Articolo pubblicato sul trimestrale "Linea Bianca"
Esistono poi le truffe dei singoli. In Italia è noto il caso Eriberto/Luciano. In Olanda invece ci fu chi, un po’ meno furbescamente, tentò di spacciarsi per una persona già esistente: Papa Ratzinger. Il genio in questione si chiama Joseph Laumann, che nel 2008 si presentò ad un provino del Vitesse con il nome di Joseph Ratzinger. La decisione di utilizzare un nome fittizio venne presa per evitare problemi con il Rot-Weiss Erfurt, la società con la quale all’epoca era sotto contratto. Risultato: Laumann non superò il periodo di prova e l’Erfurt lo lasciò a piedi per inadempienza contrattuale.
In Inghilterra invece il senegalese Ali Dia ottenne un ingaggio con il Southampton inventandosi una parentela fittizia con George Weah. Accadde nell’estate del 1995, quando il tecnico dei Saints Graeme Souness ricevette una telefonata dal fuoriclasse liberiano nella quale gli veniva caldeggiato l’acquisto di questo suo cugino 30enne che aveva giocato nel Paris Saint-Germain nonché nella nazionale senegalese. Era tutto falso, telefonata compresa, che si scoprì essere stata fatta dal procuratore di Dia. Il buon Ali, ruolo attaccante, almeno nelle intenzioni, scese in campo per la prima e unica volta il 21 novembre 1996 in un match contro il Leeds. Sostituì Le Tissier dopo una mezz’ora di gioco e rimase in campo 53 minuti, sufficienti per permettere a centinaia di testimoni oculari presenti sugli spalti di affermare che quello fu il peggior giocatore mai visto su un terreno di gioco di Sua Maestà, talmente scarso da non poter ambire nemmeno a una squadra di non-league. Ci provò lo stesso tentando con i dilettanti dell’Fc Gateshead, ma venne messo alla porta dopo poche settimane e sparì nel nulla.
Epigono di Ali Dia, almeno come tipologia di truffatore, è stato l’italiano Alessandro Zarelli, che nel 2005 scorrazzò per il Galles munito di finti fax della Federcalcio italiana e di un’autentica, colossale, faccia tosta, con la quale millantava un passato calcistico nei Rangers Glasgow e nello Sheffield Wednesday. Il suo scopo? Trovare un ingaggio. “Giovane e promettente centrocampista italiano alla ricerca di un’esperienza formativa nel calcio del Regno Unito nell’ambito di un progetto di scambio calcistico con la FIGC”. Il concetto era quello. La prima vittima fu il Bangor Football Club, che ci impiegò dieci giorni prima di verificare con lo Sheffield se davvero Zarelli, che nel frattempo aveva chiesto al club una paga di 200 sterline alla settimana, fosse stato un loro giocatore. Una volta scoperto, l’italiano lasciò il Regency Hotel di Bangor, nel quale alloggiava, senza pagare il conto. Successivamente toccò al Connah’s Quay Nomads, mentre invece non abboccò il Total Network Solutions, contattato da Zarelli dopo aver disputato un preliminare di Champions contro il Liverpool. “Se è davvero così bravo come dice”, si chiese il direttore generale del TNS, “come mai non gioca in Italia?”.
Forse però anche nel nostro paese c’è stato qualcuno che, leggendo la graduatoria stilata nel 2009 dal Times sui 50 talenti emergenti nel calcio mondiale, ha fatto un pensierino sul moldavo Masal Bugduv, così descritto dalla rivista: “Nel mirino di tutti i grandi club europei, il 16enne centrocampista, futura stella del calcio moldavo, è vicinissimo all’Arsenal, permesso di lavoro permettendo”. Il sito Goal.com e il mensile When Saturday Comes avevano ripreso la segnalazione. Del resto il copia-e-incolla nell’ambito del giornalismo sportivo è pratica assai diffusa. Tanto da diffondere, come nel caso di Bugduv, una notizia inventata di sana pianta. Perché Masal Bugduv non è mai esistito se non nella fantasia di un gruppo di bloggers anarchici. Masal Bugduv è il tarocco per eccellenza. Malcolm McClaren, pace all’anima sua, ne sarebbe orgoglioso.
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