex of the club. It is a project with many purposes.”
Italy
John Guidetti’s granddad hailed from Italy. And there was, until recently, always the possibility that the budding forward could be snapped up by the Azzurri, watched closely as he was by Italy coach Cesare Prandelli. Sweden boss Erik Hamren stated he was “incredibly impressed by Guidetti” though and the Manchester City man made his debut in a friendly against Croatia on 29th February. For Sweden, capping Guidetti was a relief, with the forward admitting he had taken a keen interest in the Azzurri. “I decided I wanted to become a professional footballer when I was six, watching Italy at the 1998 World Cup in France. I didn’t support Sweden, they were irrelevant to me. My idols were Roberto Baggio and Christian Vieri. Since that summer, I started to focus on football.”
Brommapojkarna
Guidetti has played twice for the Stockholm-based Bromma side, a club famed for their youth academy. After making his debut in 2008 with the first team in Sweden’s second tier, the Superettan, he came back on loan from Manchester City for the 2010 campaign – this time in the country’s top flight. Guidetti made his Allsvenskan debut against Trelleborg and had an instant impact, providing an assist for the winning goal in the dying minutes. His outstanding contribution led to a starting spot in the club’s next game against Gefle, and he did not disappoint, grabbing a goal and laying on another. His loan spell ended with three goals and four assists in eight games played.
Manchester City
The budding forward was brought to Manchester City at the age of 15 by Sven-Goran Eriksson. After he had proved his worth both with the Citizens’ Under-18s and reserve team, Robert Mancini handed Guidetti his first team chance in the League Cup against West Bromwich Albion. The Swede provided an assist for City’s only goal. In the summer of 2011, Guidetti inked a three-year extension to his deal at Eastlands and was then loaned to Feyenoord for the 2011/12 season. “I don’t know what pressure means”, said Guidetti. “Pressure is my drug. However, my desire was to play a season as a regular. It was something that was impossible at City. I have no fear about competing for a place in the starting eleven, but in pre-season City gave me the number 60 shirt. That meant there were 50 players between me and the pitch. It would have been an unfair race.”
Burnley
A one month loan with Championship outfit Burnley gave Guidetti the chance to score his first official goal in England. He did it on 26th December, 2010, against Barnsley. After five games, Manchester City recalled the forward.
Hat-tricks
Against Vitesse on 12th February, Guidetti scored his third hat-trick in a row in De Kuip, becoming the second player in Eredivisie history, after Ajax forward Cees Groot, to find the back of the net three times in three consecutive home games. And this at just 19 years old. Only three players were younger when they collected their first hat-trick in Holland’s top flight: Johan CruYff, Marco van Basten and Wim Kieft. Meanwhile, the last Feyenoord man to score three hat-tricks in a season was Dirk Kuyt in 2004/05.
De Klassieker
For every Feyenoord fan, the most important match of the season is undoubtedly the clash against rivals Ajax. At the end of January, the Rotterdam side beat their arch-rivals 4-2, their first victory since 2006 – and had a Guidetti hat-trick to thank for it. It was the first time the feat had been achieved since Hans Venneker struck five goals in a 9-4 win over Ajax on 19th November, 1964. Guidetti’s superb performance inspired Feyenoord’s supporters to launch an online petition to keep the striker at De Kuip for another season. So far more than 30,000 people have signed it.
Efficiency
Guidetti’s goals are rarely spectacular – close range tap-ins, one-on-ones against the goalkeeper, crosses deflected into the net via a shoulder, penalty kicks (six out of 18 goals scored). However, the Swede’s ruthlessness in front of goal makes him a “youthful phenomenon”, according to coach Ronald Koeman. At the time of writing, Guidetti is the second most efficient Eredivisie striker, with an average goal per minute ratio of 71.61, due to 18 goals in 1289 minutes played. Only Ajax forward Dmitriy Bulykin (goal average of 64.75) is better. The Russian however has played just 518 minutes of football, scoring eight times.
Style
Former Italian player Salvatore Bagni has described Guidetti as a walking mountain. “But he knows how to strike the ball too”, said Bagni. “When I was a transfer advisor for Bologna, I tried to bring Guidetti to Italy. From the first time I saw him, I was deeply impressed by his physical strength blended with fine techique and speed. His composure in front of goal was amazing too. In my opinion he was perfect for a tactical but also physical league like Serie A. However, his price was too high.”
Behaviour
Latin blood runs through Guidetti’s veins. “I have a hot temperament and I can’t stand losing”, said the striker. “When I played with Brommapojkarna’s youth team, I had a lot of discussions with coaches and referees. My team-mates called me “the special one” because I always gave 110%. And I always played to win, against every opponent. I like to make jokes in the dressing room too. Some at Feyenoord have said ‘John, you are crazy’. Let me be a little crazy. If you want to make it to the top you must be a bit mad. Just look at the top players like Zlatan Ibrahimovic or Mario Balotelli. They are indeed not ordinary guys.”
Foundation
Guidetti has his own foundation to help the poor. “A word is enough to describe the current situation in Kenya – chaos. I saw fishermen trying to steal each other’s fishing nets. One of my former team-mates worked in a factory from five in the morning until seven at night for 25 eurocents per hour. And I can’t forget a talented kid who played for a club owned by a French woman. A phenomenon. One day I asked a friend about him and his team – one of the toughest opponents I’ve ever played. He replied that most of the players had given up football to become gangsters. The phenomenon did too – and he was shot dead by the police.”
Fonte: Inside Futbol
Kenya
Mike Guidetti, John’s father, has worked for years in Kenya with a Swedish school project in Nairobi, and his son – born in Stockholm on 15th April, 1992 – spent part of his childhood in the African country. “That period was very important for my development, both on and off the pitch”, said John Guidetti. “I played football barefoot in the slum areas of Nairobi and I came into contact with local people and their culture. I still have a strong link with Kenya and every time I go back there I always get a warm welcome.” The striker’s family own a football club in the country: Blackstars Kibera. “Football is only a starting point for us as we want to build a school and hospital close to the training complex of the club. It is a project with many purposes.”
Italy
John Guidetti’s granddad hailed from Italy. And there was, until recently, always the possibility that the budding forward could be snapped up by the Azzurri, watched closely as he was by Italy coach Cesare Prandelli. Sweden boss Erik Hamren stated he was “incredibly impressed by Guidetti” though and the Manchester City man made his debut in a friendly against Croatia on 29th February. For Sweden, capping Guidetti was a relief, with the forward admitting he had taken a keen interest in the Azzurri. “I decided I wanted to become a professional footballer when I was six, watching Italy at the 1998 World Cup in France. I didn’t support Sweden, they were irrelevant to me. My idols were Roberto Baggio and Christian Vieri. Since that summer, I started to focus on football.”
Brommapojkarna
Guidetti has played twice for the Stockholm-based Bromma side, a club famed for their youth academy. After making his debut in 2008 with the first team in Sweden’s second tier, the Superettan, he came back on loan from Manchester City for the 2010 campaign – this time in the country’s top flight. Guidetti made his Allsvenskan debut against Trelleborg and had an instant impact, providing an assist for the winning goal in the dying minutes. His outstanding contribution led to a starting spot in the club’s next game against Gefle, and he did not disappoint, grabbing a goal and laying on another. His loan spell ended with three goals and four assists in eight games played.
Manchester City
The budding forward was brought to Manchester City at the age of 15 by Sven-Goran Eriksson. After he had proved his worth both with the Citizens’ Under-18s and reserve team, Robert Mancini handed Guidetti his first team chance in the League Cup against West Bromwich Albion. The Swede provided an assist for City’s only goal. In the summer of 2011, Guidetti inked a three-year extension to his deal at Eastlands and was then loaned to Feyenoord for the 2011/12 season. “I don’t know what pressure means”, said Guidetti. “Pressure is my drug. However, my desire was to play a season as a regular. It was something that was impossible at City. I have no fear about competing for a place in the starting eleven, but in pre-season City gave me the number 60 shirt. That meant there were 50 players between me and the pitch. It would have been an unfair race.”
Burnley
A one month loan with Championship outfit Burnley gave Guidetti the chance to score his first official goal in England. He did it on 26th December, 2010, against Barnsley. After five games, Manchester City recalled the forward.
Hat-tricks
Against Vitesse on 12th February, Guidetti scored his third hat-trick in a row in De Kuip, becoming the second player in Eredivisie history, after Ajax forward Cees Groot, to find the back of the net three times in three consecutive home games. And this at just 19 years old. Only three players were younger when they collected their first hat-trick in Holland’s top flight: Johan CruYff, Marco van Basten and Wim Kieft. Meanwhile, the last Feyenoord man to score three hat-tricks in a season was Dirk Kuyt in 2004/05.
De Klassieker
For every Feyenoord fan, the most important match of the season is undoubtedly the clash against rivals Ajax. At the end of January, the Rotterdam side beat their arch-rivals 4-2, their first victory since 2006 – and had a Guidetti hat-trick to thank for it. It was the first time the feat had been achieved since Hans Venneker struck five goals in a 9-4 win over Ajax on 19th November, 1964. Guidetti’s superb performance inspired Feyenoord’s supporters to launch an online petition to keep the striker at De Kuip for another season. So far more than 30,000 people have signed it.
Efficiency
Guidetti’s goals are rarely spectacular – close range tap-ins, one-on-ones against the goalkeeper, crosses deflected into the net via a shoulder, penalty kicks (six out of 18 goals scored). However, the Swede’s ruthlessness in front of goal makes him a “youthful phenomenon”, according to coach Ronald Koeman. At the time of writing, Guidetti is the second most efficient Eredivisie striker, with an average goal per minute ratio of 71.61, due to 18 goals in 1289 minutes played. Only Ajax forward Dmitriy Bulykin (goal average of 64.75) is better. The Russian however has played just 518 minutes of football, scoring eight times.
Style
Former Italian player Salvatore Bagni has described Guidetti as a walking mountain. “But he knows how to strike the ball too”, said Bagni. “When I was a transfer advisor for Bologna, I tried to bring Guidetti to Italy. From the first time I saw him, I was deeply impressed by his physical strength blended with fine techique and speed. His composure in front of goal was amazing too. In my opinion he was perfect for a tactical but also physical league like Serie A. However, his price was too high.”
Behaviour
Latin blood runs through Guidetti’s veins. “I have a hot temperament and I can’t stand losing”, said the striker. “When I played with Brommapojkarna’s youth team, I had a lot of discussions with coaches and referees. My team-mates called me “the special one” because I always gave 110%. And I always played to win, against every opponent. I like to make jokes in the dressing room too. Some at Feyenoord have said ‘John, you are crazy’. Let me be a little crazy. If you want to make it to the top you must be a bit mad. Just look at the top players like Zlatan Ibrahimovic or Mario Balotelli. They are indeed not ordinary guys.”
Foundation
Guidetti has his own foundation to help the poor. “A word is enough to describe the current situation in Kenya – chaos. I saw fishermen trying to steal each other’s fishing nets. One of my former team-mates worked in a factory from five in the morning until seven at night for 25 eurocents per hour. And I can’t forget a talented kid who played for a club owned by a French woman. A phenomenon. One day I asked a friend about him and his team – one of the toughest opponents I’ve ever played. He replied that most of the players had given up football to become gangsters. The phenomenon did too – and he was shot dead by the police.”
Fonte: Inside Futbol
Toto Tamuz, Balotelli d'Israele
Israele aveva un campioncino in casa, ma non lo sapeva. Perché Toto Tamuz era un fantasma. Viveva da clandestino, aveva imparato a evitare gli agenti dell’immigrazione e, se le cose si fossero messe davvero male, avrebbe potuto ingannare chiunque sfoggiando un ebraico da 10 e lode. “Sono ospite della signora Orit Tamuz”, avrebbe detto. “Portatemi da lei e vi spiegherà tutto”. Ci sarebbero cascati, perché nessun immigrato clandestino avrebbe potuto padroneggiare così bene una lingua tanto ostica.
Oggi elemento di punta dell’Hapoel Tel Aviv e della nazionale isreliana, per anni Tamuz, classe ’88, fisico alla Rooney, è stato il bomber senza patria. Un vero e proprio apolide. Nato in Nigeria da Doreen e Clement Temile, all’età di due anni aveva seguito la propria famiglia in Israele, dove il padre aveva trovato un ingaggio nel Beitar Netanya. Ma quando il club aveva cominciato a non pagare più gli stipendi, Clement Temile aveva dovuto cercarsi un altro lavoro. Poi era arrivata la separazione dalla moglie. Nel frattempo il figlioletto Adaruns, questo il vero nome di Toto, era stato dato in affidamento a un ex compagno di squadra di Clement. Viveva a Petah Tikva, nord est di Tel Aviv. Lì, in un dopo-scuola, Toto incontra Orit Tamuz, direttore del marketing in un’azienda locale. La donna, nubile, decide di adottarlo. Illegalmente, perché manca il consenso dei genitori biologici. Ma i Temile sono tornati in Nigeria e sono all’oscuro di tutto.
Scuola, sinagoga, Kiddush al venerdì; Toto Tamuz cresce da ebreo al 100%. Gli manca solo la cittadinanza. Per ottenerla, lui e Orit dovranno intraprendere una lunga battaglia burocratica e legale (“perché tanta pena per adottare un negretto?”, è la domanda che una volta Orit si è sentita rivolgere da un funzionario statale). Il caso, dopo essere arrivato fino all’Alta Corte, si risolve positivamente nel giugno 2007. Toto Tamuz ha finalmente un passaporto, e Israele la sua stellina. Che debutta a 16 anni nella Ligat ha’Al tra le fila dell’Hapoel Petah Tikva con una doppietta. Segue un quadriennio prolifico nel Beitar Gerusalemme, prima del passaggio in una big quale l’Hapoel Tel Aviv. La scorsa stagione è capocannoniere del campionato con 21 reti, quest’anno è a quota 13 e reduce da un’ottima Europa League, competizione nella quale ha segnato a tutte le squadre incontrate: Vaduz, Ekranas, Legia Varsavia, Psv Eindhoven (doppietta) e Rapid Bucarest. Il suo presidente vorrebbe venderlo al Monaco, in Francia, ma lui non si vuol muovere. Tantopiù ora che il c.t. di Israele è Eli Guttmann, suo ex boss all'Hapoel. Inoltre ha riallacciato i rapporti con i genitori dopo anni di silenzio. “Ma la mia famiglia rimarrà sempre Orit Tamuz. Ciò che sono diventato lo devo esclusivamente a lei”. Infatti dopo ogni gol si rivolge a Orit in tribuna e le manda un bacio.
Fonte: La Gazzetta dello Sport - Extra Time
Oggi elemento di punta dell’Hapoel Tel Aviv e della nazionale isreliana, per anni Tamuz, classe ’88, fisico alla Rooney, è stato il bomber senza patria. Un vero e proprio apolide. Nato in Nigeria da Doreen e Clement Temile, all’età di due anni aveva seguito la propria famiglia in Israele, dove il padre aveva trovato un ingaggio nel Beitar Netanya. Ma quando il club aveva cominciato a non pagare più gli stipendi, Clement Temile aveva dovuto cercarsi un altro lavoro. Poi era arrivata la separazione dalla moglie. Nel frattempo il figlioletto Adaruns, questo il vero nome di Toto, era stato dato in affidamento a un ex compagno di squadra di Clement. Viveva a Petah Tikva, nord est di Tel Aviv. Lì, in un dopo-scuola, Toto incontra Orit Tamuz, direttore del marketing in un’azienda locale. La donna, nubile, decide di adottarlo. Illegalmente, perché manca il consenso dei genitori biologici. Ma i Temile sono tornati in Nigeria e sono all’oscuro di tutto.
Scuola, sinagoga, Kiddush al venerdì; Toto Tamuz cresce da ebreo al 100%. Gli manca solo la cittadinanza. Per ottenerla, lui e Orit dovranno intraprendere una lunga battaglia burocratica e legale (“perché tanta pena per adottare un negretto?”, è la domanda che una volta Orit si è sentita rivolgere da un funzionario statale). Il caso, dopo essere arrivato fino all’Alta Corte, si risolve positivamente nel giugno 2007. Toto Tamuz ha finalmente un passaporto, e Israele la sua stellina. Che debutta a 16 anni nella Ligat ha’Al tra le fila dell’Hapoel Petah Tikva con una doppietta. Segue un quadriennio prolifico nel Beitar Gerusalemme, prima del passaggio in una big quale l’Hapoel Tel Aviv. La scorsa stagione è capocannoniere del campionato con 21 reti, quest’anno è a quota 13 e reduce da un’ottima Europa League, competizione nella quale ha segnato a tutte le squadre incontrate: Vaduz, Ekranas, Legia Varsavia, Psv Eindhoven (doppietta) e Rapid Bucarest. Il suo presidente vorrebbe venderlo al Monaco, in Francia, ma lui non si vuol muovere. Tantopiù ora che il c.t. di Israele è Eli Guttmann, suo ex boss all'Hapoel. Inoltre ha riallacciato i rapporti con i genitori dopo anni di silenzio. “Ma la mia famiglia rimarrà sempre Orit Tamuz. Ciò che sono diventato lo devo esclusivamente a lei”. Infatti dopo ogni gol si rivolge a Orit in tribuna e le manda un bacio.
Fonte: La Gazzetta dello Sport - Extra Time
domenica 11 marzo 2012
Luc Castaignos spreekt
Pubblicare un articolo in olandese su un blog italiano non ha molto senso. Per i pochi che conoscono la lingua, segnalo comunque un'intervista fatta dal sottoscritto a Luc Castaignos e pubblicata da Voetbalzone.nl, con traduzione/editing a cura di Daniel Cabot Kerkdijk.
Link all'articolo.
sabato 10 marzo 2012
Az Alkmaar: potere al centro
Ad Alkmaar non ne bastano tre per fare un Di Natale. Jozy Altidore, Charles Benschop, Ruud Boymans: sommando le reti stagionali delle tre punte dell’Az, non si arriva a quelle di Totò. Eppure l’Az è secondo in Eredivisie, in piena lotta per il titolo. Pensate dove saremmo ora – mormorano i tifosi – con un attaccante da venti gol a campionato. Una situazione quasi paradossale per un club che non ha mai difettato in grandi bomber, da Kees Kist (il primo olandese a vincere la Scarpa d’Oro) a John Bosman, da Shota Arveladze a Mounir El Hamdaoui (capocannoniere della Eredivisie 2009). La non brillantissima vena realizzativa delle punte non deve però trarre in inganno l’Udinese: i gol per l’Az arrivano copiosi dal centrocampo, con il trio Maher-Elm-Martens arrivato a quota 32.
Il reparto chiave dell’Az è proprio la mediana, schierata a tre come vuole la classica tradizione olandese: un incontrista, un interno, un trequartista. Però il proprio mediano l’Az lo ha perso a gennaio quando ha ceduto lo svedese Wenbloom al CSKA Mosca. Il tecnico Verbeek non ha battuto ciglio, sostituendolo con…un trequartista, ovvero il 18enne Adam Maher, uno dei giovani-rivelazioni di questa Eredivisie. Messosi in luce nella prima parte della stagione come numero 10 in sostituzione dell’infortunato Martens, Maher sembrava destinato alla panchina una volta rientrato nei ranghi il belga. Ma per Verbeek chi ha i piedi buoni deve giocare sempre, ed ecco quindi un nuovo ruolo qualche metro più indietro.
Scartato tre volte da ragazzino ai provini dell’Ajax, la passata stagione Maher si era tolto lo sfizio di cancellare l’ex ajacide Van der Vaart dal libro dei record quale olandese più giovane di sempre a segnare in Europa, timbrando contro il BATE Borisov all’età di 17 anni e 147 giorni. Oggi è in odore di nazionale maggiore. Anche per Martens la stagione attuale è stata caratterizzata da una piccola rivincita. Suo infatti il gol che ha permesso all’Az di superare i 16esimi di Europa League battendo a domicilio l’Anderlecht. Ovvero il club nelle cui giovanili era rimasto 12 anni, raccogliendo solo 10 minuti in prima squadra. Poi la fuga in Olanda, prima nel Rkc, quindi nell’Az di Van Gaal, che ha fatto di lui un perno della squadra campione 2009. Peccato la cronica propensione agli infortuni.
Il trio è completato dallo svedese Rasmus Elm, sorta di uomo bionico capace di correre con la stessa intensità per novanta minuti senza perdere in lucidità, e con un più un telecomando nel piede destro. Una statistica di Infostrada Sports ha rilevato come le ultime 19 reti realizzate da Elm siano tutte arrivate da palla inattiva: punizioni, rigori e direttamente da calcio d’angolo. Lancia come Pirlo, pubblica libri di cucina con la madre e detesta i tatuaggi. Sarà il prossimo affare (in uscita) dell’Az.
Fonte: La Gazzetta dello Sport - Extra Time
Il reparto chiave dell’Az è proprio la mediana, schierata a tre come vuole la classica tradizione olandese: un incontrista, un interno, un trequartista. Però il proprio mediano l’Az lo ha perso a gennaio quando ha ceduto lo svedese Wenbloom al CSKA Mosca. Il tecnico Verbeek non ha battuto ciglio, sostituendolo con…un trequartista, ovvero il 18enne Adam Maher, uno dei giovani-rivelazioni di questa Eredivisie. Messosi in luce nella prima parte della stagione come numero 10 in sostituzione dell’infortunato Martens, Maher sembrava destinato alla panchina una volta rientrato nei ranghi il belga. Ma per Verbeek chi ha i piedi buoni deve giocare sempre, ed ecco quindi un nuovo ruolo qualche metro più indietro.
Scartato tre volte da ragazzino ai provini dell’Ajax, la passata stagione Maher si era tolto lo sfizio di cancellare l’ex ajacide Van der Vaart dal libro dei record quale olandese più giovane di sempre a segnare in Europa, timbrando contro il BATE Borisov all’età di 17 anni e 147 giorni. Oggi è in odore di nazionale maggiore. Anche per Martens la stagione attuale è stata caratterizzata da una piccola rivincita. Suo infatti il gol che ha permesso all’Az di superare i 16esimi di Europa League battendo a domicilio l’Anderlecht. Ovvero il club nelle cui giovanili era rimasto 12 anni, raccogliendo solo 10 minuti in prima squadra. Poi la fuga in Olanda, prima nel Rkc, quindi nell’Az di Van Gaal, che ha fatto di lui un perno della squadra campione 2009. Peccato la cronica propensione agli infortuni.
Il trio è completato dallo svedese Rasmus Elm, sorta di uomo bionico capace di correre con la stessa intensità per novanta minuti senza perdere in lucidità, e con un più un telecomando nel piede destro. Una statistica di Infostrada Sports ha rilevato come le ultime 19 reti realizzate da Elm siano tutte arrivate da palla inattiva: punizioni, rigori e direttamente da calcio d’angolo. Lancia come Pirlo, pubblica libri di cucina con la madre e detesta i tatuaggi. Sarà il prossimo affare (in uscita) dell’Az.
Fonte: La Gazzetta dello Sport - Extra Time
mercoledì 7 marzo 2012
La cometa Van der Meyde
Ritrovarsi pensionato di lusso a 32 anni in quel di Apeldoorn, cittadina olandese di provincia, non è propriamente lo scenario che si prefigurava Andy van der Meyde quando, qualche anno fa, era colonna portante di una delle ultime generazioni d’oro dell’Ajax: Sneijder, Ibrahimovic, Van der Vaart, Chivu, Nigel de Jong, Heitinga. Oggi Andy è finito tra i dilettanti, con il WKE.
(Articolo completo su Il mondo siamo noi).
(Articolo completo su Il mondo siamo noi).
martedì 6 marzo 2012
Va sempre Pejovic
Dragisa Pejovic è il Simone Farina serbo. Con la differenza che lui di partite ne ha truccate parecchio. Non per soldi, ma per paura. “Se non collabori ti spezziamo braccia e gambe”. Quella di Pejovic sembra una storia uscita direttamente da un copione di Francis Ford Coppola, invece è il racconto di un’ordinaria carriera come calciatore professionista in Serbia. Come Farina però, anche Pejovic ha deciso di abbattere il muro dell’omertà. L’occasione è arrivata durante la presentazione del Libro nero del calcio Est Europeo pubblicato da FIFPro, la federazione internazionale dei calciatori professionisti. L’opera si basa sui risultati di un questionario sottoposto a 3357 giocatori, rimasti anonimi, di 12 campionati dell’Est Europa. Sconcertante l’esito: l’11,9% ha ammesso di aver truccato una o più partite; il 23,6% è a conoscenza di incontri falsati nel proprio campionato; il 55% di coloro che non hanno ricevuto regolarmente lo stipendio ha partecipato a combine.
In mezzo a questo polverone, Pejovic ha deciso di metterci la faccia. E quando lo scorso 8 febbraio ha preso la parola all’International Trade Union House di Bruxelles, nell’auditorium è calato il silenzio. “Se diventi uno storpio poi come sfamerai i tuoi figli?”. Di fronte all’ennesima minaccia, avvenuta nella sede del suo vecchio club, il Borac Cacak, Pejovic ha ceduto. “Sono stato uno degli ultimi. Ci hanno provato in tutti i modi. Una volta mi hanno prelevato nel cuore della notte dall’hotel nel quale era alloggiata la squadra, mi hanno caricato in macchina e portato in giro fino all’alba. Dicevano: quanto guadagni al mese, 15mila dinari serbi? Da oggi diventano 3mila. Ma io tenevo duro, almeno fino a quando non sono arrivati a minacciarmi fisicamente”.
Pejovic ha giocato con il Borac Cacak dal 2003 al 2010. “Giocavo come terzino sinistro, avevo delle qualità. Ma fin dal mio primo anno nel club, i giocatori erano obbligati dai dirigenti della società ad aggiustare le partite. Chi si rifiutava veniva messo fuori squadra, ovviamente senza paga. Un giorno negli spogliatoi, davanti ai miei compagni, chiesi spiegazioni sul ritardo nel pagamento degli stipendi. Il direttore generale mi appese al muro. Il calcio in Serbia è gestito dal crimine organizzato. Cosa può fare un giocatore da solo contro queste persone? Eppure quando si è presentata l’occasione, ho deciso di parlare. Lo dovevo ai miei figli, e a tutte le persone che amano il calcio”.
Oggi giocatore dilettante nel Novi Pazar, Pejovic è finito nel mirino della Federcalcio serba, che ha aperto un’indagine nei suoi confronti per le dichiarazioni rilasciate a Bruxelles, chiedendogli di fornire delle prove. Su di lui indaga anche la commissione disciplinare del massimo organismo calcistico serbo. Si parla di una possibile squalifica a vita di Pejovic. Immediato lo sdegno di FIFPro per bocca del segretario generale Theo van Seggelen: “Le vittime finiscono sotto inchiesta, mentre sui colpevoli la Federazione serba non si prende nemmeno la briga di indagare. Tutto ciò è incredibile”.
Fonte: La Gazzetta dello Sport - Extra Time
In mezzo a questo polverone, Pejovic ha deciso di metterci la faccia. E quando lo scorso 8 febbraio ha preso la parola all’International Trade Union House di Bruxelles, nell’auditorium è calato il silenzio. “Se diventi uno storpio poi come sfamerai i tuoi figli?”. Di fronte all’ennesima minaccia, avvenuta nella sede del suo vecchio club, il Borac Cacak, Pejovic ha ceduto. “Sono stato uno degli ultimi. Ci hanno provato in tutti i modi. Una volta mi hanno prelevato nel cuore della notte dall’hotel nel quale era alloggiata la squadra, mi hanno caricato in macchina e portato in giro fino all’alba. Dicevano: quanto guadagni al mese, 15mila dinari serbi? Da oggi diventano 3mila. Ma io tenevo duro, almeno fino a quando non sono arrivati a minacciarmi fisicamente”.
Pejovic ha giocato con il Borac Cacak dal 2003 al 2010. “Giocavo come terzino sinistro, avevo delle qualità. Ma fin dal mio primo anno nel club, i giocatori erano obbligati dai dirigenti della società ad aggiustare le partite. Chi si rifiutava veniva messo fuori squadra, ovviamente senza paga. Un giorno negli spogliatoi, davanti ai miei compagni, chiesi spiegazioni sul ritardo nel pagamento degli stipendi. Il direttore generale mi appese al muro. Il calcio in Serbia è gestito dal crimine organizzato. Cosa può fare un giocatore da solo contro queste persone? Eppure quando si è presentata l’occasione, ho deciso di parlare. Lo dovevo ai miei figli, e a tutte le persone che amano il calcio”.
Oggi giocatore dilettante nel Novi Pazar, Pejovic è finito nel mirino della Federcalcio serba, che ha aperto un’indagine nei suoi confronti per le dichiarazioni rilasciate a Bruxelles, chiedendogli di fornire delle prove. Su di lui indaga anche la commissione disciplinare del massimo organismo calcistico serbo. Si parla di una possibile squalifica a vita di Pejovic. Immediato lo sdegno di FIFPro per bocca del segretario generale Theo van Seggelen: “Le vittime finiscono sotto inchiesta, mentre sui colpevoli la Federazione serba non si prende nemmeno la briga di indagare. Tutto ciò è incredibile”.
Fonte: La Gazzetta dello Sport - Extra Time
lunedì 5 marzo 2012
Nel fango del calcio italiano
Questa intervista a Jeannine Koevoets, ex signora Tonellotto nonché presidente della Triestina per un mese, è stata rifiutata da quattro testate italiane prima di essere pubblicata, parzialmente, da Il Giornale. Eppure non ci sembra riveli chissà quali verità nascoste, né che il suo contenuto sia particolarmente scomodo. Semplicemente, le risposte non sono una fiera delle banalità come quelle dell'intervistato medio del mondo del calcio. La riproponiamo su Indiscreto, in versione integrale.
Link all'articolo.
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giovedì 1 marzo 2012
Ci pensa la classe operaia
Protagonisti inaspettati per una qualificazione insperata. Vasili Berezutski e Aleksandrs Cauņa non rappresentano certamente la crema del CKSA Mosca, ma se oggi l’ex squadra dell’Armata Rossa si sta preparando ad affrontare la corazzata bianca del Real Madrid lo deve a questi due comprimari diventati improvvisamente protagonisti in una fredda serata milanese dello scorso dicembre. A quattro minuti dalla fine del match contro l’Inter, dalla bandierina del corner Cauna scodella sulla testa di Berezutski la palla del 2-1 finale che, complice il contemporaneo pareggio tra Lille e Trabzonspor, regala il passaggio del turno al club moscovita. Autore, fino a quel momento, di un torneo deludente, complice anche la messe di infortuni che avevano privato il tecnico Leonid Slutski di alcuni punti fermi della squadra: il portiere Akinfeev, il regista Honda, la punta Necid. Assenze che hanno frenato il cammino del CSKA, scivolato a meno 6 dallo Zenit in campionato, e capace di raccoglier in Champions, prima della notte di San Siro, una sola vittoria in casa contro il Trabzonspor.
La classe operaia ha portato il CSKA in paradiso. Il lituano Cauna, esterno sinistro offensivo, è la terza scelta dietro il cileno Gonzalez e il serbo Tosic (senza dimenticare che a volte anche Honda viene spostato a sinistra per lasciare spazio al centro al talento di Dzagoev); Vasili Berezutski invece dovrebbe essere, assieme al gemello Aleksey, uno dei pilastri della difesa dei moscoviti. Il condizionale però è d’obbligo vista la fragilità del pacchetto arretrato, che nel citato successo casalingo contro il Trabzonspor è riuscito a terminare una partita di Champions senza subire reti per la prima volta dal novembre 2006. Lo stesso Vasili Berezutski inoltre aveva dato il via, con un’autorete, al successo del Lille al Luzhniki di Mosca nella penultima giornata. Per portare i russi agli ottavi ci voleva un mezzo miracolo; a realizzarlo ci ha pensato proprio il difensore che aveva inguaiato la sua squadra.
L’uomo in più del CSKA però è stato, e rimane, l’ivoriano Seydou Doumbia, 33 reti nel 2011, 5 nei 5 incontri di Champions disputati, fresco vincitore in Russia del premio di calciatore dell’anno. Attaccante completo, forte fisicamente ma nel contempo agile e tecnico, Doumbia ha costituto un’ottima partnership con il brasiliano Vagner Love, al quale non ha mancato di rendere omaggio per la capacità di intesa quasi telepatica che intercorre tra i due. Bizzarro il destino: quando nel 2008 Vagner Love chiudeva la sua miglior stagione di sempre in Russia (29 gol in 33 partite, capocannoniere del campionato e – sei mesi dopo – anche della Coppa Uefa), Doumbia emigrava dal Giappone alla Svizzera passando dai Tokushima Vortis allo Young Boys per poco più di 300mila euro. Oggi la stella è l’ivoriano, che vanta una media realizzativa tre volte maggiore rispetto al compagno. Con una rete, quella allo scadere contro il Lilla in Francia, da vedere e rivedere per tecnica e rapidità d’esecuzione.
L’accoppiamento con il Real Madrid evoca nel tecnico Slutski ricordi dolci e amari, tutti riconducibili alla stagione 2009-2010, quando condusse il CSKA fino ai quarti di finale di Champions. Real Madrid significa infatti Spagna, terra dalla quale proveniva la compagine – il Siviglia – che i russi eliminarono agli ottavi; ma oggi Real Madrid è anche sinonimo di Josè Mourinho, l’uomo che mise fine ai sogni di gloria dei moscoviti non concedendo loro chance nel doppio confronto con la sua Inter lanciata verso la conquista della coppa. Sulla carta il divario, anche con un CSKA tornato finalmente a pieno organico, appare decisamente ampio.
Fonte: Guerin Sportivo - Regine di Champions
La classe operaia ha portato il CSKA in paradiso. Il lituano Cauna, esterno sinistro offensivo, è la terza scelta dietro il cileno Gonzalez e il serbo Tosic (senza dimenticare che a volte anche Honda viene spostato a sinistra per lasciare spazio al centro al talento di Dzagoev); Vasili Berezutski invece dovrebbe essere, assieme al gemello Aleksey, uno dei pilastri della difesa dei moscoviti. Il condizionale però è d’obbligo vista la fragilità del pacchetto arretrato, che nel citato successo casalingo contro il Trabzonspor è riuscito a terminare una partita di Champions senza subire reti per la prima volta dal novembre 2006. Lo stesso Vasili Berezutski inoltre aveva dato il via, con un’autorete, al successo del Lille al Luzhniki di Mosca nella penultima giornata. Per portare i russi agli ottavi ci voleva un mezzo miracolo; a realizzarlo ci ha pensato proprio il difensore che aveva inguaiato la sua squadra.
L’uomo in più del CSKA però è stato, e rimane, l’ivoriano Seydou Doumbia, 33 reti nel 2011, 5 nei 5 incontri di Champions disputati, fresco vincitore in Russia del premio di calciatore dell’anno. Attaccante completo, forte fisicamente ma nel contempo agile e tecnico, Doumbia ha costituto un’ottima partnership con il brasiliano Vagner Love, al quale non ha mancato di rendere omaggio per la capacità di intesa quasi telepatica che intercorre tra i due. Bizzarro il destino: quando nel 2008 Vagner Love chiudeva la sua miglior stagione di sempre in Russia (29 gol in 33 partite, capocannoniere del campionato e – sei mesi dopo – anche della Coppa Uefa), Doumbia emigrava dal Giappone alla Svizzera passando dai Tokushima Vortis allo Young Boys per poco più di 300mila euro. Oggi la stella è l’ivoriano, che vanta una media realizzativa tre volte maggiore rispetto al compagno. Con una rete, quella allo scadere contro il Lilla in Francia, da vedere e rivedere per tecnica e rapidità d’esecuzione.
L’accoppiamento con il Real Madrid evoca nel tecnico Slutski ricordi dolci e amari, tutti riconducibili alla stagione 2009-2010, quando condusse il CSKA fino ai quarti di finale di Champions. Real Madrid significa infatti Spagna, terra dalla quale proveniva la compagine – il Siviglia – che i russi eliminarono agli ottavi; ma oggi Real Madrid è anche sinonimo di Josè Mourinho, l’uomo che mise fine ai sogni di gloria dei moscoviti non concedendo loro chance nel doppio confronto con la sua Inter lanciata verso la conquista della coppa. Sulla carta il divario, anche con un CSKA tornato finalmente a pieno organico, appare decisamente ampio.
Fonte: Guerin Sportivo - Regine di Champions