In Italia per riuscire dove il rivale Yoann Gourcouff ha fallito. Miralem Pjanic, trequartista bosniaco di squisite qualità tecniche, nell’ultima stagione al Lione ha sofferto parecchio la concorrenza dell’ex milanista. Meglio quindi cambiare aria, nel tentativo di ritornare ai livelli strepitosi della stagione 2009/10: 11 gol e 10 assist tra Ligue 1 e Champions League, con reti europee pesantissime come quella al Santiago Bernabeu che ha estromesso il Real Madrid agli ottavi di Champions. Il Lione quell’anno arriverà fino in semifinale.
Sul talento di Pjanic, nato a Tuzla (Bosnia) nel 1990, ci sono sempre stati pochissimi dubbi. Emigrato con la famiglia in Lussemburgo per scappare dalla guerra, dal padre Fahrudin giocatore semi-professionista eredita la passione per il calcio. Inizia con i lussemburghesi del Schifflange 95, poi a 14 anni emigra in Francia al Metz. Nel 2006 con l’under-16 è campione nazionale, mentre nell’agosto dell’anno successivo la raffica di infortuni che colpisce i centrocampisti del Metz (Obraniak, Barbosa, Cardy, Gygax) permette a “Mirè” di debuttare, a 17 anni, in Ligue 1. Una volta nell’undici titolare dei granata, Pjanic vi rimane fino al passaggio al Lione, avvenuto l’estate successiva. Play-maker elegante, specialista nei calci piazzati, l’impatto con la Gerland non è tra i più positivi, visto che nell’ottobre 2008 Stephane Dalmat del Sochaux gli rompe il perone.
Pjanic però si riprende bene e diventa una delle stelle del club, almeno fino all’arrivo di Gourcouff. Il tecnico Puel prova a farli convivere in campo, con il bosniaco spostato in fascia, ma l’esperimento non funziona. Nella scorsa stagione le poche soddisfazioni per Pjanic arrivano dalla nazionale bosniaca, con 2 reti e un assist in 5 partite. Uno dei due gol lo segna con uno splendido calcio di punizione da 25 metri al Lussemburgo, paese nel quale aveva furoreggiato con la nazionale under-17, mettendosi in mostra all’Europeo di categoria 2006 (suo l’unico gol della squadra nella fase finale) e con una quaterna in una pirotecnico 5-5 contro il Belgio. Piedi buoni ma anche spirito di scarifico. Con Luis Enrique andrà sicuramente d’accordo.
Fonte: Guerin Sportivo
martedì 27 settembre 2011
Preview CSKA Mosca-Inter: Seydou Doumbia
Tre anni fa non se lo filavano nemmeno in Giappone l’ivoriano Seydou Doumbia, oggi punta di diamante del CSKA Mosca e spauracchio numero uno per l’Inter in Champions. Un bomber già a quota 21 reti in stagione: 15 nel campionato russo (nel quale è attualmente in vetta alla classifica marcatori), 2 all’esordio in Champions nella trasferta di Lille, raddrizzata proprio grazie alle sue prodezze. Eppure dal 2006 al 2008 Doumbia, ennesimo prodotto di quella fabbrica di talenti che è l’ASEC Mimosas di Abidjan (da lì sono partiti i fratelli Tourè, Gervinho, Ebouè, Romaric, Kalou), sbarcava il lunario nel Sol Levante in maniera poco convinta e ancora meno convincente. “Problemi di passaporto bloccarono il mio trasferimento in Francia”, ricorda il diretto interessato, “e così dovetti accettare l’offerta dall’estremo Oriente”. Dove però prestazioni tutt’altro che brillanti lo avevano fatto scivolare fino alla J. League 2, la serie B giapponese, in prestito al Tokushima Vortis. Nella primavera del 2008 era davvero impossibile immaginare un futuro da protagonista per questo attaccante nato il 31 dicembre del 1987 a Yamoussoukro, capitale amministrativa della Costa d’Avorio.
Doumbia ha imparato a conoscere il calcio europeo in Svizzera, nello Young Boys, dimostrando una capacità di adattamento formidabile. Nella prima stagione a Berna è partito titolare con i gialloneri solamente otto volte, ma a fine campionato il suo bottino registrava 20 reti, spalmate lungo 1393 minuti giocati per una media di un gol ogni 69 minuti. Una performance impressionante (solamente Messi quell’anno poteva vantare una media-reti effettiva migliore) che gli ha permesso di vincere il suo secondo titolo da capocannoniere in carriera dopo quello conquistato in patria nel 2005 con l’ AS Denguélé. Il tris è arrivato nel 2009/10; con un posto assicurato al centro dell’attacco dello Young Boys, le reti sono salite a 30. Trasferitosi al CSKA nel luglio 2010 per 10 milioni di euro, Doumbia non ha cambiato abitudini: poche parole, tanti gol. In Russia nessuno meglio di lui negli ultimi quindici mesi. Eppure l’ivoriano è fuori dalla top 50 dei giocatori più pagati della Premier League russa.
Più che dal tecnico Leonid Slutsky, nell’ultimo mese la formazione del CSKA Mosca è stata fatta dall’infermeria. Fuori Honda, Necid, Gonzalez, Schennikov e – perdita gravissima - il “Buffon russo” Akinfeev. L’ex club dell’Armata Rossa ha iniziato a perdere i pezzi proprio quando la stagione è entrata nel vivo. Ma grazie al suo cecchino ivoriano che a molti bomber di Serie A può invidiare solo lo stipendio, rimane una squadra temibile per tutti.
Fonte: Il Giornale
Doumbia ha imparato a conoscere il calcio europeo in Svizzera, nello Young Boys, dimostrando una capacità di adattamento formidabile. Nella prima stagione a Berna è partito titolare con i gialloneri solamente otto volte, ma a fine campionato il suo bottino registrava 20 reti, spalmate lungo 1393 minuti giocati per una media di un gol ogni 69 minuti. Una performance impressionante (solamente Messi quell’anno poteva vantare una media-reti effettiva migliore) che gli ha permesso di vincere il suo secondo titolo da capocannoniere in carriera dopo quello conquistato in patria nel 2005 con l’ AS Denguélé. Il tris è arrivato nel 2009/10; con un posto assicurato al centro dell’attacco dello Young Boys, le reti sono salite a 30. Trasferitosi al CSKA nel luglio 2010 per 10 milioni di euro, Doumbia non ha cambiato abitudini: poche parole, tanti gol. In Russia nessuno meglio di lui negli ultimi quindici mesi. Eppure l’ivoriano è fuori dalla top 50 dei giocatori più pagati della Premier League russa.
Più che dal tecnico Leonid Slutsky, nell’ultimo mese la formazione del CSKA Mosca è stata fatta dall’infermeria. Fuori Honda, Necid, Gonzalez, Schennikov e – perdita gravissima - il “Buffon russo” Akinfeev. L’ex club dell’Armata Rossa ha iniziato a perdere i pezzi proprio quando la stagione è entrata nel vivo. Ma grazie al suo cecchino ivoriano che a molti bomber di Serie A può invidiare solo lo stipendio, rimane una squadra temibile per tutti.
Fonte: Il Giornale
domenica 25 settembre 2011
Sigthorsson vs Matavz
Entrambi a segno nel big match PSV-Ajax i due nuovi attaccanti delle big olandesi: l'islandese Kolbeinn Sightórsson e lo sloveno Tim Matavz. Tutti e due maturati in provincia – Alkmaar per il classe 90 Sightórsson, Groningen per l’89 Matavz, e oggi attesi da quella stagione da 20 reti che significa definitiva consacrazione. Ma la sfida tra i due spilungoni potrebbe valere, oltre al titolo di capocannoniere, anche la Eredivisie.
Sightórsson è la prima punta di peso che l’Ajax stava cercando dai tempi di Klaas-Jan Huntelaar. Un anno fa nell’Az Alkmaar partiva come terza scelta alle spalle di Jonathas e Graziano Pellè, venendo spesso impiegato fuori ruolo. Ma quando gli è stata concessa una chance al centro dell’attacco, non ha tradito. Reti (15 in totale) di destro e di sinistro, di testa, da fuori area e di rapina. Il repertorio completo insomma, impreziosito da un pokerissimo al VVV Venlo. Il cambio di casacca in estate è stato indolore: l’islandese ha rotto il ghiaccio alla seconda di Eredivisie contro l’Heerenveen, per poi proseguire contro VVV e Vitesse (doppietta).
Del resto che ci fosse del talento anche nei pressi del Circolo Polare Artico se ne era già accorto l’Arsenal. Sightórsson aveva nove anni quando un emissario dei Gunners lo vide all’opera con gli juniores del Vikingur Reykjavík. Il trasferimento a Londra venne però bloccato da papà Sightórsson, titolare della più grande catena di panifici d’Islanda. Troppo giovane il figlio, ultimo di sette rampolli. Dovrà attendere fino al 2007, ma la destinazione sarà Alkmaar.
Matavz sbarca in Olanda nello stesso anno di Sightórsson. Alle spalle però lo sloveno ha già una stagione da professionista chiusa in doppia cifra nel Gorica. Il Groningen rappresenta una garanzia di qualità nella costruzione di futuri campioni, basta pensare ad Arjen Robben e Luis Suarez. Matavz fa il botto nelle ultime due stagioni (29 gol), abbinando qualità tecniche a un notevole feeling con la porta. Passa l’ultima estate a flirtare con il Napoli, segna i suoi primi gol stagionali all’ADO Den Haag (tripletta alla seconda di campionato), poi si accorda con il PSV a poche ore dalla chiusura del mercato. Nelle ultime sei stagioni i bomber del club di Eindhoven (Farfàn, Afellay, Dzsudzsak) non sono mai stati prime punte, con l’eccezione del modesto Koevermans. Matavz è l’uomo giusto per colmare il vuoto.
Fonte: La Gazzetta dello Sport - Extra Time
Sightórsson è la prima punta di peso che l’Ajax stava cercando dai tempi di Klaas-Jan Huntelaar. Un anno fa nell’Az Alkmaar partiva come terza scelta alle spalle di Jonathas e Graziano Pellè, venendo spesso impiegato fuori ruolo. Ma quando gli è stata concessa una chance al centro dell’attacco, non ha tradito. Reti (15 in totale) di destro e di sinistro, di testa, da fuori area e di rapina. Il repertorio completo insomma, impreziosito da un pokerissimo al VVV Venlo. Il cambio di casacca in estate è stato indolore: l’islandese ha rotto il ghiaccio alla seconda di Eredivisie contro l’Heerenveen, per poi proseguire contro VVV e Vitesse (doppietta).
Del resto che ci fosse del talento anche nei pressi del Circolo Polare Artico se ne era già accorto l’Arsenal. Sightórsson aveva nove anni quando un emissario dei Gunners lo vide all’opera con gli juniores del Vikingur Reykjavík. Il trasferimento a Londra venne però bloccato da papà Sightórsson, titolare della più grande catena di panifici d’Islanda. Troppo giovane il figlio, ultimo di sette rampolli. Dovrà attendere fino al 2007, ma la destinazione sarà Alkmaar.
Matavz sbarca in Olanda nello stesso anno di Sightórsson. Alle spalle però lo sloveno ha già una stagione da professionista chiusa in doppia cifra nel Gorica. Il Groningen rappresenta una garanzia di qualità nella costruzione di futuri campioni, basta pensare ad Arjen Robben e Luis Suarez. Matavz fa il botto nelle ultime due stagioni (29 gol), abbinando qualità tecniche a un notevole feeling con la porta. Passa l’ultima estate a flirtare con il Napoli, segna i suoi primi gol stagionali all’ADO Den Haag (tripletta alla seconda di campionato), poi si accorda con il PSV a poche ore dalla chiusura del mercato. Nelle ultime sei stagioni i bomber del club di Eindhoven (Farfàn, Afellay, Dzsudzsak) non sono mai stati prime punte, con l’eccezione del modesto Koevermans. Matavz è l’uomo giusto per colmare il vuoto.
Fonte: La Gazzetta dello Sport - Extra Time
venerdì 16 settembre 2011
2011/12 Champions League Top Ten Interesting Players to Watch
With the return of the Champions League a truly glittering array of stars will be on show and beyond the usual culprits, the opportunity for a sneak peek at a future gem will present itself.
It is not just the promising starlets worthy of a closer look though, and a number of players have an extra, often unexpected, chance to shine. The Champions League is the clearest of shop windows, a fact never lost on its participants.
So just who should be watched closely in this season’s competition? Inside Futbol present our top ten most interesting players to keep an eye on.
Axel Witsel – Benfica – Midfielder – 22 years old
The highly rated Belgian midfielder moved to Portuguese giants Benfica from Standard Liege this summer – perhaps the only mystery surrounding the deal was why it had taken so long to happen. Witsel has shown strength of character, recovering from an avalanche of criticism for breaking Marcin Wasilewski’s leg when Standard Liege met Anderlecht in 2009. The tackle was so bad it even drew condemnation from then-team-mate Milan Jovanovic. With a quick turn of pace and inner steel, Witsel will relish rebuilding his reputation still further.
Didier Zokora – Trabzonspor – Midfielder – 30 years old
Zokora was considered one of the finest defensive midfielder prospects in Europe just five years ago, but an underwhelming spell at Tottenham Hotspur was followed by two seasons with La Liga outfit Sevilla. This summer the Ivory Coast international, still just 30, moved to Turkey to join Trabzonspor. Zokora should be at his peak, but despite much promise, has yet to become the enforcer that was envisaged when Spurs paid around £7M to snap him up in 2006. He will have to shine if the Black Sea Storm are to do well.
Xherdan Shaqiri – Basel – Winger – 19 years old
The surprise in Switzerland is that the country’s fans are still getting to watch Shaqiri grace the Super League. Basel’s most potent attacking weapon, the Swiss champions had mentally adjusted to the pain of losing Shaqiri this summer, but an exit never came, with the youngster turning down a raft of offers to stay at St. Jakob Park a little longer; and with that Thorsten Fink’s men’s Champions League prospects brightened. A star in the making, with a powerful shot, the 19-year-old helped Switzerland’s Under-21 side to the final of the Under-21 Championships in Denmark this summer.
Jeremy Pied – Lyon – Winger – 22 years old
Financial considerations at the Stade Gerland meant that new Lyon coach Remi Garde was not certain of keeping Pied this summer. In the end, Bosnian midfielder Miralem Pjanic was sacrificed to Roma, so that the winger could remain – a vital clue to just how highly the Lyon youth product is rated. While this season’s Champions League may come a little too soon for Pied to run riot, it will provide crucial experience for a player set to hog many headlines very soon.
Theo Janssen – Ajax – Midfielder – 30 years old
Janssen has an opportunity he might have been forgiven for believing would never arrive: a chance to establish himself as a top draw European midfielder. Heavily tattooed and well known for his love of the good life off the pitch – Janssen smokes five cigarettes a day and is very fond of the odd beer – the former FC Twente man is nevertheless a dangerous weapon for any side to boast. With tip top vision and armed with killer dead ball ability, Janssen can make his mark in the Champions League.
Kolbeinn Sigthorsson – Ajax – Striker – 21 years old
Brought to the Amsterdam ArenA this summer from AZ, Ajax have much hope for Sigthorsson. The Iceland international blitzed his way into 2011, becoming only the second foreign player after Afonso Alves to score five goals in an Eredivisie game. Sigthorsson is determined to make good of his chance at the Dutch giants; when he was 12, his father Abker vetoed a move to London to join Arsenal’s academy. Already finding the back of the net for Ajax on a regular basis, the striker’s feet could fire Frank de Boer’s side through their group.
Kevin De Bruyne – Genk – Midfielder – 20 years old
De Bruyne was widely expected to join Chelsea this summer, but Genk refused the English side’s offers, believing the 20-year-old was worth more than the bid on the table. The plan was for the Belgian to be loaned straight back to Genk, and in that sense he will start the season exactly where he would have begun it regardless. A typical number 10, De Bruyne is often deployed on the left flank and encouraged to cut in and crack powerful shots with his right foot. The Champions League will give him ample opportunity to keep Chelsea interested.
Douglas Costa – Shakhtar Donetsk – Midfielder – 20 years old
If there is one thing Shakhtar Donetsk coach Mircea Lucescu is good at it is spotting Brazilian talent. Douglas Costa is amongst the latest of the South Americans to land at the Donbass Arena, although his talent has been rather more widely signposted than that of other arrivals. Identified by English giants Manchester United after his exploits at Brasileiro side Gremio, Costa’s decision to move to the Ukraine was a surprise. He is now showing signs of having settled and can be expected to turn in a strong display in Europe’s showpiece competition. Able to operate right across the midfield, the Brazilian is likely to be played on the flanks.
Mateja Kezman – BATE Borisov – Striker – 32 years old
The Serbian’s career has gone off the rails in recent years; the 2011/12 Champions League offers him a chance to get back on them. At 32 years old Kezman should not be a washed up former top striker, but that is every inch what he appears after poor spells at Chelsea, Atletico Madrid, Fenerbahce, Paris Saint-Germain and Zenit St. Petersburg since 2004. Earlier this year Kezman had a spell at Hong Kong side South China, but a summer move to Belarus giants BATE Borisov presents him with an opportunity to remind Europe of the skills which saw over 100 goals banged in for PSV Eindhoven between 2000 and 2004.
Daniel Chavez – Otelul Galati – Forward – 23 years old
Romanians Otelul Galati are up against it in this season’s Champions League, but perhaps if Chavez can discover something close to his best then a shock or two could yet be on the cards. Chavez has always possessed superb technique and starred at the FIFA Under-17 World Cup in 2006 with Peru, which led to a move to Club Brugge. However, the Flemmish club was where the forward struggled to make his mark and time at fellow Belgian side Westerlo was little more encouraging. The 23-year-old has the talent to create chancs in front of goal, but has been guilty of missing too many. Could this year see him turn the corner?
Phillip Buckley (with Alec Cordolcini)
Fonte: Inside Futbol
It is not just the promising starlets worthy of a closer look though, and a number of players have an extra, often unexpected, chance to shine. The Champions League is the clearest of shop windows, a fact never lost on its participants.
So just who should be watched closely in this season’s competition? Inside Futbol present our top ten most interesting players to keep an eye on.
Axel Witsel – Benfica – Midfielder – 22 years old
The highly rated Belgian midfielder moved to Portuguese giants Benfica from Standard Liege this summer – perhaps the only mystery surrounding the deal was why it had taken so long to happen. Witsel has shown strength of character, recovering from an avalanche of criticism for breaking Marcin Wasilewski’s leg when Standard Liege met Anderlecht in 2009. The tackle was so bad it even drew condemnation from then-team-mate Milan Jovanovic. With a quick turn of pace and inner steel, Witsel will relish rebuilding his reputation still further.
Didier Zokora – Trabzonspor – Midfielder – 30 years old
Zokora was considered one of the finest defensive midfielder prospects in Europe just five years ago, but an underwhelming spell at Tottenham Hotspur was followed by two seasons with La Liga outfit Sevilla. This summer the Ivory Coast international, still just 30, moved to Turkey to join Trabzonspor. Zokora should be at his peak, but despite much promise, has yet to become the enforcer that was envisaged when Spurs paid around £7M to snap him up in 2006. He will have to shine if the Black Sea Storm are to do well.
Xherdan Shaqiri – Basel – Winger – 19 years old
The surprise in Switzerland is that the country’s fans are still getting to watch Shaqiri grace the Super League. Basel’s most potent attacking weapon, the Swiss champions had mentally adjusted to the pain of losing Shaqiri this summer, but an exit never came, with the youngster turning down a raft of offers to stay at St. Jakob Park a little longer; and with that Thorsten Fink’s men’s Champions League prospects brightened. A star in the making, with a powerful shot, the 19-year-old helped Switzerland’s Under-21 side to the final of the Under-21 Championships in Denmark this summer.
Jeremy Pied – Lyon – Winger – 22 years old
Financial considerations at the Stade Gerland meant that new Lyon coach Remi Garde was not certain of keeping Pied this summer. In the end, Bosnian midfielder Miralem Pjanic was sacrificed to Roma, so that the winger could remain – a vital clue to just how highly the Lyon youth product is rated. While this season’s Champions League may come a little too soon for Pied to run riot, it will provide crucial experience for a player set to hog many headlines very soon.
Theo Janssen – Ajax – Midfielder – 30 years old
Janssen has an opportunity he might have been forgiven for believing would never arrive: a chance to establish himself as a top draw European midfielder. Heavily tattooed and well known for his love of the good life off the pitch – Janssen smokes five cigarettes a day and is very fond of the odd beer – the former FC Twente man is nevertheless a dangerous weapon for any side to boast. With tip top vision and armed with killer dead ball ability, Janssen can make his mark in the Champions League.
Kolbeinn Sigthorsson – Ajax – Striker – 21 years old
Brought to the Amsterdam ArenA this summer from AZ, Ajax have much hope for Sigthorsson. The Iceland international blitzed his way into 2011, becoming only the second foreign player after Afonso Alves to score five goals in an Eredivisie game. Sigthorsson is determined to make good of his chance at the Dutch giants; when he was 12, his father Abker vetoed a move to London to join Arsenal’s academy. Already finding the back of the net for Ajax on a regular basis, the striker’s feet could fire Frank de Boer’s side through their group.
Kevin De Bruyne – Genk – Midfielder – 20 years old
De Bruyne was widely expected to join Chelsea this summer, but Genk refused the English side’s offers, believing the 20-year-old was worth more than the bid on the table. The plan was for the Belgian to be loaned straight back to Genk, and in that sense he will start the season exactly where he would have begun it regardless. A typical number 10, De Bruyne is often deployed on the left flank and encouraged to cut in and crack powerful shots with his right foot. The Champions League will give him ample opportunity to keep Chelsea interested.
Douglas Costa – Shakhtar Donetsk – Midfielder – 20 years old
If there is one thing Shakhtar Donetsk coach Mircea Lucescu is good at it is spotting Brazilian talent. Douglas Costa is amongst the latest of the South Americans to land at the Donbass Arena, although his talent has been rather more widely signposted than that of other arrivals. Identified by English giants Manchester United after his exploits at Brasileiro side Gremio, Costa’s decision to move to the Ukraine was a surprise. He is now showing signs of having settled and can be expected to turn in a strong display in Europe’s showpiece competition. Able to operate right across the midfield, the Brazilian is likely to be played on the flanks.
Mateja Kezman – BATE Borisov – Striker – 32 years old
The Serbian’s career has gone off the rails in recent years; the 2011/12 Champions League offers him a chance to get back on them. At 32 years old Kezman should not be a washed up former top striker, but that is every inch what he appears after poor spells at Chelsea, Atletico Madrid, Fenerbahce, Paris Saint-Germain and Zenit St. Petersburg since 2004. Earlier this year Kezman had a spell at Hong Kong side South China, but a summer move to Belarus giants BATE Borisov presents him with an opportunity to remind Europe of the skills which saw over 100 goals banged in for PSV Eindhoven between 2000 and 2004.
Daniel Chavez – Otelul Galati – Forward – 23 years old
Romanians Otelul Galati are up against it in this season’s Champions League, but perhaps if Chavez can discover something close to his best then a shock or two could yet be on the cards. Chavez has always possessed superb technique and starred at the FIFA Under-17 World Cup in 2006 with Peru, which led to a move to Club Brugge. However, the Flemmish club was where the forward struggled to make his mark and time at fellow Belgian side Westerlo was little more encouraging. The 23-year-old has the talent to create chancs in front of goal, but has been guilty of missing too many. Could this year see him turn the corner?
Phillip Buckley (with Alec Cordolcini)
Fonte: Inside Futbol
giovedì 15 settembre 2011
Questo negro si piega davanti alle banche
Questo negro non si piega davanti a nessuno. Titolava così Winston Bogarde la propria autobiografia edita nel 2005. Oggi però le cose sono cambiate, con l’ex giocatore di Ajax, Milan, Barcellona e Chelsea costretto a chinare il capo di fronte alla società finanziaria Van Lanschot Bankiers. Bogarde si è visto pignorare e mettere all’asta due sue proprietà ad Amsterdam – un attico in Maria Austriastraat e una mega-villa nel sobborgo di Osdorperweg – sulle quali negli anni precedenti erano state accese ipoteche per un totale di 2.81 milioni di euro. Non è prima volta che Bogarde ha problemi di insolvenza; già a inizio anno un altro suo attico, sito nel lussuoso complesso De Hoge Erasmus a Rotterdam, era stato messo in vendita in un’asta pubblica. Dopo il ritiro dal calcio giocato, Bogarde si è tuffato nel mondo della musica fondando la Global Music Entertainment. Non ha però dimenticato il pallone: ha creato i Suriprofs, nazionale di calciatori di origine surinamese che gioca per beneficenza, e nel 2010 ha conseguito in Irlanda il patentino di allenatore. Ma è tuttora in attesa della prima panchina.
Fonte: La Gazzetta dello Sport - Extra Time
Fonte: La Gazzetta dello Sport - Extra Time
mercoledì 14 settembre 2011
Preview Inter-Trabzonspor
A Milano grazie a Calciopoli. Il Trabzonspor debutta questa sera in Champions League nonostante sia già stato estromesso dal torneo in agosto per mano del Benfica. Il più grande scandalo di sempre nella storia del calcio turco ha però rimescolato le carte. Fuori il Fenerbahce, campione soprattutto nell’aggiustare le partite, dentro il club di Trebisonda, terminato secondo in campionato solo per differenza reti. Dal fango che ha sommerso la Turchia pallonara (31 arresti) non sono però rimasti immuni nemmeno in riva al Mar Nero, visto che anche Trabzonspor è risultato marginalmente coinvolto nello scandalo. Piano pertanto con la patente di club degli onesti. Ma in Italia questi discorsi li conosciamo fin troppo bene.
Il tecnico dei turchi, Senol Gunes, conosceva l’Inter di Zenga, Altobelli, Collovati e Serena. C’era lui tra i pali del Trabzonspor avversario dei nerazzurri a Cesena il 28 settembre 1983, primo turno di Coppa Uefa. Gli andò male, anche se poi a fine stagione vinse il campionato, il sesto e finora ultimo nella storia del club. A battere l’Inter ci riprova oggi dalla panchina, con una squadra ancora in rodaggio dopo aver debuttato domenica nella Super Lig turca con un poco esaltante 1-1 in casa del Manisaspor.
Nelle ultime due stagioni la squadra di Gunes è stata una delle più spettacolari di tutta la Turchia. Parte del merito è indubbiamente da ascrivere a un brasiliano che non arriva al metro e 65 di altezza, Alan Carlos Gomes Da Costa “Alanzinho”, fantasista tascabile che nelle giornate di vena vale da solo il prezzo del biglietto. Un mago del dribbling che da giovane venne scartato dal Flamengo, dove era compagno di squadra di Julio Cesar, perché troppo giocoliere e poco giocatore. E’ così fuggito a Bærum, sobborgo di Oslo. Non propriamente Copacabana, eppure è stato votato calciatore dell’anno 2008, ha vinto il campionato e i norvegesi si sono talmente innamorati di lui da creare un movimento di pressione affinché convolasse a nozze con la sua fidanzata norvegese e potesse così giocare in nazionale. Ma lui è scappato in Turchia.
Fonte: Il Giornale
Il tecnico dei turchi, Senol Gunes, conosceva l’Inter di Zenga, Altobelli, Collovati e Serena. C’era lui tra i pali del Trabzonspor avversario dei nerazzurri a Cesena il 28 settembre 1983, primo turno di Coppa Uefa. Gli andò male, anche se poi a fine stagione vinse il campionato, il sesto e finora ultimo nella storia del club. A battere l’Inter ci riprova oggi dalla panchina, con una squadra ancora in rodaggio dopo aver debuttato domenica nella Super Lig turca con un poco esaltante 1-1 in casa del Manisaspor.
Nelle ultime due stagioni la squadra di Gunes è stata una delle più spettacolari di tutta la Turchia. Parte del merito è indubbiamente da ascrivere a un brasiliano che non arriva al metro e 65 di altezza, Alan Carlos Gomes Da Costa “Alanzinho”, fantasista tascabile che nelle giornate di vena vale da solo il prezzo del biglietto. Un mago del dribbling che da giovane venne scartato dal Flamengo, dove era compagno di squadra di Julio Cesar, perché troppo giocoliere e poco giocatore. E’ così fuggito a Bærum, sobborgo di Oslo. Non propriamente Copacabana, eppure è stato votato calciatore dell’anno 2008, ha vinto il campionato e i norvegesi si sono talmente innamorati di lui da creare un movimento di pressione affinché convolasse a nozze con la sua fidanzata norvegese e potesse così giocare in nazionale. Ma lui è scappato in Turchia.
Fonte: Il Giornale
martedì 13 settembre 2011
Rodney Sneijder not feeling pressure of Wesley Sneijder comparisons
In recent years, players with famous relatives have been nothing new for Holland’s Eredivisie. From Danny Blind’s son Daley to Dennis Bergkamp’s cousin Roland, from Edgar David’s cousin Lorenzo to Erik Willart’s nephew and Johan Neeskens’ son-in-law Ricky van Wolfswinkel, the sight of a famous surname or relation on a team-sheet is no longer a surprise.
Sometimes however the curiosity around the name is larger than the talent of the player; expectations are frequently dashed. But in the case of Rodney Sneijder, the brother of Inter star Wesley, this promises not to be the case. Recently the 20-year-old midfielder made his professional football debut, turning out for Utrecht in their 3-1 win over Roda Kerkarde.
Deployed as a left midfielder in Utrecht’s 4-3-3 system, Sneijder played a key role in the side’s success, scoring in the 60th minute; and this despite having landed at the Domestad just one week beforehand on a one-year loan from Ajax. His debut came eight years after that of his brother Wesley, who had booked a seat at the Galgenwaard to watch his younger sibling’s first steps into the professional game and leaped up when the net rippled. In a twist of fate, both brothers played under a Koeman in their respective debuts: Ronald was Ajax coach when Wesley faced Willem II, while Erwin is the current Utrecht boss.
Rodney Sneijder was born in Utrecht in 1991 and started to play his football with local side DOS before being scouted by Ajax – just like his older brothers, Jeffrey (now retired) and Wesley. “With DOS we played a friendly against Ajax F-junioren”, recalled the midfielder. “We won 7-3 and I scored five goals. At the end of the game, an Ajax scout asked me if I would join their youth academy. In the meantime I had just completed a two week trial with Feyenoord. However, I had no doubt about which club to choose.”
At the Ajax academy Sneijder quickly developed into one of the most promising talents on show. The midfielder won the national league with the B1 team, and then inked a three-year deal with the Dutch giants. “Of course, I have always been compared with Wesley, especially after he became a top player with Real Madrid, Inter and Holland”, commented the starlet.
“I am proud of him and for me Wesley is like a second father. However, I have my own identity and I have always tried to focus on my career. I don’t feel the pressure of having a famous brother.”
The younger Sneijder played under coach Frank de Boer with Ajax A1, settling into a spot as an attacking midfielder. Two years ago however, De Boer changed the Dutchman’s position on the pitch after rising star Christian Eriksen made his presence felt.
“Rodney is surely skilled”, said De Boer, “however, he has the tendency to do too much. He must learn he can’t provide an assist and shoot on goal every time he has the ball. You are not your brother I used to tell him. Focus on your abilities and on the best way to improve them.”
Last February, Sneijder signed a contract with Ajax running until 2013 and joined the Amsterdam side’s first team in the summer for pre-season – it was vital in helping De Boer decide whether the promising talent should remain at the champions for the whole season or head out on loan to gain further experience elsewhere. Mats Rits, Thulani Serero and Jody Lukoki were amongst those to stay, while Rodney Sneijder (Utrecht), Florian Jozefzoon (NAC Breda) and Geoffrey Castillion (RKC Waalwijck) were loaned out.
“I don’t mind that I played my first official game at 20”, said Sneijder. “I saw a lot of players make their debut at 17 and quickly head back to the bench, or even to the youth teams. I think I am physically and technically ready for the Eredivisie – I have to thank mister De Boer for this.
“At Ajax it would have been more difficult to show it because I was next to two great players like Theo Janssen and Christian Eriksen. This is the reason why I’m happy here at Utrecht. My dream is to play someday with my brother Wesley with Holland. I know I can only do it step by step.”
Despite the pressure of being compared to one of the greatest players in the world in his brother, Rodney Sneijder is keeping his feet firmly on the ground.
Fonte: Inside Futbol
Sometimes however the curiosity around the name is larger than the talent of the player; expectations are frequently dashed. But in the case of Rodney Sneijder, the brother of Inter star Wesley, this promises not to be the case. Recently the 20-year-old midfielder made his professional football debut, turning out for Utrecht in their 3-1 win over Roda Kerkarde.
Deployed as a left midfielder in Utrecht’s 4-3-3 system, Sneijder played a key role in the side’s success, scoring in the 60th minute; and this despite having landed at the Domestad just one week beforehand on a one-year loan from Ajax. His debut came eight years after that of his brother Wesley, who had booked a seat at the Galgenwaard to watch his younger sibling’s first steps into the professional game and leaped up when the net rippled. In a twist of fate, both brothers played under a Koeman in their respective debuts: Ronald was Ajax coach when Wesley faced Willem II, while Erwin is the current Utrecht boss.
Rodney Sneijder was born in Utrecht in 1991 and started to play his football with local side DOS before being scouted by Ajax – just like his older brothers, Jeffrey (now retired) and Wesley. “With DOS we played a friendly against Ajax F-junioren”, recalled the midfielder. “We won 7-3 and I scored five goals. At the end of the game, an Ajax scout asked me if I would join their youth academy. In the meantime I had just completed a two week trial with Feyenoord. However, I had no doubt about which club to choose.”
At the Ajax academy Sneijder quickly developed into one of the most promising talents on show. The midfielder won the national league with the B1 team, and then inked a three-year deal with the Dutch giants. “Of course, I have always been compared with Wesley, especially after he became a top player with Real Madrid, Inter and Holland”, commented the starlet.
“I am proud of him and for me Wesley is like a second father. However, I have my own identity and I have always tried to focus on my career. I don’t feel the pressure of having a famous brother.”
The younger Sneijder played under coach Frank de Boer with Ajax A1, settling into a spot as an attacking midfielder. Two years ago however, De Boer changed the Dutchman’s position on the pitch after rising star Christian Eriksen made his presence felt.
“Rodney is surely skilled”, said De Boer, “however, he has the tendency to do too much. He must learn he can’t provide an assist and shoot on goal every time he has the ball. You are not your brother I used to tell him. Focus on your abilities and on the best way to improve them.”
Last February, Sneijder signed a contract with Ajax running until 2013 and joined the Amsterdam side’s first team in the summer for pre-season – it was vital in helping De Boer decide whether the promising talent should remain at the champions for the whole season or head out on loan to gain further experience elsewhere. Mats Rits, Thulani Serero and Jody Lukoki were amongst those to stay, while Rodney Sneijder (Utrecht), Florian Jozefzoon (NAC Breda) and Geoffrey Castillion (RKC Waalwijck) were loaned out.
“I don’t mind that I played my first official game at 20”, said Sneijder. “I saw a lot of players make their debut at 17 and quickly head back to the bench, or even to the youth teams. I think I am physically and technically ready for the Eredivisie – I have to thank mister De Boer for this.
“At Ajax it would have been more difficult to show it because I was next to two great players like Theo Janssen and Christian Eriksen. This is the reason why I’m happy here at Utrecht. My dream is to play someday with my brother Wesley with Holland. I know I can only do it step by step.”
Despite the pressure of being compared to one of the greatest players in the world in his brother, Rodney Sneijder is keeping his feet firmly on the ground.
Fonte: Inside Futbol
lunedì 12 settembre 2011
I nuovi nostri sul GS
E' in edicola il nuovo numero del Guerin Sportivo con un dossier su tutti i nuovi stranieri della Serie A. Abbiamo contribuito a tracciare i seguenti profili:
Antonsson (Bologna)
Bradley (Chievo)
Cana (Lazio)
Castaignos (Inter)
Doubai (Udinese)
Elia (Juventus)
El Kabir (Cagliari)
Eriksson (Cagliari)
Granqvist (Genoa)
Milanovic (Siena)
Pjanic (Roma)
Rennella (Cesena)
Stekelenburg (Roma)
Torje (Udinese)
Tzorvas (Palermo)
Buona lettura
Antonsson (Bologna)
Bradley (Chievo)
Cana (Lazio)
Castaignos (Inter)
Doubai (Udinese)
Elia (Juventus)
El Kabir (Cagliari)
Eriksson (Cagliari)
Granqvist (Genoa)
Milanovic (Siena)
Pjanic (Roma)
Rennella (Cesena)
Stekelenburg (Roma)
Torje (Udinese)
Tzorvas (Palermo)
Buona lettura
sabato 10 settembre 2011
Eljero Elia
Quando la giornata è quella giusta esiste un solo modo per fermare Elijero Elia: con la forza. Una gomitata in faccia, come fece l’ex genoano Rafinha in Coppa Uefa, oppure una ripetuta serie di calcioni, soluzione optata dallo spagnolo del Manchester City Zabaleta. Non a caso in Olanda Elia è soprannominato Road Runner, come il noto personaggio dei cartoni animati conosciuto da noi come Beep Beep. Devastante in progressione, rapidissimo nel gioco di gambe, l’esterno oranje non è un cliente facile per nessuno. Talvolta nemmeno per la propria squadra, a causa di una certa anarchia tattica. Proprio qui risiede la sfida di Conte: disciplinare e dare più sostanza a un giocatore tecnicamente indiscutibile ma spesso troppo individualista.
Nato a Voorburg nel 1987, Elia è stato scartato dal vivaio dell’Ajax perché ritenuto fisicamente troppo gracile. Gli ajacidi però hanno dovuto ricredersi quando ha debuttato nel professionismo a 17 anni con gli acerrimi nemici dell’ADO Den Haag. Poi è passato al Twente, dove ha trovato in Steve McClaren l’uomo giusto per fare il salto di qualità. Sebbene sia un destro naturale, l’inglese schiera Elijero (il nome deriva dalla passione dei genitori per il cantante jazz Al Jarreau) ala sinistra del tridente. Una posizione che lo porterà dritto in nazionale – esordio il 5 settembre 2009, prima rete quattro giorni dopo contro la Scozia – e alla vittoria del Johan Cruijff Prijs, riconoscimento al miglior giovane talento dell’anno in Eredivisie. Nel 2010, dopo essersi trasferito all’Amburgo, c’è anche lui nella rosa dell’Olanda che in Sudafrica si laurea vice-campione del mondo.
Con il suo repertorio fatto di scatti, finte e accelerazioni, in campo è difficile mettere le briglie a Elia; fuori però non lo è meno. In più di un’occasione l’olandese ha sperimentato gli effetti negativi del web, trovandosi al centro di polemiche per battute poco felici su marocchini e omosessuali. Lo scorso maggio si è separato dalla compagna Sanne, tornata in Olanda con la loro bambina dopo l’ennesima lite furibonda. E i rapporti turbolenti con lo staff tecnico dell’Amburgo sono stati alla base della sua deludente seconda stagione – dopo una prima molto positiva - con il club anseatico. Elia rimane un treno che corre veloce. Alla Juventus dovranno stare attenti a non farlo deragliare.
Fonte: Il Giornale
Nato a Voorburg nel 1987, Elia è stato scartato dal vivaio dell’Ajax perché ritenuto fisicamente troppo gracile. Gli ajacidi però hanno dovuto ricredersi quando ha debuttato nel professionismo a 17 anni con gli acerrimi nemici dell’ADO Den Haag. Poi è passato al Twente, dove ha trovato in Steve McClaren l’uomo giusto per fare il salto di qualità. Sebbene sia un destro naturale, l’inglese schiera Elijero (il nome deriva dalla passione dei genitori per il cantante jazz Al Jarreau) ala sinistra del tridente. Una posizione che lo porterà dritto in nazionale – esordio il 5 settembre 2009, prima rete quattro giorni dopo contro la Scozia – e alla vittoria del Johan Cruijff Prijs, riconoscimento al miglior giovane talento dell’anno in Eredivisie. Nel 2010, dopo essersi trasferito all’Amburgo, c’è anche lui nella rosa dell’Olanda che in Sudafrica si laurea vice-campione del mondo.
Con il suo repertorio fatto di scatti, finte e accelerazioni, in campo è difficile mettere le briglie a Elia; fuori però non lo è meno. In più di un’occasione l’olandese ha sperimentato gli effetti negativi del web, trovandosi al centro di polemiche per battute poco felici su marocchini e omosessuali. Lo scorso maggio si è separato dalla compagna Sanne, tornata in Olanda con la loro bambina dopo l’ennesima lite furibonda. E i rapporti turbolenti con lo staff tecnico dell’Amburgo sono stati alla base della sua deludente seconda stagione – dopo una prima molto positiva - con il club anseatico. Elia rimane un treno che corre veloce. Alla Juventus dovranno stare attenti a non farlo deragliare.
Fonte: Il Giornale
mercoledì 7 settembre 2011
La sfida di Poldi
Lukas Podolski come Totti? Si, almeno per quanto riguarda lo status di idolo nelle rispettive città, Colonia e Roma. E come il capitano giallorosso, anche Prinz Poldi ha visto la propria leadership messa in discussione dalla nuova guida tecnica del club.
(Articolo completo su Il mondo siamo noi).
(Articolo completo su Il mondo siamo noi).
lunedì 5 settembre 2011
Dossier: piccola storia dei club mai retrocessi
Inter e Rapid Vienna, Colo e Colo e Zamalek. Il panorama delle squadre mai retrocesse è ampio e variegato, ma necessita di doverose distinzioni. Esiste infatti una bella differenza tra l’Athletic Bilbao sempre presente nelle 80 edizioni della Liga e il Wigan che ha conosciuto la Premier League solamente nel 2005 e appare destinato, presto o tardi, a salutare la categoria. Anche perché i primi a non crederci troppo sembrano proprio i tifosi dei Latics, viste le medie spettatori stagionali registrate al DW Stadium. Se in Inghilterra di immacolato è rimasto solo il Wigan, in Spagna al già citato Athletic si affiancano le potenze Real Madrid e Barcellona, presenti nella Liga fin dal momento della sua creazione (1928). A questo trio denso di richiami storico-politici si è aggiunto, nel 2004, il piccolo ma tignoso Getafe.
In Germania solamente l’Amburgo è cresciuto di pari passi con la Bundesliga (fondata nel 1963), ma solo perché il Bayern Monaco fu arbitrariamente collocato in seconda divisione dalla regola che voleva una sola squadra per città nella prima divisione del neo-costituito campionato tedesco. La Federazione scelse il Monaco 1860. Il Bayern raggiunse la Bundesliga sul campo due anni dopo e non la abbandonò più. Stesso destino per Bayer Leverkusen (dal 1979), Wolfsburg (1997) e Hoffenheim (2008). Se in Scozia, Portogallo, Grecia e Turchia nessuna delle big è mai retrocessa (ma nemmeno Xanthi, Trabzonspor, Sivasspor e Istanbul BB, tutte “salite” nel corso degli anni), in Olanda tale primato spetta solo al Feyenoord, unico club a non cadere mai né quando il campionato era diviso in gironi regionali (fatali invece a PSV e Ajax) né una volta creata la Eredivisie.
Un caso particolare arriva dalla Francia, dove nel 1972 il neo-costituito Paris St. Germain fu obbligato dal Consiglio della città di Parigi, per ragioni squisitamente politiche, a dividersi in Paris Fc, che rimase nella massima divisione, e Paris Saint-Germain, spedito due livelli più in basso con una squadra di soli dilettanti. Tecnicamente però il club parigino, che dal 1974 è tornato nell’attuale Ligue 1, non è mai retrocesso. Dal 1980 gli fa compagnia l’Auxerre. Singolare anche la storia del Derry City, che nel 1973 fu spostato per ragioni di sicurezza dal campionato dell’Irlanda del Nord a quello dell’Eire, torneo al quale si iscriverà definitivamente (però alla seconda divisione) nel 1985. In nessuno dei due paesi il club, scomparso nel 2009 causa bancarotta, ha mai conosciuto l’onta della retrocessione sul campo.
Un autentico ginepraio, per ragioni storiche facilmente intuibili, la situazione in Europa orientale. Numeri alla mano, l’unico club russo ad aver attraversato indenne sia l’epoca socialista che quella democratica è la Dinamo Mosca. I georgiani della Dinamo Tibilisi e gli ucraini della Dinamo Kiev sono sempre rimasti nel torneo di vertice tanto in URSS quanto nel loro campionato nazionale. Identico discorso nel caso della ex-Jugoslavia per le seguenti squadre: Hadjuk Spalato, Dinamo Zagabria, Stella Rossa e Partizan Belgrado.
Dopo lo shock-River, in Argentina restano iscritti all’esclusivo club Independiente e Boca Juniors. In Uruguay invece resistono, dal 1900, Peñarol e Nacional Montevideo, nonostante i primi furono espulsi nel 1922 dalla Federazione uruguaiana (AUF) per aver giocato contro club argentini appartenenti a una federazione “dissidente”. I Carboneros risposero creando una propria federazione (FUF), che si fonderà con quella ufficiale nel 1926. Infine un accenno al Brasile; attraverso il caos di tornei e regole durato fino al 1987, anno di inaugurazione della Copa União (torneo in seguito diventato l’attuale Brasileirão), cinque squadre non hanno mai preso l’ascensore verso il basso: Cruzeiro, Flamengo, Internacional, Santos e São Paulo.
Fonte: Guerin Sportivo
In Germania solamente l’Amburgo è cresciuto di pari passi con la Bundesliga (fondata nel 1963), ma solo perché il Bayern Monaco fu arbitrariamente collocato in seconda divisione dalla regola che voleva una sola squadra per città nella prima divisione del neo-costituito campionato tedesco. La Federazione scelse il Monaco 1860. Il Bayern raggiunse la Bundesliga sul campo due anni dopo e non la abbandonò più. Stesso destino per Bayer Leverkusen (dal 1979), Wolfsburg (1997) e Hoffenheim (2008). Se in Scozia, Portogallo, Grecia e Turchia nessuna delle big è mai retrocessa (ma nemmeno Xanthi, Trabzonspor, Sivasspor e Istanbul BB, tutte “salite” nel corso degli anni), in Olanda tale primato spetta solo al Feyenoord, unico club a non cadere mai né quando il campionato era diviso in gironi regionali (fatali invece a PSV e Ajax) né una volta creata la Eredivisie.
Un caso particolare arriva dalla Francia, dove nel 1972 il neo-costituito Paris St. Germain fu obbligato dal Consiglio della città di Parigi, per ragioni squisitamente politiche, a dividersi in Paris Fc, che rimase nella massima divisione, e Paris Saint-Germain, spedito due livelli più in basso con una squadra di soli dilettanti. Tecnicamente però il club parigino, che dal 1974 è tornato nell’attuale Ligue 1, non è mai retrocesso. Dal 1980 gli fa compagnia l’Auxerre. Singolare anche la storia del Derry City, che nel 1973 fu spostato per ragioni di sicurezza dal campionato dell’Irlanda del Nord a quello dell’Eire, torneo al quale si iscriverà definitivamente (però alla seconda divisione) nel 1985. In nessuno dei due paesi il club, scomparso nel 2009 causa bancarotta, ha mai conosciuto l’onta della retrocessione sul campo.
Un autentico ginepraio, per ragioni storiche facilmente intuibili, la situazione in Europa orientale. Numeri alla mano, l’unico club russo ad aver attraversato indenne sia l’epoca socialista che quella democratica è la Dinamo Mosca. I georgiani della Dinamo Tibilisi e gli ucraini della Dinamo Kiev sono sempre rimasti nel torneo di vertice tanto in URSS quanto nel loro campionato nazionale. Identico discorso nel caso della ex-Jugoslavia per le seguenti squadre: Hadjuk Spalato, Dinamo Zagabria, Stella Rossa e Partizan Belgrado.
Dopo lo shock-River, in Argentina restano iscritti all’esclusivo club Independiente e Boca Juniors. In Uruguay invece resistono, dal 1900, Peñarol e Nacional Montevideo, nonostante i primi furono espulsi nel 1922 dalla Federazione uruguaiana (AUF) per aver giocato contro club argentini appartenenti a una federazione “dissidente”. I Carboneros risposero creando una propria federazione (FUF), che si fonderà con quella ufficiale nel 1926. Infine un accenno al Brasile; attraverso il caos di tornei e regole durato fino al 1987, anno di inaugurazione della Copa União (torneo in seguito diventato l’attuale Brasileirão), cinque squadre non hanno mai preso l’ascensore verso il basso: Cruzeiro, Flamengo, Internacional, Santos e São Paulo.
Fonte: Guerin Sportivo
domenica 4 settembre 2011
Calcio a undici
Risultato storico per l’Olanda di Bert van Marwijk. L’11-0 rifilato a San Marino rappresenta la più larga vittoria di sempre nella storia dei tulipani, che mai prima dello scorso venerdì avevano chiuso un incontro in doppia cifra. A 9 reti si era infatti fermata l’Olanda di Cruijff nel 1974 contro la Norvegia, eguagliando il 9-0 ottenuto alle Olimpiadi di Stoccolma del 1912 contro la Finlandia. Il poker realizzato da Robin van Persie ha permesso alla punta dell’Arsenal di scavalcare Marco van Basten (l’ultimo giocatore in oranje a realizzare più di 3 reti in una partita – accadde il 19 dicembre 1990 contro a Malta) ed entrare – a quota 25 reti – nella top ten dei migliori marcatori di sempre dell’Olanda. Tre gradini sopra Van Persie c’è Klaas-Jan Huntelaar, la cui doppietta lo ha portato a meno 5 reti da due miti assoluti quali Johann Cruijff e Abe Lenstra. Record in vista anche per Wesley Sneijder, anch’egli autore di due gol: il primato quale miglior centrocampista goleador di sempre dei tulipani, detenuto da Kick Smit con 28 marcature, è ora distante solamente tre lunghezze. Menzione speciale infine per Georginio Wijnaldum, entrato in campo al minuto 86 e in rete 180 secondi dopo. Il trequartista del Psv Eindhoven è il 91esimo debuttante con gol nella storia dell’Olanda. Nessuno però aveva mai impiegato 3 minuti per gonfiare la rete.
sabato 3 settembre 2011
Il mago nell'oblio
La rivoluzione industriale aveva trasformato la regione della Ruhr da dimessa area rurale in importante centro economico, grazie alla grande capacità produttiva di carbone e acciaio. In pochi decenni l’intero territorio era stato oggetto di una vasta ondata migratoria. I lavoratori arrivavano dalla Francia, dal Belgio e da svariate parti della Germania (Prussia Orientale, Polonia, Slesia). Questo crogiuolo di nazionalità trovò il proprio punto di incontro nella fondazione, nel 1904, del Westfalia Schalke. Nasceva una squadra di minatori in un ambiente, quello calcistico, capitanato da borghesi e membri dell’alta società, i quali fecero di tutto per tardare il più possibile l’ingresso del nuovo club nei campionati regionali gestiti dal DFB (Deutscher Fußball Bund, Federazione Calcio Tedesca). Il Westfalia Schalke, in seguito ribattezzato Schalke 04, divenne così l’espressione calcistica una classe sociale della città di Gelsenkirchen. Un’autentica famiglia allargata, tanto che negli anni Trenta la squadra era un coacervo di fratelli, cognati e cugini di vario grado.
A cavallo tra il 1934 e il 1942 lo Schalke 04 conquista sette titoli nazionali e una Coppa di Germania. L’eroe dei Köningsblauen non può che essere un minatore figlio di minatori, la cui abilità con il pallone rappresentava per lui l’unica via di fuga dalla durissima vita in miniera. Il suo nome è Fritz Szepan, ma tutti lo conoscono come il mago di Gelsenkirchen. E’ lui la stella di una squadra che sconvolge i canoni calcistici dell’epoca, improntati sulla fisicità e sul principio del “palla lunga e pedalare”. Lo Schalke 04 propone “der Kresiel” (la trottola), appellativo dato dai giornali dell’epoca a uno stile di gioco dinamico e imprevedibile che prevede una prolungata fase di possesso palla, una fitta ragnatela di passaggi corti e rasoterra, e tanto movimento alla ricerca continua di nuovi spazi. Fulcro del gioco sono le invenzioni di Szepan, attaccante che crea, ricama e finalizza.
Gelsenkirchen festeggia il primo titolo nazionale nel 1934 quando lo Schalke, sconfitto in finale l’anno prima dal Fortuna Düsseldorf, si impone 2-1 in rimonta sul più blasonato Norimberga. Szepan sigla il pareggio e avvia l’azione che porterà il cognato Ernst Kuzorra, in campo nonostante un’ernia, a segnare la rete che decide l’incontro prima di stramazzare al suolo privo di sensi. Un anno dopo arriva il secondo successo (6-4 allo Stoccarda), mentre nel 1937 lo Schalke 04 è la prima squadra a centrare la doppietta campionato (2-0 al Norimberga) e Coppa di Germania (2-1 al Fortuna Düsseldorf). Poi, tra il 1939 e il 1942, arrivano altri tre titoli nazionali. Nel mezzo, undici vittorie consecutive nella Gauliga Westfalen, la nuova divisione regionale voluta dai nazisti. Gau era infatti un termine in tedesco arcaico che significava “regione”, e aveva una spiccata connotazione tribale che tanto piaceva ai membri del partito nazionalsocialista.
Il 20 ottobre del 1929 l’allora 22enne Fritz Szepan diventa il primo giocatore dello Schalke 04 a vestire la maglia della nazionale. L’inarrivabile giocoliere del club di Gelsenkirchen però si vedrà solamente a sprazzi in nazionale. Questione di feeling, tanto con l’allenatore Otto Nerz quanto con i compagni; tra questi spicca il bomber dell’epoca Richard Hoffmann, che non gradisce la presenza di un “proletario ribelle” nella selezione. Al termine di un 4-2 rifilato alla Danimarca, con tripletta del nostro, Szepan diserta il banchetto post-partita e imbocca la direzione di Gelsenkirchen. “Torno a casa dai miei veri compagni di squadra”, sbotta il giocatore.
Nerz lo perdona, perché per quanto detesti il gioco dello Schalke, ritenuto anarchico e inconcludente, è consapevole che uno con il talento di Szepan non può rimanere fuori dall’undici titolare. Ai Mondiali italiani del 1934 il tecnico decide di applicare il WM creato da Herbert Chapman. “Se questo significa che la squadra giocherà tutta all’indietro con solo tre attaccanti”, ribatte Szepan, “non è la mie idea di calcio”. Nerz gli assicura che il suo sarà un sistema “moderno, flessibile e con uno stopper come novità”, omettendo però che il nuovo ruolo è destinato proprio a lui. Pur perplesso, Szepan accetta, tornando attaccante interno sinistro solamente nella finale per il terzo posto.
Un anno dopo la figuraccia alle Olimpiadi di Berlino, alla quale Szepan non parteciperà perché squalificato, la Germania batte 8-0 la Danimarca. Nasce il mito del Breslau Elf, ovvero una compagine considerata da storici del calcio tedesco come la miglior Germania di sempre dopo quella mondiale del 1954 e quella campione d’Europa del 1972. Una squadra che ha in Szepan il proprio capitano, nonché l’elemento più talentuoso. Eppure nel 1938 arriva una deludente prestazione al Mondiale francese. La causa si chiama Anschluss, ovvero l’annessione dell’Austria alla Germania proclamata da Hitler il 12 marzo 1938. La nuova Germania dovrebbe essere la fusione tra i migliori elementi del Wunderteam di Hugo Meisl con quelli del Breslau Elf. Lo squadrone però rimane solo sulla carta; nessuno aveva considerato il fattore disgregante generato dall’odio reciproco tra tedeschi e austriaci. Un episodio su tutti: al termine di uno dei primi allenamenti in comune Josef Stroh, ennesimo formidabile artista della scuola di Vienna, inizia a palleggiare con varie parti del corpo, tra il tripudio degli austriaci. Terminato il numero i tedeschi chiamano il loro mago, Szepan, che ripete per filo e per segno tutti i palleggi del collega, chiudendo la performance con un tiro che si stampa sul muro pochi centimetri sopra la testa di un ammutolito Stroh. “Stronzi”, mormora Szepan mentre riceve gli applausi dei suoi “compagni”.
La carriera di Fritz Szepan si conclude del 1947, anno della ripresa dei campionati regionali in Germania. Durante la guerra aveva prestato servizio militare in una base aerea di Gelsenkirchen. Il 18 maggio il Borussia Dortmund batte 3-2 i Köningsblauen nella finale del campionato di Westfalia ponendo fino a un dominio regionale che durava da ben 21 anni. L’ormai 40enne Szepan appende le scarpe al chiodo a fine stagione; ricoprirà vari incarichi dirigenziali all’interno del club di Gelsenkirchen, diventandone anche presidente in due occasioni. L’ultima magia la regala però da allenatore, portando nel 1955 il Rot-Weiss Essen alla conquista del suo primo e unico titolo nazionale.
Tuttavia resta un dubbio; attorno alla Veltins Arena diverse strade sono intitolate ai miti dello Schalke 04. Il nome di Szepan però non compare. Il motivo è spiegato dal numero 6.416.068, ovvero il codice della tessera del NSDAP, il partito nazista, consegnata al giocatore il primo maggio del 1937. Attraverso tale tessera Szepan era diventato proprietario del negozio Julius Rode & Co., espropriato a una famiglia di ebrei nel corso della politica di “Arisierung” (arianizzazione) voluta da Hitler. Le verità nascoste affiorate nel dopoguerra inducono la Jewish Trust Corporation a fargli causa. Il mago di Gelsenkirchen finisce nell’oblio.
Fonte: Guerin Sportivo
A cavallo tra il 1934 e il 1942 lo Schalke 04 conquista sette titoli nazionali e una Coppa di Germania. L’eroe dei Köningsblauen non può che essere un minatore figlio di minatori, la cui abilità con il pallone rappresentava per lui l’unica via di fuga dalla durissima vita in miniera. Il suo nome è Fritz Szepan, ma tutti lo conoscono come il mago di Gelsenkirchen. E’ lui la stella di una squadra che sconvolge i canoni calcistici dell’epoca, improntati sulla fisicità e sul principio del “palla lunga e pedalare”. Lo Schalke 04 propone “der Kresiel” (la trottola), appellativo dato dai giornali dell’epoca a uno stile di gioco dinamico e imprevedibile che prevede una prolungata fase di possesso palla, una fitta ragnatela di passaggi corti e rasoterra, e tanto movimento alla ricerca continua di nuovi spazi. Fulcro del gioco sono le invenzioni di Szepan, attaccante che crea, ricama e finalizza.
Gelsenkirchen festeggia il primo titolo nazionale nel 1934 quando lo Schalke, sconfitto in finale l’anno prima dal Fortuna Düsseldorf, si impone 2-1 in rimonta sul più blasonato Norimberga. Szepan sigla il pareggio e avvia l’azione che porterà il cognato Ernst Kuzorra, in campo nonostante un’ernia, a segnare la rete che decide l’incontro prima di stramazzare al suolo privo di sensi. Un anno dopo arriva il secondo successo (6-4 allo Stoccarda), mentre nel 1937 lo Schalke 04 è la prima squadra a centrare la doppietta campionato (2-0 al Norimberga) e Coppa di Germania (2-1 al Fortuna Düsseldorf). Poi, tra il 1939 e il 1942, arrivano altri tre titoli nazionali. Nel mezzo, undici vittorie consecutive nella Gauliga Westfalen, la nuova divisione regionale voluta dai nazisti. Gau era infatti un termine in tedesco arcaico che significava “regione”, e aveva una spiccata connotazione tribale che tanto piaceva ai membri del partito nazionalsocialista.
Il 20 ottobre del 1929 l’allora 22enne Fritz Szepan diventa il primo giocatore dello Schalke 04 a vestire la maglia della nazionale. L’inarrivabile giocoliere del club di Gelsenkirchen però si vedrà solamente a sprazzi in nazionale. Questione di feeling, tanto con l’allenatore Otto Nerz quanto con i compagni; tra questi spicca il bomber dell’epoca Richard Hoffmann, che non gradisce la presenza di un “proletario ribelle” nella selezione. Al termine di un 4-2 rifilato alla Danimarca, con tripletta del nostro, Szepan diserta il banchetto post-partita e imbocca la direzione di Gelsenkirchen. “Torno a casa dai miei veri compagni di squadra”, sbotta il giocatore.
Nerz lo perdona, perché per quanto detesti il gioco dello Schalke, ritenuto anarchico e inconcludente, è consapevole che uno con il talento di Szepan non può rimanere fuori dall’undici titolare. Ai Mondiali italiani del 1934 il tecnico decide di applicare il WM creato da Herbert Chapman. “Se questo significa che la squadra giocherà tutta all’indietro con solo tre attaccanti”, ribatte Szepan, “non è la mie idea di calcio”. Nerz gli assicura che il suo sarà un sistema “moderno, flessibile e con uno stopper come novità”, omettendo però che il nuovo ruolo è destinato proprio a lui. Pur perplesso, Szepan accetta, tornando attaccante interno sinistro solamente nella finale per il terzo posto.
Un anno dopo la figuraccia alle Olimpiadi di Berlino, alla quale Szepan non parteciperà perché squalificato, la Germania batte 8-0 la Danimarca. Nasce il mito del Breslau Elf, ovvero una compagine considerata da storici del calcio tedesco come la miglior Germania di sempre dopo quella mondiale del 1954 e quella campione d’Europa del 1972. Una squadra che ha in Szepan il proprio capitano, nonché l’elemento più talentuoso. Eppure nel 1938 arriva una deludente prestazione al Mondiale francese. La causa si chiama Anschluss, ovvero l’annessione dell’Austria alla Germania proclamata da Hitler il 12 marzo 1938. La nuova Germania dovrebbe essere la fusione tra i migliori elementi del Wunderteam di Hugo Meisl con quelli del Breslau Elf. Lo squadrone però rimane solo sulla carta; nessuno aveva considerato il fattore disgregante generato dall’odio reciproco tra tedeschi e austriaci. Un episodio su tutti: al termine di uno dei primi allenamenti in comune Josef Stroh, ennesimo formidabile artista della scuola di Vienna, inizia a palleggiare con varie parti del corpo, tra il tripudio degli austriaci. Terminato il numero i tedeschi chiamano il loro mago, Szepan, che ripete per filo e per segno tutti i palleggi del collega, chiudendo la performance con un tiro che si stampa sul muro pochi centimetri sopra la testa di un ammutolito Stroh. “Stronzi”, mormora Szepan mentre riceve gli applausi dei suoi “compagni”.
La carriera di Fritz Szepan si conclude del 1947, anno della ripresa dei campionati regionali in Germania. Durante la guerra aveva prestato servizio militare in una base aerea di Gelsenkirchen. Il 18 maggio il Borussia Dortmund batte 3-2 i Köningsblauen nella finale del campionato di Westfalia ponendo fino a un dominio regionale che durava da ben 21 anni. L’ormai 40enne Szepan appende le scarpe al chiodo a fine stagione; ricoprirà vari incarichi dirigenziali all’interno del club di Gelsenkirchen, diventandone anche presidente in due occasioni. L’ultima magia la regala però da allenatore, portando nel 1955 il Rot-Weiss Essen alla conquista del suo primo e unico titolo nazionale.
Tuttavia resta un dubbio; attorno alla Veltins Arena diverse strade sono intitolate ai miti dello Schalke 04. Il nome di Szepan però non compare. Il motivo è spiegato dal numero 6.416.068, ovvero il codice della tessera del NSDAP, il partito nazista, consegnata al giocatore il primo maggio del 1937. Attraverso tale tessera Szepan era diventato proprietario del negozio Julius Rode & Co., espropriato a una famiglia di ebrei nel corso della politica di “Arisierung” (arianizzazione) voluta da Hitler. Le verità nascoste affiorate nel dopoguerra inducono la Jewish Trust Corporation a fargli causa. Il mago di Gelsenkirchen finisce nell’oblio.
Fonte: Guerin Sportivo