Come il buon vino, migliora invecchiando Mark van Bommel. A 33 anni i suoi picchi di rendimento sono tali da renderlo uno dei migliori interpreti al mondo nel proprio ruolo, quello di centrocampista che opera da schermo davanti alla difesa. In Olanda li chiamano “waterdragers”, portatori d’acqua.
(Articolo completo su Il mondo siamo noi)
sabato 29 gennaio 2011
venerdì 28 gennaio 2011
Orlando furioso
I quarti di finale della Coppa d’Olanda 2010/2011 non rappresenteranno certo uno dei momenti indimenticabili della carriera dell’ex nazionale olandese Orlando Engelaar. Suo il fallo di mano in area di rigore che ha permesso al Twente di portarsi in vantaggio (realizzazione impeccabile del solito Theo Janssen), suo il decisivo errore dal dischetto alla lotteria dei rigori dopo il pareggio di Danny Koevermans. Il Psv Eindhoven saluta così il primo obiettivo stagionale, con molti rimpianti; ad Enschede infatti gli uomini di Fred Rutten hanno offerto una prova generosa, ancorché non sempre lucida. Preoccupa il perpetuarsi dello stato confusionale di Marcus Berg, attaccante che da quando ha lasciato Groningen è precipitato in una spirale involutiva da brividi. Il Twente per contro continua il proprio percorso formativo per diventare una grande squadra. Sa soffrire e vincere. Un buon segno per Preud’Homme.
Convincente il successo dell’Ajax sul Nac Breda, a dispetto del brivido iniziale provocato dal vantaggio dei giallo-neri firmato Fouad Idabdelhay. Le barricate sono durate una ventina di minuti circa, poi ci ha pensato Siem de Jong – schierato nuovamente al centro del tridente d’attacco – ad indirizzare il match a favore della propria squadra: rete del pareggio, rigore procurato per il 2-1 di Miralem Sulejmani. Il Nac si è rapidamente sgonfiato, permettendo di fare un po’ di accademia ai vari Ebecilio, Eriksen e Vertonghen. Ad incrementare il bottino degli ajacidi ci hanno però pensato Vurnon Anita e, nuovamente, Sulejmani.
Spettacolo al Galgenwaard di Utrecht, con i padroni di casa che si sono imposti 3-2 sul Groningen al termine di tourbillon di emozioni e grandi giocate. Chi vedeva nell’Europa League la principale causa della discontinuità di rendimento degli uomini di Ton Du Chatinier ha trovato ulteriori argomenti a sostegno della propria tesi: da quando è stato eliminato dal torneo - affrontato sempre con la massima serietà – l’Utrecht ha decisamente incrementato il proprio rendimento, complice anche la pausa invernale che ha permesso di ricaricare le pile ad un gruppo in difficoltà nel disputare due partite a settimana. Il nuovo acquisto Strootman si è già impossessato delle redini del centrocampo, mentre sulle fasce Dries Mertens ed Edouard Duplan hanno ripreso a girare a mille. Così dopo il 3-0 all’Ajax in campionato sono arrivate altre tre reti, questa volta rifiliate al Groningen quarto in classifica. I bianco-verdi hanno risposto con Matavz e Granqvist (rigore) al vantaggio dell’Utrecht firmato prima da Wuytens e poi da Mertens (rigore), prima di arrendersi al guizzo di Nana Asare. Quando l’Utrecht scende in campo così indiavolato, è dura per tutti.
Niente da segnalare relativamente all’ultimo quarto di finale, che vedeva di fronte il club di Eerste Divisie dell’Rkc Waalwijk contro i dilettanti del Noordwijk. I primi hanno vinto 6-0. Festa per loro e per l’Ajax, che li ha pescati in semifinale.
Convincente il successo dell’Ajax sul Nac Breda, a dispetto del brivido iniziale provocato dal vantaggio dei giallo-neri firmato Fouad Idabdelhay. Le barricate sono durate una ventina di minuti circa, poi ci ha pensato Siem de Jong – schierato nuovamente al centro del tridente d’attacco – ad indirizzare il match a favore della propria squadra: rete del pareggio, rigore procurato per il 2-1 di Miralem Sulejmani. Il Nac si è rapidamente sgonfiato, permettendo di fare un po’ di accademia ai vari Ebecilio, Eriksen e Vertonghen. Ad incrementare il bottino degli ajacidi ci hanno però pensato Vurnon Anita e, nuovamente, Sulejmani.
Spettacolo al Galgenwaard di Utrecht, con i padroni di casa che si sono imposti 3-2 sul Groningen al termine di tourbillon di emozioni e grandi giocate. Chi vedeva nell’Europa League la principale causa della discontinuità di rendimento degli uomini di Ton Du Chatinier ha trovato ulteriori argomenti a sostegno della propria tesi: da quando è stato eliminato dal torneo - affrontato sempre con la massima serietà – l’Utrecht ha decisamente incrementato il proprio rendimento, complice anche la pausa invernale che ha permesso di ricaricare le pile ad un gruppo in difficoltà nel disputare due partite a settimana. Il nuovo acquisto Strootman si è già impossessato delle redini del centrocampo, mentre sulle fasce Dries Mertens ed Edouard Duplan hanno ripreso a girare a mille. Così dopo il 3-0 all’Ajax in campionato sono arrivate altre tre reti, questa volta rifiliate al Groningen quarto in classifica. I bianco-verdi hanno risposto con Matavz e Granqvist (rigore) al vantaggio dell’Utrecht firmato prima da Wuytens e poi da Mertens (rigore), prima di arrendersi al guizzo di Nana Asare. Quando l’Utrecht scende in campo così indiavolato, è dura per tutti.
Niente da segnalare relativamente all’ultimo quarto di finale, che vedeva di fronte il club di Eerste Divisie dell’Rkc Waalwijk contro i dilettanti del Noordwijk. I primi hanno vinto 6-0. Festa per loro e per l’Ajax, che li ha pescati in semifinale.
mercoledì 26 gennaio 2011
Pillole di Eredivisie - giornata 20
Per sei mesi ci siamo chiesti cosa ci facesse un prospetto interessante come Kevin Strootman in Eerste Divisie. Come ogni campionato di seconda divisione, la serie cadetta olandese è un gorgo capace di risucchiare anche i talenti più promettenti. Spesso il livello tecnico modesto appiattisce la qualità, piuttosto che valorizzarla. Il centrocampista dell’Olanda under-21 aveva deciso di seguire lo Sparta Rotterdam nella sua discesa agli inferi. Ma quando ha capito che il club di Rotterdam non offriva garanzie di risalita immediata, ha saggiamente optato per guardare altrove. Alla fine è arrivato l’Utrecht, che continua a coltivare ambizioni di piazzamento europeo a dispetto di un campionato sin qui troppo altalenante. Strootman si è presentato ai suoi nuovi tifosi come meglio non avrebbe potuto: due assist per il francese Duplan, autore della doppietta che ha steso l’Ajax. Per i club di Amsterdam, città divisa da Utrecht da una fortissima rivalità di campanile, si tratta della prima sconfitta, e delle prime reti subite, della gestione De Boer. Per Strootman invece buona, anzi ottima, la prima.
Uno dei talloni d’Achille più vistosi palesati finora dal Twente è la mancanza di una prima punta di spessore. Il legnoso e grezzo austriaco Marc Janko ha dimostrato di non valere i 7 milioni di euro pagati dai Tukkers al Red Bull Salisburgo. Maluccio in Eredivisie, disastroso in Champions League, competizione apparsa decisamente fuori dalla propria portata. Janko però non ci sta ad entrare nella categoria dei flop, e prova a dirlo utilizzando il linguaggio più chiaro per un attaccante: quello del gol. Poker la scorsa settimana all’Heracles Almelo nel recupero di campionato, doppietta domenica in casa del Groningen (bellissima la seconda rete, un tiro al volo su traversone del solito, splendido Theo Janssen). 6 gol per 6 punti, fondamentali al Twente per rimanere nella scia del Psv Eindhoven, capolista con un punto di vantaggio sul club di Enschede. Il gigante si sarà finalmente svegliato?
Il Willem II ha vinto il suo primo incontro stagionale in campionato. Tolti gli incontri della nacompetitie (i play-off salvezza-promozione) disputati la passata stagione, l’ultimo successo dei Tricolori era datato 14 marzo 2010 (3-1 allo Sparta Rotterdam). Ci è voluto l’imbarazzante Vitesse di Albert Ferrer, che cambia giocatori come fazzoletti mantenendo però immutato il rendimento – pessimo – in campo, per far riscoprire al club di Tilburg il sapore della vittoria. Il classe 92 Rangelo Janga, al suo debutto con il Willem II dal primo minuto, ha segnato il gol-partita.
Fonte: Footballstories.net
Uno dei talloni d’Achille più vistosi palesati finora dal Twente è la mancanza di una prima punta di spessore. Il legnoso e grezzo austriaco Marc Janko ha dimostrato di non valere i 7 milioni di euro pagati dai Tukkers al Red Bull Salisburgo. Maluccio in Eredivisie, disastroso in Champions League, competizione apparsa decisamente fuori dalla propria portata. Janko però non ci sta ad entrare nella categoria dei flop, e prova a dirlo utilizzando il linguaggio più chiaro per un attaccante: quello del gol. Poker la scorsa settimana all’Heracles Almelo nel recupero di campionato, doppietta domenica in casa del Groningen (bellissima la seconda rete, un tiro al volo su traversone del solito, splendido Theo Janssen). 6 gol per 6 punti, fondamentali al Twente per rimanere nella scia del Psv Eindhoven, capolista con un punto di vantaggio sul club di Enschede. Il gigante si sarà finalmente svegliato?
Il Willem II ha vinto il suo primo incontro stagionale in campionato. Tolti gli incontri della nacompetitie (i play-off salvezza-promozione) disputati la passata stagione, l’ultimo successo dei Tricolori era datato 14 marzo 2010 (3-1 allo Sparta Rotterdam). Ci è voluto l’imbarazzante Vitesse di Albert Ferrer, che cambia giocatori come fazzoletti mantenendo però immutato il rendimento – pessimo – in campo, per far riscoprire al club di Tilburg il sapore della vittoria. Il classe 92 Rangelo Janga, al suo debutto con il Willem II dal primo minuto, ha segnato il gol-partita.
Fonte: Footballstories.net
martedì 25 gennaio 2011
Urby Emanuelson, nuovo tulipano rossonero
Papà Emanuelson era chiamato Gummimannetje, omino di gomma, tanto era dinoccolato e sgusciante sulla fascia sinistra. Un’ala fulminea che divenne un mito del calcio surinamese dopo aver fatto impazzire Wim Suurbier - non certo un terzinaccio qualsiasi - in un’amichevole tra Ajax e Robin Hood, la sua squadra nell’ex colonia olandese. Il neo-milanista Urby Emanuelson ha imparato i trucchi del mestiere proprio da papà. Al resto ci ha pensato il vivaio dell’Ajax, limando alcuni aspetti troppo naif – da giocoliere più che da calciatore moderno - per trasformarlo in un esterno polivalente capace di ricoprire qualsiasi posizione lungo l’intero out di sinistra.
Non è stato né facile né rapido. Nel 2005 l’allora 19enne Urby Emanuelson irrompe prepotentemente sulla scena internazionale con un super gol - un sinistro sotto l’incrocio che diventerà la specialita della casa in sette anni di Ajax - contro l’Australia al Mondiale under-20. Giocava indifferentemente interno sinistro e terzino. Ad Amsterdam però qualcuno getta acqua sul fuoco. “Emanuelson gioca troppo di fioretto”, dice Danny Blind, “come difensore deve imparare che ogni tanto la palla si può anche mandare in tribuna”. Nel 2008 la svolta, con l’arrivo di Van Basten in panchina. Emanuelson viene avanzato sulla trequarti, come ala sinistra del tridente. Non esce più dall’undici titolare, mostrando un deciso miglioramento delle proprie prestazioni anche in fase difensiva, cancellando le amnesie del passato che gli erano costate la convocazione ad Euro 2008 dopo essere stato uno dei protagonisti, due anni prima, nel successo dell’Olanda under-21 all’Europeo di categoria (il giocatore fu inserito nel Dream Team UEFA).
Urby Emanuelson è l’olandese numero tredici (considerando anche il pioniere Menno Knoote, anno 1906) a vestire la maglia del Milan. Sbarca in Italia con un bagaglio di oltre 200 partite da professionista, alle quali vanno aggiunte 13 presenze con l’Olanda. A 24 anni è un giocatore di esperienza internazionale, merce sempre più rara se si guarda ai prodotti dei vivai italiani. Il coetaneo, e neo-compagno di squadra, Ignazio Abate ne rappresenta il perfetto esempio. Quando Emanuelson debuttava in Eredivisie, Abate giocava nel Napoli in C-1; quando Emanuelson diventava campione d’Europa under-21, Abate non aveva ancora debuttato in Serie A.
Fonte: Il Giornale
Non è stato né facile né rapido. Nel 2005 l’allora 19enne Urby Emanuelson irrompe prepotentemente sulla scena internazionale con un super gol - un sinistro sotto l’incrocio che diventerà la specialita della casa in sette anni di Ajax - contro l’Australia al Mondiale under-20. Giocava indifferentemente interno sinistro e terzino. Ad Amsterdam però qualcuno getta acqua sul fuoco. “Emanuelson gioca troppo di fioretto”, dice Danny Blind, “come difensore deve imparare che ogni tanto la palla si può anche mandare in tribuna”. Nel 2008 la svolta, con l’arrivo di Van Basten in panchina. Emanuelson viene avanzato sulla trequarti, come ala sinistra del tridente. Non esce più dall’undici titolare, mostrando un deciso miglioramento delle proprie prestazioni anche in fase difensiva, cancellando le amnesie del passato che gli erano costate la convocazione ad Euro 2008 dopo essere stato uno dei protagonisti, due anni prima, nel successo dell’Olanda under-21 all’Europeo di categoria (il giocatore fu inserito nel Dream Team UEFA).
Urby Emanuelson è l’olandese numero tredici (considerando anche il pioniere Menno Knoote, anno 1906) a vestire la maglia del Milan. Sbarca in Italia con un bagaglio di oltre 200 partite da professionista, alle quali vanno aggiunte 13 presenze con l’Olanda. A 24 anni è un giocatore di esperienza internazionale, merce sempre più rara se si guarda ai prodotti dei vivai italiani. Il coetaneo, e neo-compagno di squadra, Ignazio Abate ne rappresenta il perfetto esempio. Quando Emanuelson debuttava in Eredivisie, Abate giocava nel Napoli in C-1; quando Emanuelson diventava campione d’Europa under-21, Abate non aveva ancora debuttato in Serie A.
Fonte: Il Giornale
lunedì 24 gennaio 2011
Castaignos, il tulipano del futuro
Il nome nuovo del calcio olandese si chiama Luc Castaignos. Classe 1992, a dispetto della giovane età l’attaccante nato da padre francese e madre di Capo Verde non ha mostrato alcun timore nel vestire la maglia da titolare del Feyenoord e raccogliere l’eredità lasciata da Roy Makaay, giocatore al quale Castaignos ha dichiarato di ispirarsi. Prima punta rapida, Castaignos ha messo a segno 6 reti nell’attuale Eredivisie - l’ultima, decisiva, nel derby vinto 1-0 sull’Excelsior - e per lui si prospetta un cambio di maglia già a fine stagione. Feyenoord e Inter, attraverso i rispettivi direttori tecnici Leo Beenhakker e Marco Branca, stanno infatti lavorando ad un accordo di partnership, il cui primo passo - se l’intera operazione andrà in porto - sarà proprio il passaggio del nazionale olandese under 19 in nerazzurro a partire dal prossimo giugno.
Castaignos, che ha debuttato in prima squadra a 16 anni in una partita di coppa d’Olanda contro i dilettanti dell’Harkemase Boys, nel 2009 ha scritto il proprio nome negli annali del calcio giovanile oranje diventando il miglior marcatore di sempre della selezione under 17. La sua rete nella finale dell’Europeo di categoria, vinto 2-1 dalla Germania sull’Olanda, gli ha permesso di raggiungere quota 11, sopravanzando Jan Vennegoor of Hesselink, Collins John e Geoffrey Castillion, i vecchi detentori del primato. Nello stesso anno si è laureato campione nazionale con il Feyenoord under 18, bissando il titolo anche la stagione successiva. In un Feyenoord costretto a sposare la politica dei giovani per necessità economiche, le chance per giocare con continuità in prima squadra non sono mancate. Alle chiamate del tecnico Mario Been, Castaignos ha finora sempre risposto presente.
Fonte: Guerin Sportivo
Castaignos, che ha debuttato in prima squadra a 16 anni in una partita di coppa d’Olanda contro i dilettanti dell’Harkemase Boys, nel 2009 ha scritto il proprio nome negli annali del calcio giovanile oranje diventando il miglior marcatore di sempre della selezione under 17. La sua rete nella finale dell’Europeo di categoria, vinto 2-1 dalla Germania sull’Olanda, gli ha permesso di raggiungere quota 11, sopravanzando Jan Vennegoor of Hesselink, Collins John e Geoffrey Castillion, i vecchi detentori del primato. Nello stesso anno si è laureato campione nazionale con il Feyenoord under 18, bissando il titolo anche la stagione successiva. In un Feyenoord costretto a sposare la politica dei giovani per necessità economiche, le chance per giocare con continuità in prima squadra non sono mancate. Alle chiamate del tecnico Mario Been, Castaignos ha finora sempre risposto presente.
Fonte: Guerin Sportivo
mercoledì 19 gennaio 2011
Lazovic e i flop della Eredivisie
Ci sono anche due italiani nei più grandi flop della storia della Eredivisie scelti dal settimanale olandese Voetbal International. Sono Graziano Pellè e Dennis Godeas, la cui esperienza in Olanda non può certamente essere considerata positiva. Su Pellè, tutt’ora in forza all’Az Alkmaar, è pesato sin dal primo giorno il fardello di essere il giocatore più costoso (6 milioni di euro) nella storia del club. Una cifra esagerata, considerato che l’attaccante ha raggiunto quota 10 gol in Eredivisie solamente alla sua quarta stagione nei Paesi Bassi. Oggi – complice la crisi economica del club che ha quasi azzerato la concorrenza interna in attacco – Pellè è titolare e se la sta cavando piuttosto bene, ma ormai è tardi. In estate rientrerà in Italia.
Godeas per contro i campi olandesi li ha visti solamente in allenamento. Prelevato dal De Graafschap nell’estate del 1999 nell’ambito di un rapporto di partnership tra i Superboeren e l’Udinese (nello stesso periodo transiteranno per Doetinchem, tra gli altri, anche l’allenatore Massimo Morales e il centrocampista egiziano Hazem Emam), Godeas ha fatto le valigie dopo poche settimane, trascorse tra panchina e tribuna.
Un altro grande flop poi transitato in Italia, dove gioca tuttora (nel Siena, arrivato dal Bari), è l’angolano Pedro Kamata, una presenza nel Groningen prima di tornarsene a gambe levate in Francia, ad Auxerre, divorato dalla nostalgia per famiglia, fidanzata e un clima che non assomigliasse a quello della Danimarca. Anche Jorginho Paulista ha giocato in Serie A, nell’Udinese, ma ben pochi lo ricordano. Arrivò dal Psv Eindhoven, che lo aveva strapagato al Palmeiras, convinto di aver messo le mani sul terzino del futuro. Bastarono due presenze per far comprendere l’abbaglio.
Verrebbe da dire che chi di Brasile ferisce, di Brasile perisce. Il Psv ha portato in Europa Romario, Ronaldo, Alex e Gomes, ma anche Jorginho Paulista e Leandro do Bomfim. Quest’ultimo venne scambiato per un piccolo Ronaldo, salvo poi dimostrare che in comune con il Fenomeno non aveva nemmeno il ruolo. Leandro era un centrocampista offensivo poco avvezzo al sacrifico. Ad Eindhoven viene ricordato soprattutto per la battaglia legale che si scatenò tra il Psv e il Porto al momento del trasferimento del giocatore in Portogallo. I lusitani non volevano riconoscere al club della Philips il cospicuo bonus per la formazione del giocatore. All’arbitrato vinsero gli olandesi.
L’Ajax non ha per contro mai avuto un buon feeling con i giocatori spagnoli, escluso Gabri. Da Juanfran a Roger, da Urzaiz a Oleguer, tutti hanno deluso all’Amsterdam ArenA. Nessuno è però costato agli ajacidi la cifra complessiva di 16 milioni di euro (stipendio incluso) come l’attaccante Albert Luque, già bidone in Inghilterra nel Newcastle. Più a suo agio sulle piste da ballo che nel 4-3-3 dell’Ajax, nel 2008 la dirigenza gli ha espressamente chiesto di lasciare il club. Del resto non esistevano gli estremi della risoluzione del reparto di lavoro come invece nel 1999 con il costaricano Froylan Ledezma, scippato due anni prima al Feyenoord. Più che con la palla tra i piedi Ledezma era bravo con le pistole. Durante un torneo giovanile a Dallas, una serata ad alta gradazione alcolica si concluse tra gli spari di un’arma da fuoco. Ledezma venne arrestato il giorno dopo in hotel. La sua avventura olandese proseguì poco oltre.
E’ invece un giocatore di valore il più grande flop nella storia del Feyenoord. Danko Lazovic è costato tanto - 7 milioni di euro pagati cash al Partizan Belgrado – producendo una miseria, sia in termini sportivi che economici. Nel primo caso il serbo è stato anche penalizzato dall’esplosione di Dirk Kuijt (arrivato anch’esso durante la stessa finestra di mercato, ad un prezzo però sette volte inferiore) e, successivamente, di Salomon Kalou. Economicamente il disastro è stato anche peggiore, con il Feyenoord che lo ha rivenduto a 1.5 milioni di euro. Gli anni seguenti Vitesse e Psv Eindhoven hanno ricavato rispettivamente 6.6 e 5 milioni di euro dalla cessione di Lazovic. Il quale oggi è titolare nei campioni di Russia dello Zenit San Pietroburgo.
Fonte: Il mondo siamo noi
Godeas per contro i campi olandesi li ha visti solamente in allenamento. Prelevato dal De Graafschap nell’estate del 1999 nell’ambito di un rapporto di partnership tra i Superboeren e l’Udinese (nello stesso periodo transiteranno per Doetinchem, tra gli altri, anche l’allenatore Massimo Morales e il centrocampista egiziano Hazem Emam), Godeas ha fatto le valigie dopo poche settimane, trascorse tra panchina e tribuna.
Un altro grande flop poi transitato in Italia, dove gioca tuttora (nel Siena, arrivato dal Bari), è l’angolano Pedro Kamata, una presenza nel Groningen prima di tornarsene a gambe levate in Francia, ad Auxerre, divorato dalla nostalgia per famiglia, fidanzata e un clima che non assomigliasse a quello della Danimarca. Anche Jorginho Paulista ha giocato in Serie A, nell’Udinese, ma ben pochi lo ricordano. Arrivò dal Psv Eindhoven, che lo aveva strapagato al Palmeiras, convinto di aver messo le mani sul terzino del futuro. Bastarono due presenze per far comprendere l’abbaglio.
Verrebbe da dire che chi di Brasile ferisce, di Brasile perisce. Il Psv ha portato in Europa Romario, Ronaldo, Alex e Gomes, ma anche Jorginho Paulista e Leandro do Bomfim. Quest’ultimo venne scambiato per un piccolo Ronaldo, salvo poi dimostrare che in comune con il Fenomeno non aveva nemmeno il ruolo. Leandro era un centrocampista offensivo poco avvezzo al sacrifico. Ad Eindhoven viene ricordato soprattutto per la battaglia legale che si scatenò tra il Psv e il Porto al momento del trasferimento del giocatore in Portogallo. I lusitani non volevano riconoscere al club della Philips il cospicuo bonus per la formazione del giocatore. All’arbitrato vinsero gli olandesi.
L’Ajax non ha per contro mai avuto un buon feeling con i giocatori spagnoli, escluso Gabri. Da Juanfran a Roger, da Urzaiz a Oleguer, tutti hanno deluso all’Amsterdam ArenA. Nessuno è però costato agli ajacidi la cifra complessiva di 16 milioni di euro (stipendio incluso) come l’attaccante Albert Luque, già bidone in Inghilterra nel Newcastle. Più a suo agio sulle piste da ballo che nel 4-3-3 dell’Ajax, nel 2008 la dirigenza gli ha espressamente chiesto di lasciare il club. Del resto non esistevano gli estremi della risoluzione del reparto di lavoro come invece nel 1999 con il costaricano Froylan Ledezma, scippato due anni prima al Feyenoord. Più che con la palla tra i piedi Ledezma era bravo con le pistole. Durante un torneo giovanile a Dallas, una serata ad alta gradazione alcolica si concluse tra gli spari di un’arma da fuoco. Ledezma venne arrestato il giorno dopo in hotel. La sua avventura olandese proseguì poco oltre.
E’ invece un giocatore di valore il più grande flop nella storia del Feyenoord. Danko Lazovic è costato tanto - 7 milioni di euro pagati cash al Partizan Belgrado – producendo una miseria, sia in termini sportivi che economici. Nel primo caso il serbo è stato anche penalizzato dall’esplosione di Dirk Kuijt (arrivato anch’esso durante la stessa finestra di mercato, ad un prezzo però sette volte inferiore) e, successivamente, di Salomon Kalou. Economicamente il disastro è stato anche peggiore, con il Feyenoord che lo ha rivenduto a 1.5 milioni di euro. Gli anni seguenti Vitesse e Psv Eindhoven hanno ricavato rispettivamente 6.6 e 5 milioni di euro dalla cessione di Lazovic. Il quale oggi è titolare nei campioni di Russia dello Zenit San Pietroburgo.
Fonte: Il mondo siamo noi
lunedì 17 gennaio 2011
Ibrahim Afellay still hot on Wesley Sneijder's heels with Barcelona move
The careers of Ibrahim Afellay and Wesley Sneijder have much in common: The two Utrecht-born players both took their first steps with local amateur clubs in the city before joining a top Dutch team and developing over time to become the best midfielders in the Eredivisie; then they moved to the Spanish league. However, the duo have only played together at international level with Holland. In fact, while the current Inter schemer wore the shirts of DOS Utrecht, Ajax and Real Madrid, his fellow Utrecht native joined Elinkwijk Utrecht, PSV Eindhoven, and now, Barcelona.
Afellay is two years younger than Sneijder; yet when the midfielder made his debut for PSV’s first team on 4th February, 2004, at the age of 17, he was widely considered the PSV Academy’s answer to Ajax’s golden youth product. In Holland, the Dutch player of Moroccan descent followed Sneijder’s footsteps, tracing his fellow Utrecht native’s progress. When Sneijder left Ajax for Real Madrid in the summer of 2007, he left as, undisputedly, the Eredivisie’s finest midfielder. In the last two seasons, Afellay has had that mantle too. The Dutch league began to seem too small for his ambition and quality. A move abroad, as it had been for Sneijder, was just a matter of time.
Of course, there are differences between the Dutchmen. 2010 was, for Sneijder, the year every player spends an idle moment dreaming about. Four trophies won – the Champions League, Serie A, Coppa Italia and FIFA Club World Cup – with Inter and reaching the World Cup final with Holland. Afellay must hope Josep Guardiola can help him to continue to replicate Sneijder and work the same wonders Jose Mourinho did with the 26-year-old.
The Afellay deal, for just €3M due to the player’s contract expiring at the end of the current campaign, arrived at just the right time for both Barcelona and PSV Eindhoven. The Catalans were looking for an attacking midfielder who could replace – if necessary – stars like Xavi or Andres Iniesta, or even be deployed on the wing. Barcelona’s poor financial situation, which was a contributory factor in their decision to take shirt sponsorship from the Qatar Foundation – the club’s debts are around €480M – however, would not allow them to snare their main target, Arsenal captain Cesc Fabregas.
Finances are a touchy subject over at the Philips Stadion too. Last summer, the Dutch side had debts of €17.5M, and could not count on Champions League income. Since 2009, PSV have been forced to shed their highest earners: Jeremie Brechet, Edison Mendez, Danko Lazovic, Timmy Simons, Andre Ooijer and Carlos Salcido have all departed. This January was Afellay’s turn, despite the fact that last August PSV turned down an offer from Hamburg, due to the midfielder’s concerns about the state of the Bundesliga club and how he would be utilised. However, with Afellay’s contract running to an end in June, PSV could not allow their star to depart for free. Barcelona’s offer was not quite as high as expected, but the Philips-backed club had to make the best of a bad situation.
Afellay bid farewell to PSV on 22nd December, 2010, in the home clash against Roda Kerkrade; he remains the best 2010/11 Eredivsie performer. The 24-year-old spent eight seasons in the first team, winning four Dutch titles, one Dutch Cup and one Johan Cruyff Schaal (the Dutch Super Cup). Moreover, in 2007, Afellay was awarded the Johan Cruyff Award for the Young Player of the Year. According to the rules of the accolade, every winner can choose the location of a Cruyff Court (a public playground which provides a safe area for local children and other members of the community). Afellay chose Al Hoceima, a Moroccan city to which his family can trace their roots.
It hasn’t been all plain sailing for Barcelona’s newest signing though. Injuries and growth spurts hampered the Dutchman during his first year as a professional. Until 2008, Afellay regularly missed between seven and ten Eredivisie matches every season due to injury niggles. For the same reason, he missed the two UEFA Under-21 Championships Holland won in 2006 and 2007. Unlucky though is a word Afellay does not want to hear: “I lost my father when I was six. My mother had to break her back to bring up her five children. So, being sidelined for a month or two is not what I would call bad luck.”
With PSV, “Ibi” – as he has become known – developed into a complete player, one who can operate in a variety of positions. In a 4-2-3-1 system, Afellay can play as an attacking midfielder, or even as a sitting midfielder – as he has this season under coach Fred Rutten, playing behind the quartet Balazs Dzsudzsak-Ola Toivonen-Jonathan Reis-Jeremain Lens. Barcelona’s new boy can also move to the left flank, as he often does for Holland, due to the concurrent presence of two genuine number 10s, Wesley Sneijder and Rafael van der Vaart. So far, Afellay has picked up 30 caps with the Oranje, although he has mostly been used as a substitute. Last October, the midfielder picked up his first two international goals in a Euro 2012 qualifier against Sweden.
Afellay’s great adventure in the Catalan capital – he is the 21st Dutch player in the history of the club – began with a article in Spanish daily El Perodico joking: “The first three balls Afellay touched during his first training session were far better than all Winston Bogarde’s performances in his time at Barcelona.”
Nobody expects Afellay to become the next Cruyff, but an impact similar to that of Marc Overmars or the De Boer brothers at the Camp Nou would be more than enough to delight the Catalan faithful. Afellay is capable of such brilliance, as he continues to track Sneijder with relish.
Fonte: Inside Futbol
Afellay is two years younger than Sneijder; yet when the midfielder made his debut for PSV’s first team on 4th February, 2004, at the age of 17, he was widely considered the PSV Academy’s answer to Ajax’s golden youth product. In Holland, the Dutch player of Moroccan descent followed Sneijder’s footsteps, tracing his fellow Utrecht native’s progress. When Sneijder left Ajax for Real Madrid in the summer of 2007, he left as, undisputedly, the Eredivisie’s finest midfielder. In the last two seasons, Afellay has had that mantle too. The Dutch league began to seem too small for his ambition and quality. A move abroad, as it had been for Sneijder, was just a matter of time.
Of course, there are differences between the Dutchmen. 2010 was, for Sneijder, the year every player spends an idle moment dreaming about. Four trophies won – the Champions League, Serie A, Coppa Italia and FIFA Club World Cup – with Inter and reaching the World Cup final with Holland. Afellay must hope Josep Guardiola can help him to continue to replicate Sneijder and work the same wonders Jose Mourinho did with the 26-year-old.
The Afellay deal, for just €3M due to the player’s contract expiring at the end of the current campaign, arrived at just the right time for both Barcelona and PSV Eindhoven. The Catalans were looking for an attacking midfielder who could replace – if necessary – stars like Xavi or Andres Iniesta, or even be deployed on the wing. Barcelona’s poor financial situation, which was a contributory factor in their decision to take shirt sponsorship from the Qatar Foundation – the club’s debts are around €480M – however, would not allow them to snare their main target, Arsenal captain Cesc Fabregas.
Finances are a touchy subject over at the Philips Stadion too. Last summer, the Dutch side had debts of €17.5M, and could not count on Champions League income. Since 2009, PSV have been forced to shed their highest earners: Jeremie Brechet, Edison Mendez, Danko Lazovic, Timmy Simons, Andre Ooijer and Carlos Salcido have all departed. This January was Afellay’s turn, despite the fact that last August PSV turned down an offer from Hamburg, due to the midfielder’s concerns about the state of the Bundesliga club and how he would be utilised. However, with Afellay’s contract running to an end in June, PSV could not allow their star to depart for free. Barcelona’s offer was not quite as high as expected, but the Philips-backed club had to make the best of a bad situation.
Afellay bid farewell to PSV on 22nd December, 2010, in the home clash against Roda Kerkrade; he remains the best 2010/11 Eredivsie performer. The 24-year-old spent eight seasons in the first team, winning four Dutch titles, one Dutch Cup and one Johan Cruyff Schaal (the Dutch Super Cup). Moreover, in 2007, Afellay was awarded the Johan Cruyff Award for the Young Player of the Year. According to the rules of the accolade, every winner can choose the location of a Cruyff Court (a public playground which provides a safe area for local children and other members of the community). Afellay chose Al Hoceima, a Moroccan city to which his family can trace their roots.
It hasn’t been all plain sailing for Barcelona’s newest signing though. Injuries and growth spurts hampered the Dutchman during his first year as a professional. Until 2008, Afellay regularly missed between seven and ten Eredivisie matches every season due to injury niggles. For the same reason, he missed the two UEFA Under-21 Championships Holland won in 2006 and 2007. Unlucky though is a word Afellay does not want to hear: “I lost my father when I was six. My mother had to break her back to bring up her five children. So, being sidelined for a month or two is not what I would call bad luck.”
With PSV, “Ibi” – as he has become known – developed into a complete player, one who can operate in a variety of positions. In a 4-2-3-1 system, Afellay can play as an attacking midfielder, or even as a sitting midfielder – as he has this season under coach Fred Rutten, playing behind the quartet Balazs Dzsudzsak-Ola Toivonen-Jonathan Reis-Jeremain Lens. Barcelona’s new boy can also move to the left flank, as he often does for Holland, due to the concurrent presence of two genuine number 10s, Wesley Sneijder and Rafael van der Vaart. So far, Afellay has picked up 30 caps with the Oranje, although he has mostly been used as a substitute. Last October, the midfielder picked up his first two international goals in a Euro 2012 qualifier against Sweden.
Afellay’s great adventure in the Catalan capital – he is the 21st Dutch player in the history of the club – began with a article in Spanish daily El Perodico joking: “The first three balls Afellay touched during his first training session were far better than all Winston Bogarde’s performances in his time at Barcelona.”
Nobody expects Afellay to become the next Cruyff, but an impact similar to that of Marc Overmars or the De Boer brothers at the Camp Nou would be more than enough to delight the Catalan faithful. Afellay is capable of such brilliance, as he continues to track Sneijder with relish.
Fonte: Inside Futbol
domenica 16 gennaio 2011
I cavolini amari di Bruxelles (e del Belgio): epilogo
Dossier sulla calciopoli belga pubblicato sul trimestrale "Linea Bianca" (parte 4/4)
Pietro Allatta è stato arrestato a Bruxelles nel 2006. Sul suo capo pendeva un mandato di arresto internazionale. Laurent Denis è stato radiato dall’ordine degli avvocati. Zheung Ye, dopo un arresto e successivo rilascio nel novembre 2005, è latitante. La sua ultima apparizione risale al 6 maggio 2006, quando il suo avvocato ha inviato al giornale francese L’Equipe una lettera nella quale dichiarava il proprio cliente estraneo all’intera vicenda. Non ha invece evitato le manette Filippo Gaone, ex presidente del La Louviere. Il suo vecchio club ha dichiarato bancarotta, finendo tra i dilettanti senza nemmeno i soldi per pagare ai giocatori l’autobus per le trasferte. Olivier Suray ha ammesso di aver truccato incontri di Alliansi e Lierse. Il reo confesso Paul Put è stato licenziato dal suo nuovo datore di lavoro, l’Excelsior Mouscron, dopo aver ammesso le proprie colpe. Ha dichiarato che la sua famiglia era stata minacciata di morte. L’Anderlecht ha rescisso i contratti di Marius Mitu e Laurent Delorge, all’epoca giocatori del Lierse implicati nella vicenda. Lierse, Mons e Sint Truiden non sono stati sanzionati. Hanno tutti comunque pagato sul campo le proprie discutibili politiche gestionali retrocedendo, pur in tempi e modi diversi, in Tweede Klasse, la serie B belga.
Nel dicembre 2009 il settimanale olandese Voetbal International pubblica un reportage sul Namur, squadra neopromossa in Tweede Klasse nel 2007. Nell’agosto dell’anno successivo un gruppo di investitori italiani capitanato da Fabio Cordella e dalla sua azienda, la Zerozeronove, entra in società. Cordella, controverso personaggio con alle spalle esperienze in Costa d’Avorio con l’Africa Sports e in Italia con il Lanciano (fallito dopo pochi mesi), viene messo in contatto con la dirigenza del club belga da Daniel Striani, un procuratore che, di concerto con il collega Nenad Petrovic, aveva introdotto nel meraviglioso mondo del Belgio pallonaro nientemeno che Zheung Ye, presentandogli i bravi ragazzi a capo del Mons. Nel 2009 il Namur è retrocesso in Derde Klasse, perdendo quasi tutti gli incontri del girone di ritorno e vedendo un proprio match, quello disputato contro l’Olympic Charleroi, finire nell’elenco delle partite messe sotto indagine dalla Uefa per corruzione. La bufera questa volta esplode in Germania, e include numerosi paesi europei. Cordella a Namur non si è più visto. Assieme a Franco Dal Cin (per il curriculum vitae di quest’ultimo si rimanda alla Calciopoli italiana), ha spostato le proprie attenzioni sull’Union Sint Gilloise, terza divisione belga. Cambiano gli interpreti, non la trama.
Sister Chen è il nick di un operatore di 05026.com, una delle numerose agenzie di scommesse on-line sparse tra Shangai e Macao. Nel novembre 2009 un giornalista olandese in incognito ha preso contatti con l’agenzia.
«Sister Chen, ho dei soldi da investire ma chiedo garanzie».
«Signore, tutte le partite che proponiamo sul nostro sito sono truccate. Minore è il livello del campionato, maggiore è la nostra offerta».
«Sarebbe a dire? »
«Se vuole risultati sicuri sulla Premier League inglese, non si rivolga a noi. Sono partite quasi impossibili da manipolare. Diverso è il discorso per le divisioni inferiori dei campionati europei. Abbiamo contatti diffusi con dirigenti e giocatori. Sappiamo in anticipo chi vince e chi perde».
«E quanto mi verrebbe a costare tutto questo? »
«La quota di iscrizione annuale al nostro sito ammonta a 1.500 euro. Ma visto che lei è straniero possiamo anche farle uno sconto. Sulla singola partita, la nostra percentuale è del 30%. A questa si aggiunge il costo per l’acquisto delle informazioni. Un esempio: lei scommette 1.000 euro, noi le garantiamo il raddoppio della posta. Tolti 300 euro per l’acquisto del suggerimento, e sottratto il 30% che spetta alla nostra società, le rimangono in tasca 1.400 euro, con un guadagno netto, e garantito, di 400 euro».
«Posso anche scommettere sul risultato esatto, su quale squadra segnerà il primo gol oppure si prenderà il primo cartellino giallo? »
«Certamente. Dovrà solo sostenere un piccolo costo aggiuntivo.».
Douglas De Coninck continua a scrivere.
(4-fine).
Pietro Allatta è stato arrestato a Bruxelles nel 2006. Sul suo capo pendeva un mandato di arresto internazionale. Laurent Denis è stato radiato dall’ordine degli avvocati. Zheung Ye, dopo un arresto e successivo rilascio nel novembre 2005, è latitante. La sua ultima apparizione risale al 6 maggio 2006, quando il suo avvocato ha inviato al giornale francese L’Equipe una lettera nella quale dichiarava il proprio cliente estraneo all’intera vicenda. Non ha invece evitato le manette Filippo Gaone, ex presidente del La Louviere. Il suo vecchio club ha dichiarato bancarotta, finendo tra i dilettanti senza nemmeno i soldi per pagare ai giocatori l’autobus per le trasferte. Olivier Suray ha ammesso di aver truccato incontri di Alliansi e Lierse. Il reo confesso Paul Put è stato licenziato dal suo nuovo datore di lavoro, l’Excelsior Mouscron, dopo aver ammesso le proprie colpe. Ha dichiarato che la sua famiglia era stata minacciata di morte. L’Anderlecht ha rescisso i contratti di Marius Mitu e Laurent Delorge, all’epoca giocatori del Lierse implicati nella vicenda. Lierse, Mons e Sint Truiden non sono stati sanzionati. Hanno tutti comunque pagato sul campo le proprie discutibili politiche gestionali retrocedendo, pur in tempi e modi diversi, in Tweede Klasse, la serie B belga.
Nel dicembre 2009 il settimanale olandese Voetbal International pubblica un reportage sul Namur, squadra neopromossa in Tweede Klasse nel 2007. Nell’agosto dell’anno successivo un gruppo di investitori italiani capitanato da Fabio Cordella e dalla sua azienda, la Zerozeronove, entra in società. Cordella, controverso personaggio con alle spalle esperienze in Costa d’Avorio con l’Africa Sports e in Italia con il Lanciano (fallito dopo pochi mesi), viene messo in contatto con la dirigenza del club belga da Daniel Striani, un procuratore che, di concerto con il collega Nenad Petrovic, aveva introdotto nel meraviglioso mondo del Belgio pallonaro nientemeno che Zheung Ye, presentandogli i bravi ragazzi a capo del Mons. Nel 2009 il Namur è retrocesso in Derde Klasse, perdendo quasi tutti gli incontri del girone di ritorno e vedendo un proprio match, quello disputato contro l’Olympic Charleroi, finire nell’elenco delle partite messe sotto indagine dalla Uefa per corruzione. La bufera questa volta esplode in Germania, e include numerosi paesi europei. Cordella a Namur non si è più visto. Assieme a Franco Dal Cin (per il curriculum vitae di quest’ultimo si rimanda alla Calciopoli italiana), ha spostato le proprie attenzioni sull’Union Sint Gilloise, terza divisione belga. Cambiano gli interpreti, non la trama.
Sister Chen è il nick di un operatore di 05026.com, una delle numerose agenzie di scommesse on-line sparse tra Shangai e Macao. Nel novembre 2009 un giornalista olandese in incognito ha preso contatti con l’agenzia.
«Sister Chen, ho dei soldi da investire ma chiedo garanzie».
«Signore, tutte le partite che proponiamo sul nostro sito sono truccate. Minore è il livello del campionato, maggiore è la nostra offerta».
«Sarebbe a dire? »
«Se vuole risultati sicuri sulla Premier League inglese, non si rivolga a noi. Sono partite quasi impossibili da manipolare. Diverso è il discorso per le divisioni inferiori dei campionati europei. Abbiamo contatti diffusi con dirigenti e giocatori. Sappiamo in anticipo chi vince e chi perde».
«E quanto mi verrebbe a costare tutto questo? »
«La quota di iscrizione annuale al nostro sito ammonta a 1.500 euro. Ma visto che lei è straniero possiamo anche farle uno sconto. Sulla singola partita, la nostra percentuale è del 30%. A questa si aggiunge il costo per l’acquisto delle informazioni. Un esempio: lei scommette 1.000 euro, noi le garantiamo il raddoppio della posta. Tolti 300 euro per l’acquisto del suggerimento, e sottratto il 30% che spetta alla nostra società, le rimangono in tasca 1.400 euro, con un guadagno netto, e garantito, di 400 euro».
«Posso anche scommettere sul risultato esatto, su quale squadra segnerà il primo gol oppure si prenderà il primo cartellino giallo? »
«Certamente. Dovrà solo sostenere un piccolo costo aggiuntivo.».
Douglas De Coninck continua a scrivere.
(4-fine).
sabato 15 gennaio 2011
Finlandia all inclusive
Dossier sulla calciopoli belga pubblicato sul trimestrale "Linea Bianca" (parte 3/4)
Come Bodart, anche Olivier Suray è un ex calciatore. Come Bodart, anche Suray ama viaggiare lungo il lato buio della strada. Bodart però non guida una Porsche Cayenne intestata a Zheung Ye, ed è una pedina molto più piccola rispetto a Suray all’interno della maxi-frode sportiva made in China. Il giorno dell’ormai famoso Sint Truiden-La Louviere, Suray viene stato pizzicato in una stanza dell’Hilton Hotel di Bruxelles in compagnia di Ye, Allatta e una valigetta contenente 9mila euro in contanti. Insieme al cinese, Suray era reduce da una trasferta in Finlandia, dove nel giro di pochi giorni era riuscito, autentico Re Mida alla rovescia, a mandare in rovina un club. Nella terra delle renne e della Nokia, Ye aveva acquistato delle quote di una società di Veikkausliiga (la massima divisione finlandese), l’Alliansi, rinnovandola completamente con nuovi giocatori (tra cui lo svizzero Jean Pierre La Placa, il cliente difeso da Denis nell’affare Geel-Waasland), sostituendo l’allenatore e nominando come presidente il fidato Olivier Suray. La nuova gestione sembra avere le idee molto chiare sui giocatori a disposizione. Al termine di uno dei primi allenamenti con il nuovo staff, il portiere Sillenpaa, uno dei migliori elementi della squadra, viene convocato nell’ufficio di Suray.
«Hai delle qualità, è innegabile. L’ho notato subito. Secondo me in un campionato come questo sei sprecato. Voglio offrirti la possibilità di uno stage all’estero. Partiresti nei prossimi giorni».
«E’ un’opportunità interessante, la ringrazio molto. Dove dovrei andare? »
«In Belgio. Al La Louviere».
La presidenza Suray dura una sola partita, la quale vede l’Alliansi scendere in campo con la squadra riserve (Sillenpa è in vacanza premio in Vallonia, altri vengono esclusi per “scelta tecnica”) e finire demolito 8-0 dall’Haka Valkeakovski. La Federcalcio finlandese apre un’inchiesta, ma non riesce a dimostrare che l’incontro è stato aggiustato. L’Alliansi viene comunque multato per condotta antisportiva, dal momento che ha schierato la squadra B. La partita incriminata rileva un elevato volume di scommesse, specialmente sul risultato esatto dal primo tempo (2-0) e del finale (8-0). Entrambi gli score si sono puntualmente verificati. Non si verifica invece il pagamento della quota pattuita tra Ye e la vecchia dirigenza dell’Alliansi per l’ingresso nella società. I finlandesi chiudono ogni rapporto con il controverso cinese. Ma i buoi ormai sono scappati. L’Alliansi non otterrà la licenza di iscrizione alla Veikkausliiga per la stagione successiva. Il club dichiara fallimento e chiude i battenti.
Olivier Suray significa anche Mons (Bergen nella versione fiamminga), giocattolo personale di Pietro Allatta e Stèphane Pauwels, ex manager del La Louviere. Nell’ottobre del 2004 l’ex juventino Sergio Brio viene esonerato, dopo un paio di stagioni di buon livello, dalla panchina del club vallone, tristemente relegato sul fondo della Jupiler League. Nemmeno il suo sostituto però, il belga Jos Daerden, sembra riuscire ad invertire la rotta di una compagine di scoraggiante pochezza tecnica. Decisi a mantenere il Mons ad ogni costo nella massima divisione, Pauwels e Allatta passano all’azione truccando gli incontri Mons-La Louviere (4-1) e Mons-Westerlo (3-2); nel primo caso vengono comprati i giocatori Toyes, Van Handenhoven, Espartero e Brahami, nonché l’allenatore Cordier, nel secondo è invece sufficiente “assicurarsi” le prestazioni del portiere del Westerlo Jonathan Bourdon, autore di una colossale papera nella partita citata poco sopra. Fallisce invece il tentativo di manipolare l’incontro con il GBA, nonostante i contatti ben avviati con tre giocatori (tra cui l’ex Ajax Daniel Cruz e il portiere brasiliano Luciano, in seguito apprezzato giocatore in Olanda nel Groningen) del club di Anversa, a causa di una soffiata che annuncia come imminente un’indagine della Federcalcio belga sulle partite sospette del Mons. La squadra retrocede a fine stagione; Daerden, all’oscuro di tutto, viene licenziato per far posto al duo Michel Wintaq-Olivier Suray. Il cerchio si chiude.
(3- continua)
Come Bodart, anche Olivier Suray è un ex calciatore. Come Bodart, anche Suray ama viaggiare lungo il lato buio della strada. Bodart però non guida una Porsche Cayenne intestata a Zheung Ye, ed è una pedina molto più piccola rispetto a Suray all’interno della maxi-frode sportiva made in China. Il giorno dell’ormai famoso Sint Truiden-La Louviere, Suray viene stato pizzicato in una stanza dell’Hilton Hotel di Bruxelles in compagnia di Ye, Allatta e una valigetta contenente 9mila euro in contanti. Insieme al cinese, Suray era reduce da una trasferta in Finlandia, dove nel giro di pochi giorni era riuscito, autentico Re Mida alla rovescia, a mandare in rovina un club. Nella terra delle renne e della Nokia, Ye aveva acquistato delle quote di una società di Veikkausliiga (la massima divisione finlandese), l’Alliansi, rinnovandola completamente con nuovi giocatori (tra cui lo svizzero Jean Pierre La Placa, il cliente difeso da Denis nell’affare Geel-Waasland), sostituendo l’allenatore e nominando come presidente il fidato Olivier Suray. La nuova gestione sembra avere le idee molto chiare sui giocatori a disposizione. Al termine di uno dei primi allenamenti con il nuovo staff, il portiere Sillenpaa, uno dei migliori elementi della squadra, viene convocato nell’ufficio di Suray.
«Hai delle qualità, è innegabile. L’ho notato subito. Secondo me in un campionato come questo sei sprecato. Voglio offrirti la possibilità di uno stage all’estero. Partiresti nei prossimi giorni».
«E’ un’opportunità interessante, la ringrazio molto. Dove dovrei andare? »
«In Belgio. Al La Louviere».
La presidenza Suray dura una sola partita, la quale vede l’Alliansi scendere in campo con la squadra riserve (Sillenpa è in vacanza premio in Vallonia, altri vengono esclusi per “scelta tecnica”) e finire demolito 8-0 dall’Haka Valkeakovski. La Federcalcio finlandese apre un’inchiesta, ma non riesce a dimostrare che l’incontro è stato aggiustato. L’Alliansi viene comunque multato per condotta antisportiva, dal momento che ha schierato la squadra B. La partita incriminata rileva un elevato volume di scommesse, specialmente sul risultato esatto dal primo tempo (2-0) e del finale (8-0). Entrambi gli score si sono puntualmente verificati. Non si verifica invece il pagamento della quota pattuita tra Ye e la vecchia dirigenza dell’Alliansi per l’ingresso nella società. I finlandesi chiudono ogni rapporto con il controverso cinese. Ma i buoi ormai sono scappati. L’Alliansi non otterrà la licenza di iscrizione alla Veikkausliiga per la stagione successiva. Il club dichiara fallimento e chiude i battenti.
Olivier Suray significa anche Mons (Bergen nella versione fiamminga), giocattolo personale di Pietro Allatta e Stèphane Pauwels, ex manager del La Louviere. Nell’ottobre del 2004 l’ex juventino Sergio Brio viene esonerato, dopo un paio di stagioni di buon livello, dalla panchina del club vallone, tristemente relegato sul fondo della Jupiler League. Nemmeno il suo sostituto però, il belga Jos Daerden, sembra riuscire ad invertire la rotta di una compagine di scoraggiante pochezza tecnica. Decisi a mantenere il Mons ad ogni costo nella massima divisione, Pauwels e Allatta passano all’azione truccando gli incontri Mons-La Louviere (4-1) e Mons-Westerlo (3-2); nel primo caso vengono comprati i giocatori Toyes, Van Handenhoven, Espartero e Brahami, nonché l’allenatore Cordier, nel secondo è invece sufficiente “assicurarsi” le prestazioni del portiere del Westerlo Jonathan Bourdon, autore di una colossale papera nella partita citata poco sopra. Fallisce invece il tentativo di manipolare l’incontro con il GBA, nonostante i contatti ben avviati con tre giocatori (tra cui l’ex Ajax Daniel Cruz e il portiere brasiliano Luciano, in seguito apprezzato giocatore in Olanda nel Groningen) del club di Anversa, a causa di una soffiata che annuncia come imminente un’indagine della Federcalcio belga sulle partite sospette del Mons. La squadra retrocede a fine stagione; Daerden, all’oscuro di tutto, viene licenziato per far posto al duo Michel Wintaq-Olivier Suray. Il cerchio si chiude.
(3- continua)
venerdì 14 gennaio 2011
La tela del ragno
Dossier sulla calciopoli belga pubblicato sul trimestrale "Linea Bianca" (parte 2/4)
Normalmente l’importo scommesso su una partita del campionato belga di Jupiler League si aggira attorno 30-50mila euro. Su Sint Truiden-La Louviere del 29 ottobre 2005 l’agenzia inglese di scommesse Betfair rileva invece puntate per oltre 500mila euro. La settimana dopo, per la trasferta del Sint Truiden in casa del Cercle Brugge, le cifre superano i 250mila euro. Tom van der Weghe, giornalista della citata trasmissione televisiva Panorama, vola a Londra per parlare direttamente con Betfair, quindi chiede e ottiene il permesso di recarsi a Shangai. Ufficialmente in Cina le scommesse sono illegali. Per evitare guai con la legge, molte società di betting sono registrate a Honk Kong, Macao o Londra, ma riescono ad operare tranquillamente anche a Pechino e dintorni perché altre sono le priorità della polizia e, di conseguenza, la ricerca delle agenzie di scommesse illegali non è propriamente in cima alla lista delle priorità del governo cinese. Anche perché, secondo quanto scritto dal giornalista sportivo Yang Ming nel suo libro “Fischietti Neri”, dedicato al ruolo ricoperto dall’industria illegale delle scommesse sul calcio in Cina, il giro di soldi generato da questo mercato si attesta attorno ai 15 miliardi di dollari. Una parte dei quali restano in Cina, mentre il resto viene investito sul mercato europeo per aggiustare le partite. Il sistema non è particolarmente complesso. Si individua un club di fascia medio-bassa, meglio se in un campionato di secondo piano, e lo si alletta proponendogli iniezioni di denaro fresco. Se il club si trova finanziariamente alla canna del gas si procede a rilevarlo, generalmente mediante fantomatiche cordate capitanate da uomini di paglia; in caso contrario si chiedono precise garanzie alla dirigenza del club, vincolando il denaro all’inserimento nell’organigramma societario di qualche pedina chiave: un direttore tecnico, un manager, un allenatore. Il passo successivo è l’individuazione degli anelli deboli all’interno della squadra. Un giocatore che ha problemi finanziari, uno che usa abitualmente cocaina, oppure che mantiene un tenore di vita superiore a quei 75-90mila euro garantiti in media da una società belga di non primissimo piano. 15-20mila euro rappresentano un incentivo più che sufficiente per convincere il soggetto a soddisfare i desideri dei suoi nuovi “amici”. Gli ordini arrivano via sms, mediante incontri privati in qualche stanza d’albergo, o tramite i famigerati pizzini.
E’ un foglietto di carta marrone quello che Cliff Mardulier stringe nella mano in un privè del disco-dancing La Roca di Lier. Gli era stato consegnato direttamente da Zheung Ye in una camera d’albergo dell’Astrid Park Plaza Hotel di Anversa, dove il giocatore era stato ricevuto assieme ai compagni di squadra Laurent Fassotte e Laurent Delorge. Quella sera di fronte a lui è invece seduto il suo allenatore, Paul Put. Aprile 2005, il Lierse è atteso da una trasferta a Genk. E deve perdere. Solo così può arrivare il denaro che Ye, il nuovo investitore del club, ha promesso a dirigenza e allenatore.
«Mister, ci ho pensato tutta notte. Non me la sento di fare una papera di proposito. Non può chiedermi questo».
«Cliff, ti ho forse parlato di fare una papera? »
«Mi ha detto quanti saranno i palloni che andrò a raccogliere in fondo alla rete durante la partita. Sono le sue parole».
«Certo, perché so che andrà così. Ma tu Cliff non devi preoccuparti. Devi solo lasciar fare. Sono nove i giocatori che sono stati comprati. Nove».
In quell’incontro con il Genk il tecnico Paul Put manderà in campo la squadra riserve. Lo stesso farà Albert Cartier, allenatore del La Louviere, nella medesima trasferta nell’ex città mineraria. Se nel Lierse Ye si presenta come investitore, nel La Louviere è invece l’autentico uomo ombra di una società completamente controllata dai suoi sodali. Ci sono Denis e Allatta, c’è il manager Chris Benoit, ci sono allenatori (prima Cartier, poi Gilbert Bodart) scelti non certamente per le proprie idee calcistiche all’avanguardia. Sono sette gli incontri truccati dal La Louviere tra la stagione 2004/2005 e quella successiva. O meglio, sette sono gli incontri nei quali sono state trovate le prove del tarocco. A questi si aggiungono le partite falsate dal Lierse, il cui ex allenatore Put ha ammesso in sede giudiziaria le proprie colpe. Uno dei pochi rei confessi dell’intera vicenda. L’esempio di Put non è stato seguito da Bodart, personaggio conosciuto anche in Italia per aver giocato come portiere con Brescia e Ravenna. Licenziato nel 2005 dall’Ostenda in quanto sospettato di scommettere sulle partite della propria squadra, lo scandalo La Louviere lo ha solo sfiorato. La tattica del “non so niente, non ho visto né sentito niente e, se ero presente, dormivo” ha pagato, nonostante durante la bufera sia stato scaricato dall’avvocato Denis.
«Sono l’avvocato del La Louviere, non dei suoi dipendenti».
«Signor Denis, ma alcuni di questi dipendenti -chiamiamoli così- sono implicati in faccende delle quali il club che lei difende, e quindi i suoi proprietari, non poteva non sapere».
«Signori, se vengo fotografato seduto vicino al papa non implica automaticamente che io sia un prete. E delle azioni personali del signor Bodart il La Louviere non è assolutamente responsabile».
L’appuntamento con la galera per Bodart era comunque solo rinviato. Un anno e mezzo dopo l’ex giocatore viene arrestato con l’accusa di essere l’informatore di un gruppo di rapinatori penetrati nelle Grotte di Han, una delle maggiori attrazione turistiche dell’intero Belgio. Bodart, lasciato il calcio dopo un’ultima dimenticabile esperienza sulla panchina del Wevelgem City, aveva trovato un impiego presso il citato complesso speleologico, sito nelle Ardenne nei pressi del villaggio di Han-sur-Lesse. Il lupo insomma perde il pelo ma non il vizio.
(2-continua)
Normalmente l’importo scommesso su una partita del campionato belga di Jupiler League si aggira attorno 30-50mila euro. Su Sint Truiden-La Louviere del 29 ottobre 2005 l’agenzia inglese di scommesse Betfair rileva invece puntate per oltre 500mila euro. La settimana dopo, per la trasferta del Sint Truiden in casa del Cercle Brugge, le cifre superano i 250mila euro. Tom van der Weghe, giornalista della citata trasmissione televisiva Panorama, vola a Londra per parlare direttamente con Betfair, quindi chiede e ottiene il permesso di recarsi a Shangai. Ufficialmente in Cina le scommesse sono illegali. Per evitare guai con la legge, molte società di betting sono registrate a Honk Kong, Macao o Londra, ma riescono ad operare tranquillamente anche a Pechino e dintorni perché altre sono le priorità della polizia e, di conseguenza, la ricerca delle agenzie di scommesse illegali non è propriamente in cima alla lista delle priorità del governo cinese. Anche perché, secondo quanto scritto dal giornalista sportivo Yang Ming nel suo libro “Fischietti Neri”, dedicato al ruolo ricoperto dall’industria illegale delle scommesse sul calcio in Cina, il giro di soldi generato da questo mercato si attesta attorno ai 15 miliardi di dollari. Una parte dei quali restano in Cina, mentre il resto viene investito sul mercato europeo per aggiustare le partite. Il sistema non è particolarmente complesso. Si individua un club di fascia medio-bassa, meglio se in un campionato di secondo piano, e lo si alletta proponendogli iniezioni di denaro fresco. Se il club si trova finanziariamente alla canna del gas si procede a rilevarlo, generalmente mediante fantomatiche cordate capitanate da uomini di paglia; in caso contrario si chiedono precise garanzie alla dirigenza del club, vincolando il denaro all’inserimento nell’organigramma societario di qualche pedina chiave: un direttore tecnico, un manager, un allenatore. Il passo successivo è l’individuazione degli anelli deboli all’interno della squadra. Un giocatore che ha problemi finanziari, uno che usa abitualmente cocaina, oppure che mantiene un tenore di vita superiore a quei 75-90mila euro garantiti in media da una società belga di non primissimo piano. 15-20mila euro rappresentano un incentivo più che sufficiente per convincere il soggetto a soddisfare i desideri dei suoi nuovi “amici”. Gli ordini arrivano via sms, mediante incontri privati in qualche stanza d’albergo, o tramite i famigerati pizzini.
E’ un foglietto di carta marrone quello che Cliff Mardulier stringe nella mano in un privè del disco-dancing La Roca di Lier. Gli era stato consegnato direttamente da Zheung Ye in una camera d’albergo dell’Astrid Park Plaza Hotel di Anversa, dove il giocatore era stato ricevuto assieme ai compagni di squadra Laurent Fassotte e Laurent Delorge. Quella sera di fronte a lui è invece seduto il suo allenatore, Paul Put. Aprile 2005, il Lierse è atteso da una trasferta a Genk. E deve perdere. Solo così può arrivare il denaro che Ye, il nuovo investitore del club, ha promesso a dirigenza e allenatore.
«Mister, ci ho pensato tutta notte. Non me la sento di fare una papera di proposito. Non può chiedermi questo».
«Cliff, ti ho forse parlato di fare una papera? »
«Mi ha detto quanti saranno i palloni che andrò a raccogliere in fondo alla rete durante la partita. Sono le sue parole».
«Certo, perché so che andrà così. Ma tu Cliff non devi preoccuparti. Devi solo lasciar fare. Sono nove i giocatori che sono stati comprati. Nove».
In quell’incontro con il Genk il tecnico Paul Put manderà in campo la squadra riserve. Lo stesso farà Albert Cartier, allenatore del La Louviere, nella medesima trasferta nell’ex città mineraria. Se nel Lierse Ye si presenta come investitore, nel La Louviere è invece l’autentico uomo ombra di una società completamente controllata dai suoi sodali. Ci sono Denis e Allatta, c’è il manager Chris Benoit, ci sono allenatori (prima Cartier, poi Gilbert Bodart) scelti non certamente per le proprie idee calcistiche all’avanguardia. Sono sette gli incontri truccati dal La Louviere tra la stagione 2004/2005 e quella successiva. O meglio, sette sono gli incontri nei quali sono state trovate le prove del tarocco. A questi si aggiungono le partite falsate dal Lierse, il cui ex allenatore Put ha ammesso in sede giudiziaria le proprie colpe. Uno dei pochi rei confessi dell’intera vicenda. L’esempio di Put non è stato seguito da Bodart, personaggio conosciuto anche in Italia per aver giocato come portiere con Brescia e Ravenna. Licenziato nel 2005 dall’Ostenda in quanto sospettato di scommettere sulle partite della propria squadra, lo scandalo La Louviere lo ha solo sfiorato. La tattica del “non so niente, non ho visto né sentito niente e, se ero presente, dormivo” ha pagato, nonostante durante la bufera sia stato scaricato dall’avvocato Denis.
«Sono l’avvocato del La Louviere, non dei suoi dipendenti».
«Signor Denis, ma alcuni di questi dipendenti -chiamiamoli così- sono implicati in faccende delle quali il club che lei difende, e quindi i suoi proprietari, non poteva non sapere».
«Signori, se vengo fotografato seduto vicino al papa non implica automaticamente che io sia un prete. E delle azioni personali del signor Bodart il La Louviere non è assolutamente responsabile».
L’appuntamento con la galera per Bodart era comunque solo rinviato. Un anno e mezzo dopo l’ex giocatore viene arrestato con l’accusa di essere l’informatore di un gruppo di rapinatori penetrati nelle Grotte di Han, una delle maggiori attrazione turistiche dell’intero Belgio. Bodart, lasciato il calcio dopo un’ultima dimenticabile esperienza sulla panchina del Wevelgem City, aveva trovato un impiego presso il citato complesso speleologico, sito nelle Ardenne nei pressi del villaggio di Han-sur-Lesse. Il lupo insomma perde il pelo ma non il vizio.
(2-continua)
giovedì 13 gennaio 2011
I cavolini amari di Bruxelles (e del Belgio)
Dossier sulla calciopoli belga pubblicato sul trimestrale "Linea Bianca" (parte 1/4)
Introduzione
«E’ suo figlio?»
«Si».
«Che bel bambino. Sarebbe davvero molto triste se gli succedesse qualcosa».
L’incipit è da romanzo di spionaggio alla Frederick Forsyth. Una minaccia proferita da un volto anonimo, inghiottito dal nulla l’istante successivo. I cattivi tramano nell’ombra; loschi, sfuggenti, ovunque. Storie di intrighi e di segreti, una superficie di apparente normalità sotto la quale brulicano autentici verminai. Douglas De Coninck però non scrive romanzi, e la minaccia ricevuta da suo figlio non è fiction. Anche il suo libro “Gokziek” (tradotto letteralmente dal fiammingo: malato di scommesse) non è un’opera di finzione. Tra le sue pagine si celano storie di partite truccate via sms, pistole puntate contro direttori tecnici di società sportive, squadre controllate dalla mafia, ricatti, menzogne, riciclaggio di denaro sporco. Tutto documentato attraverso intercettazioni e atti processuali. Nella stagione 2005/2006 il calcio belga viene improvvisamente travolto da una montagna di fango. La scintilla scocca la domenica sera del 5 febbraio 2006, quando il programma televisivo Panorama, canale VRT, manda in onda un reportage dal titolo “De tackle van de maffia” che porta alla luce una fitta trama di corruzione, scommesse clandestine e crimine organizzato nella Jupiler League e nella Tweede Klasse belga. Nomi, luoghi, date, incontri truccati. Calcio marcio show tra le Fiandre e la Vallonia. Come in Italia, i burattinai si annidano in una triade. Molto più pericolosa di quella juventina. Lo sa bene Douglas De Coninck. Eppure non ha smesso di scrivere.
I soliti sospetti
Zheung Ye. Uomo d’affari cinese, età indefinita, un’insana passione per le squadre belghe di piccolo cabotaggio, per le quali si propone, di volta in volta, come intermediario, finanziatore, sponsor, direttore tecnico, eccetera. Come Mister Wolf in Pulp Fiction, Ye risolve problemi, almeno in apparenza. E’ proprietario di un’azienda tessile chiamata Cecilia Bilanci, sede legale a Shangai, forza lavoro attorno alle cinquemila unità. Il luogo dove queste persone vengano impiegate rimane però un mistero. La sede di Shangai è un capannone semideserto. Al suo interno un orientale, uguale a migliaia di altri.
«Mi chiamo Wang. Il signor Ye attualmente non è reperibile, ma potete riferire direttamente a me, sono il suo braccio destro».
I telefoni non squillano. A Parigi, al civico 29 di Rue de Pyramides, il punto vendita dell’azienda è chiuso. Sulla serranda abbassata campeggia un cartello: “Liquidation totale. Boutique à cèder”. Eppure i soldi ci sono. Ye prima investe nel Geel, poi nel Mons (Bergen in fiammingo), quindi nel Lierse (375mila euro, disponibilità immediata), infine nel La Louviere. Quest’ultima, nell’ambiente delle scommesse clandestine in Asia, è una squadra famosa quanto il Real Madrid tra gli appassionati di calcio di tutto il mondo.
Pietro Allatta. Italo-belga di origini siciliane, classe 1948, una licenza di agente di calciatori ottenuta in Togo. Domicilio conosciuto fino ai primi mesi del 2006: Chapelle-lez-Herlaimont, paese nella provincia dell’Hainaut, una delle aree più povere dell’intero Belgio. Ex-braccio destro di Carmelo Bongiorno, boss operante in quella giungla di leggi farraginose e mal applicate che è il mercato del lavoro contemporaneo, padrino iscritto nel registro degli indagati per l’omicidio di Stephan Steiner, giornalista del quotidiano belga Nouvelle Gazette di Charleroi da tempo sulle tracce degli affari poco puliti di certi “intermediari”. Il maxi-processo si chiude nell’anno duemila con una raffica di condanne, carcerarie e pecuniarie; tra i vari nomi c’è anche quello di Allatta. Cinque anni più tardi stappa champagne per il passaggio di un suo cliente, il portiere Silvio Proto, dal La Louviere all’Anderlecht. Pranza al ristorante Piccolo Mondo di Bruxelles, gira con una Mercedes classe A noleggiata da Kenny, il suo abbigliamento d’ordinanza è formato da completo grigio, camicia bianca e revolver. Alza il telefono per contattare i club belgi più malconci, oppure quelli più ambiziosi.
«Ho uno sponsor, una società tessile francese, che desidera investire. Metterebbero sul piatto 500mila euro, subito disponibili. Un’offerta interessante, n’est pa? »
Molti direttori commerciali impazziscono. Paul Creemers, ex presidente del Kvsk United Overpelt-Lommel, invece glissa. Sa benissimo che quelle sono cifre che girano solo per squadroni come l’Anderlecht. E soprattutto non gli piacciono le persone che girano armate.
Laurent Denis. Splendido quarantenne, per dirla alla Nanni Moretti. Biondo, capelli corti e curati, viso pulito, aspetto piacente, laurea in giurisprudenza. Avvocato del diavolo o diavolo di avvocato? Esercita la professione nel La Louviere, dove lo lega una forte amicizia con il presidente del club Filippo Gaone, un tipo pacioso che ama lasciar fare, basta che nessuno gli chieda di aprire il portafoglio. Denis difende anche i calciatori. Lo svizzero Jean-Pierre La Placa, ad esempio, squalificato per tre anni dalla Federcalcio belga per aver tentato di corrompere Sebastien Dufoor offrendogli 5mila euro per aggiustare Geel-Waasland. E’ lo stesso Dufoor a denunciarlo. La Placa resta basito; per lui si è trattato solo di un grosso fraintendimento. Ai giudici dichiara di avergli offerto semplicemente un pacchetto di biglietti per la partita. I giudici non gli credono. La Placa si rivolge a Denis. Qualche mese dopo, Defoor cambia versione.
«Era un’offerta per dei biglietti, ho capito male».
La Placa viene prosciolto. Il Geel invece sprofonda; l’incontro risulta truccato, il club viene retrocesso d’ufficio in Derde Klasse, la serie C belga. All’epoca dei fatti, il club fiammingo aveva appena trovato un nuovo finanziatore: si chiamava Zheung Ye. Denis si diletta anche nel ruolo di intermediario “informale”. Pochi giorni dopo il passaggio del tecnico norvegese Trond Sollied dal Football Club Brugge ai greci dell’Olimpiacos Pireo, l’agente di Sollied, Harald Suain, riceve una visita serale nella sua villa a Genval. Due energumeni e un piccoletto.
«Monsieur Denis rimane in gentile attesa di ricevere il proprio compenso per aver favorito il trasferimento del suo assistito in Grecia. 30mila euro possono bastare».
«Mi scusi, ma io con chi sto parlando? »
«Mi chiamo Pietro Allatta. Porterò i suoi saluti a monsieur Denis».
(1-continua)
Introduzione
«E’ suo figlio?»
«Si».
«Che bel bambino. Sarebbe davvero molto triste se gli succedesse qualcosa».
L’incipit è da romanzo di spionaggio alla Frederick Forsyth. Una minaccia proferita da un volto anonimo, inghiottito dal nulla l’istante successivo. I cattivi tramano nell’ombra; loschi, sfuggenti, ovunque. Storie di intrighi e di segreti, una superficie di apparente normalità sotto la quale brulicano autentici verminai. Douglas De Coninck però non scrive romanzi, e la minaccia ricevuta da suo figlio non è fiction. Anche il suo libro “Gokziek” (tradotto letteralmente dal fiammingo: malato di scommesse) non è un’opera di finzione. Tra le sue pagine si celano storie di partite truccate via sms, pistole puntate contro direttori tecnici di società sportive, squadre controllate dalla mafia, ricatti, menzogne, riciclaggio di denaro sporco. Tutto documentato attraverso intercettazioni e atti processuali. Nella stagione 2005/2006 il calcio belga viene improvvisamente travolto da una montagna di fango. La scintilla scocca la domenica sera del 5 febbraio 2006, quando il programma televisivo Panorama, canale VRT, manda in onda un reportage dal titolo “De tackle van de maffia” che porta alla luce una fitta trama di corruzione, scommesse clandestine e crimine organizzato nella Jupiler League e nella Tweede Klasse belga. Nomi, luoghi, date, incontri truccati. Calcio marcio show tra le Fiandre e la Vallonia. Come in Italia, i burattinai si annidano in una triade. Molto più pericolosa di quella juventina. Lo sa bene Douglas De Coninck. Eppure non ha smesso di scrivere.
I soliti sospetti
Zheung Ye. Uomo d’affari cinese, età indefinita, un’insana passione per le squadre belghe di piccolo cabotaggio, per le quali si propone, di volta in volta, come intermediario, finanziatore, sponsor, direttore tecnico, eccetera. Come Mister Wolf in Pulp Fiction, Ye risolve problemi, almeno in apparenza. E’ proprietario di un’azienda tessile chiamata Cecilia Bilanci, sede legale a Shangai, forza lavoro attorno alle cinquemila unità. Il luogo dove queste persone vengano impiegate rimane però un mistero. La sede di Shangai è un capannone semideserto. Al suo interno un orientale, uguale a migliaia di altri.
«Mi chiamo Wang. Il signor Ye attualmente non è reperibile, ma potete riferire direttamente a me, sono il suo braccio destro».
I telefoni non squillano. A Parigi, al civico 29 di Rue de Pyramides, il punto vendita dell’azienda è chiuso. Sulla serranda abbassata campeggia un cartello: “Liquidation totale. Boutique à cèder”. Eppure i soldi ci sono. Ye prima investe nel Geel, poi nel Mons (Bergen in fiammingo), quindi nel Lierse (375mila euro, disponibilità immediata), infine nel La Louviere. Quest’ultima, nell’ambiente delle scommesse clandestine in Asia, è una squadra famosa quanto il Real Madrid tra gli appassionati di calcio di tutto il mondo.
Pietro Allatta. Italo-belga di origini siciliane, classe 1948, una licenza di agente di calciatori ottenuta in Togo. Domicilio conosciuto fino ai primi mesi del 2006: Chapelle-lez-Herlaimont, paese nella provincia dell’Hainaut, una delle aree più povere dell’intero Belgio. Ex-braccio destro di Carmelo Bongiorno, boss operante in quella giungla di leggi farraginose e mal applicate che è il mercato del lavoro contemporaneo, padrino iscritto nel registro degli indagati per l’omicidio di Stephan Steiner, giornalista del quotidiano belga Nouvelle Gazette di Charleroi da tempo sulle tracce degli affari poco puliti di certi “intermediari”. Il maxi-processo si chiude nell’anno duemila con una raffica di condanne, carcerarie e pecuniarie; tra i vari nomi c’è anche quello di Allatta. Cinque anni più tardi stappa champagne per il passaggio di un suo cliente, il portiere Silvio Proto, dal La Louviere all’Anderlecht. Pranza al ristorante Piccolo Mondo di Bruxelles, gira con una Mercedes classe A noleggiata da Kenny, il suo abbigliamento d’ordinanza è formato da completo grigio, camicia bianca e revolver. Alza il telefono per contattare i club belgi più malconci, oppure quelli più ambiziosi.
«Ho uno sponsor, una società tessile francese, che desidera investire. Metterebbero sul piatto 500mila euro, subito disponibili. Un’offerta interessante, n’est pa? »
Molti direttori commerciali impazziscono. Paul Creemers, ex presidente del Kvsk United Overpelt-Lommel, invece glissa. Sa benissimo che quelle sono cifre che girano solo per squadroni come l’Anderlecht. E soprattutto non gli piacciono le persone che girano armate.
Laurent Denis. Splendido quarantenne, per dirla alla Nanni Moretti. Biondo, capelli corti e curati, viso pulito, aspetto piacente, laurea in giurisprudenza. Avvocato del diavolo o diavolo di avvocato? Esercita la professione nel La Louviere, dove lo lega una forte amicizia con il presidente del club Filippo Gaone, un tipo pacioso che ama lasciar fare, basta che nessuno gli chieda di aprire il portafoglio. Denis difende anche i calciatori. Lo svizzero Jean-Pierre La Placa, ad esempio, squalificato per tre anni dalla Federcalcio belga per aver tentato di corrompere Sebastien Dufoor offrendogli 5mila euro per aggiustare Geel-Waasland. E’ lo stesso Dufoor a denunciarlo. La Placa resta basito; per lui si è trattato solo di un grosso fraintendimento. Ai giudici dichiara di avergli offerto semplicemente un pacchetto di biglietti per la partita. I giudici non gli credono. La Placa si rivolge a Denis. Qualche mese dopo, Defoor cambia versione.
«Era un’offerta per dei biglietti, ho capito male».
La Placa viene prosciolto. Il Geel invece sprofonda; l’incontro risulta truccato, il club viene retrocesso d’ufficio in Derde Klasse, la serie C belga. All’epoca dei fatti, il club fiammingo aveva appena trovato un nuovo finanziatore: si chiamava Zheung Ye. Denis si diletta anche nel ruolo di intermediario “informale”. Pochi giorni dopo il passaggio del tecnico norvegese Trond Sollied dal Football Club Brugge ai greci dell’Olimpiacos Pireo, l’agente di Sollied, Harald Suain, riceve una visita serale nella sua villa a Genval. Due energumeni e un piccoletto.
«Monsieur Denis rimane in gentile attesa di ricevere il proprio compenso per aver favorito il trasferimento del suo assistito in Grecia. 30mila euro possono bastare».
«Mi scusi, ma io con chi sto parlando? »
«Mi chiamo Pietro Allatta. Porterò i suoi saluti a monsieur Denis».
(1-continua)
domenica 9 gennaio 2011
Pillole di calcio migrante
Immigrazione. Integrazione. Culture diverse che si incontrano e, talvolta, si scontrano. Temi caldi della contemporaneità, argomenti spinosi da maneggiare con cura, possibilmente senza slogan. Che invece abbondano. E allora anche la Fifa, oltre un anno fa, ha lanciato il suo. “Football, the great integrator”. Perché nel suo piccolo il calcio, nel corso degli ultimi anni, ha saputo raccontare storie in cui, per una volta, il significato sportivo è finito in secondo piano. Si è volato più in alto, verso un obiettivo ben più importante della vittoria di una coppa o di un campionato: quello della civiltà.
Soedertaelje è una cittadina nei pressi di Stoccolma famosa per aver dato i natali al tennista Bjorn Borg e per essere il centro di una delle rivalità calcistiche più accese del paese. Con una piccola particolarità: nel 2009 le due squadre che si contendevano la promozione nell’Allsvenskan, il massimo campionato svedese, erano state fondate dallo stesso gruppo di emigrati, di etnia assiro-siriaca, che negli anni Settanta lasciarono il Medio Oriente per trasferirsi in Svezia. Un derby intra-etnico insomma, quello tra Assyriska e Syrianska, per una rivalità che affonda le proprie radici nelle divisioni all’interno della comunità, divisa tra Assiri e Siriaci. “Per noi è come giocare in nazionale”, afferma Rabi Elia, centrocampista del Syrianska. Nel recente passato però sono stati proprio i rivali dell’Assyriska a finire sotto i riflettori per essere arrivati, nel 2003, fino alla finale di Coppa di Svezia, poi persa contro l’Elfsborg. Dalla loro storia è stato tratto anche il documentario “Assyriska: a national team without a nation”. Il loro giocatore più rappresentativo, il centrocampista Kennedy Bakircioglu, gioca attualmente nel Racing Santander.
Sempre dalla Svezia arriva la storia del FBK Balkan, club che nell’estate del 2009 ha iscritto a bilancio un entrata pari a 144mila euro proveniente nientemeno che dal Barcellona. Cosa lega alla società catalana questa piccola realtà calcistica proveniente dalle periferie di Malmö e caratterizzata da squadre che, alla luce dell’elevato numero di serbi, croati, montenegrini e bosniaci presenti in rosa, assomigliano ad una Jugoslavia in miniatura? La risposta si chiama Zlatan Ibrahimovic, il cui trasferimento dall’Inter al Barcellona ha garantito il pagamento della quota “proteggi-vivai” prevista dalla FIFA al FBK Balkan, il club che per primo ha formato calcisticamente l’attuale attaccante del Milan. La cui storia rimane un perfetto esempio di come il calcio possa rappresentare non solo un’occasione di riscatto sociale per un singolo individuo, ma anche il veicolo attraverso cui regalare un’identità ad un’intera comunità. Come ha fatto proprio quel ragazzo dal carattere difficile cresciuto in un prefabbricato in Commons Vag a Rosengård, il quartiere ad alto tasso di immigrazione e bassa percentuale di occupazione ai margini di Malmö.
A volte una squadra di calcio può rivelarsi il veicolo migliore per creare un’immagine positiva di una comunità di immigrati in un paese straniero. Per informazioni rivolgersi al Türkiyemspor di Berlino, club fondato nel 1978 con il nome di Kreuzberg Gençler Birliği (Associazione Giovanile di Kreuzberg) da un gruppo di immigrati turchi originari di Izmir, Smirne in italiano, insediatisi nel quartiere di Kreuzberg. Nel corso degli anni il Türkiyemspor ha intrapreso una proficua collaborazione con la Federcalcio tedesca promuovendo campagne contro il razzismo e le discriminazioni di vario genere, e favorendo la creazione nel paese di altre società calcistiche espressione di comunità di immigrati (le Migrantenvereins). Il Türkiyemspor è anche riuscito ad ottenere una modifica del regolamento sui limiti di stranieri presenti nelle rose dei club amatoriali. La Federcalcio ha infatti accettato di equiparare i giocatori discendenti da famiglie di immigrati di lungo corso privi di cittadinanza tedesca a quelli “regolari”, a patto che i primi dimostrino di aver militato per un determinato numero di anni in società calcistiche giovanili tedesche. Fino al 2008 anche la città di Amsterdam aveva il proprio Türkiyemspor, costretto però a chiudere i battenti per debiti ammontanti a oltre 100mila euro, cifra considerevole per una società amatoriale iscritta alla Hoofdklasse, la Serie C d’Olanda. A nulla è servito l’intervento del consolato di Turchia.
Un campionato che include Galatasaray, Benfica, Inter, Palermo e Verona. Accade nella Terza Lega svizzera, il sesto livello del campionato elvetico, il cui calcio dilettantistico pullula di club fondati da immigrati. La parte del leone la fanno gli italiani. Sono almeno sei le società con il nome Italia nella ragione sociale. Lontani da casa, ma con le radici ben salde. E’ la filosofia di Carlo Notaro, presidente dell’Ac Palermo Zurigo. “Siamo nati come centro di aggregazioni per emigranti siciliani e calabresi”, spiga Notaro, “ma oggi in squadra ci sono anche keniani, spagnoli, cingalesi. Abbiamo da poco inaugurato anche una sezione giovanile, perché per l’integrazione dei giovani non esiste niente di meglio del calcio”. La storia più bizzarra però è quella dell’Fc Juventina di Wettingen, nel Canton Argovia. Fino al 1971 la società si chiamava Fc Inter in omaggio ai nerazzurri di Milano. A qualcuno però, tifoso juventino, il nome piaceva poco, ed ecco arrivare il cambio di nome. Dal momento però che tra i votanti era presente anche un simpatizzante della Fiorentina, fu necessario un compromesso: Fc Juventina. Un’altra Juventus, nata nella “Little Italy” di Zurigo, riuscì invece ad arrivare, dopo una fusione con un altro club locale, gli Young Fellows, fino alla serie cadetta elvetica; assolutamente esilarante fu una trasferta a Chiasso in cui i supporter locali furono apostrofati con un “terroni” da un autoctono zurighese-napoletano tifoso dell’YF Juventus.
Sita alle soglie della Lapponia finlandese, la città di Oulu è considerata la “Silicon Valley del Nord”, in quanto costituisce uno dei più avanzati centri di sviluppo, produzione e ricerca (nel campo delle telecomunicazioni, dell’elettronica, della biomedicina e della biotecnologia) di tutta Europa. Nel giro di una decina di anni sono stati creati migliaia di posti di lavoro. E’ stata questa la ragione che ha spinto Hicham Rochdi, oggi 41enne, a lasciare Marrakesh e muovere in Ostrobotnia. Dove la sua passione per il calcio lo ha portato a fondare, nel 2007, il Football Club International Oulu, squadra multiculturale che raccoglie immigrati iracheni, marocchini, somali, eritrei, ma anche un italiano. Dopo otto mesi di attesa legati a pratiche burocratiche per la registrazione della nuova società sportiva, la prima stagione in campo del Fc International Oulu si è subito chiusa con una promozione dal “Piiri Litto”, la sesta divisione finlandese. Rochdi è ambizioso. “Non ci interessa essere l’unico club finlandese totalmente composto da stranieri, ci interessa vincere. Possiamo arrivare sino alle soglie del professionismo, che in Finlandia equivale al Ykkonen, la seconda divisione. E per caricarci ci alleniamo al ritmo della musica”. Immigrant Song dei Led Zeppelin pare sia la canzone più gettonata.
Fonte: Guerin Sportivo
Soedertaelje è una cittadina nei pressi di Stoccolma famosa per aver dato i natali al tennista Bjorn Borg e per essere il centro di una delle rivalità calcistiche più accese del paese. Con una piccola particolarità: nel 2009 le due squadre che si contendevano la promozione nell’Allsvenskan, il massimo campionato svedese, erano state fondate dallo stesso gruppo di emigrati, di etnia assiro-siriaca, che negli anni Settanta lasciarono il Medio Oriente per trasferirsi in Svezia. Un derby intra-etnico insomma, quello tra Assyriska e Syrianska, per una rivalità che affonda le proprie radici nelle divisioni all’interno della comunità, divisa tra Assiri e Siriaci. “Per noi è come giocare in nazionale”, afferma Rabi Elia, centrocampista del Syrianska. Nel recente passato però sono stati proprio i rivali dell’Assyriska a finire sotto i riflettori per essere arrivati, nel 2003, fino alla finale di Coppa di Svezia, poi persa contro l’Elfsborg. Dalla loro storia è stato tratto anche il documentario “Assyriska: a national team without a nation”. Il loro giocatore più rappresentativo, il centrocampista Kennedy Bakircioglu, gioca attualmente nel Racing Santander.
Sempre dalla Svezia arriva la storia del FBK Balkan, club che nell’estate del 2009 ha iscritto a bilancio un entrata pari a 144mila euro proveniente nientemeno che dal Barcellona. Cosa lega alla società catalana questa piccola realtà calcistica proveniente dalle periferie di Malmö e caratterizzata da squadre che, alla luce dell’elevato numero di serbi, croati, montenegrini e bosniaci presenti in rosa, assomigliano ad una Jugoslavia in miniatura? La risposta si chiama Zlatan Ibrahimovic, il cui trasferimento dall’Inter al Barcellona ha garantito il pagamento della quota “proteggi-vivai” prevista dalla FIFA al FBK Balkan, il club che per primo ha formato calcisticamente l’attuale attaccante del Milan. La cui storia rimane un perfetto esempio di come il calcio possa rappresentare non solo un’occasione di riscatto sociale per un singolo individuo, ma anche il veicolo attraverso cui regalare un’identità ad un’intera comunità. Come ha fatto proprio quel ragazzo dal carattere difficile cresciuto in un prefabbricato in Commons Vag a Rosengård, il quartiere ad alto tasso di immigrazione e bassa percentuale di occupazione ai margini di Malmö.
A volte una squadra di calcio può rivelarsi il veicolo migliore per creare un’immagine positiva di una comunità di immigrati in un paese straniero. Per informazioni rivolgersi al Türkiyemspor di Berlino, club fondato nel 1978 con il nome di Kreuzberg Gençler Birliği (Associazione Giovanile di Kreuzberg) da un gruppo di immigrati turchi originari di Izmir, Smirne in italiano, insediatisi nel quartiere di Kreuzberg. Nel corso degli anni il Türkiyemspor ha intrapreso una proficua collaborazione con la Federcalcio tedesca promuovendo campagne contro il razzismo e le discriminazioni di vario genere, e favorendo la creazione nel paese di altre società calcistiche espressione di comunità di immigrati (le Migrantenvereins). Il Türkiyemspor è anche riuscito ad ottenere una modifica del regolamento sui limiti di stranieri presenti nelle rose dei club amatoriali. La Federcalcio ha infatti accettato di equiparare i giocatori discendenti da famiglie di immigrati di lungo corso privi di cittadinanza tedesca a quelli “regolari”, a patto che i primi dimostrino di aver militato per un determinato numero di anni in società calcistiche giovanili tedesche. Fino al 2008 anche la città di Amsterdam aveva il proprio Türkiyemspor, costretto però a chiudere i battenti per debiti ammontanti a oltre 100mila euro, cifra considerevole per una società amatoriale iscritta alla Hoofdklasse, la Serie C d’Olanda. A nulla è servito l’intervento del consolato di Turchia.
Un campionato che include Galatasaray, Benfica, Inter, Palermo e Verona. Accade nella Terza Lega svizzera, il sesto livello del campionato elvetico, il cui calcio dilettantistico pullula di club fondati da immigrati. La parte del leone la fanno gli italiani. Sono almeno sei le società con il nome Italia nella ragione sociale. Lontani da casa, ma con le radici ben salde. E’ la filosofia di Carlo Notaro, presidente dell’Ac Palermo Zurigo. “Siamo nati come centro di aggregazioni per emigranti siciliani e calabresi”, spiga Notaro, “ma oggi in squadra ci sono anche keniani, spagnoli, cingalesi. Abbiamo da poco inaugurato anche una sezione giovanile, perché per l’integrazione dei giovani non esiste niente di meglio del calcio”. La storia più bizzarra però è quella dell’Fc Juventina di Wettingen, nel Canton Argovia. Fino al 1971 la società si chiamava Fc Inter in omaggio ai nerazzurri di Milano. A qualcuno però, tifoso juventino, il nome piaceva poco, ed ecco arrivare il cambio di nome. Dal momento però che tra i votanti era presente anche un simpatizzante della Fiorentina, fu necessario un compromesso: Fc Juventina. Un’altra Juventus, nata nella “Little Italy” di Zurigo, riuscì invece ad arrivare, dopo una fusione con un altro club locale, gli Young Fellows, fino alla serie cadetta elvetica; assolutamente esilarante fu una trasferta a Chiasso in cui i supporter locali furono apostrofati con un “terroni” da un autoctono zurighese-napoletano tifoso dell’YF Juventus.
Sita alle soglie della Lapponia finlandese, la città di Oulu è considerata la “Silicon Valley del Nord”, in quanto costituisce uno dei più avanzati centri di sviluppo, produzione e ricerca (nel campo delle telecomunicazioni, dell’elettronica, della biomedicina e della biotecnologia) di tutta Europa. Nel giro di una decina di anni sono stati creati migliaia di posti di lavoro. E’ stata questa la ragione che ha spinto Hicham Rochdi, oggi 41enne, a lasciare Marrakesh e muovere in Ostrobotnia. Dove la sua passione per il calcio lo ha portato a fondare, nel 2007, il Football Club International Oulu, squadra multiculturale che raccoglie immigrati iracheni, marocchini, somali, eritrei, ma anche un italiano. Dopo otto mesi di attesa legati a pratiche burocratiche per la registrazione della nuova società sportiva, la prima stagione in campo del Fc International Oulu si è subito chiusa con una promozione dal “Piiri Litto”, la sesta divisione finlandese. Rochdi è ambizioso. “Non ci interessa essere l’unico club finlandese totalmente composto da stranieri, ci interessa vincere. Possiamo arrivare sino alle soglie del professionismo, che in Finlandia equivale al Ykkonen, la seconda divisione. E per caricarci ci alleniamo al ritmo della musica”. Immigrant Song dei Led Zeppelin pare sia la canzone più gettonata.
Fonte: Guerin Sportivo
giovedì 6 gennaio 2011
Afellay in Barca
Considerando Gert Bals, che Rinus Michels chiamò nella stagione 1973/74 per disputare un’amichevole con il Barcellona senza però poi ingaggiarlo, Ibrahim Afellay è l’olandese numero 21 a vestire la maglia blaugrana. In Catalogna si ricordano bene di Cruijff, Neeskens, Overmars, Frank e Ronald de Boer, Van Bronckhorst, Davids, ma purtroppo anche di Jordi Cruijff, Reiziger, Bogarde e Van Bommel (nonostante quest’ultimo sia un fior di giocatore). Il quotidiano El Periodico ha dato il benvenuto ad Afellay citando, scherzosamente, il peggior tulipano di sempre visto al Camp Nou: “Nel suo primo allenamento”, scrive il giornale catalano, “Afellay ha fatto meglio di quanto messo in mostra da Bogarde durante tutto il suo periodo nel Barcellona”. E’ iniziata così l’avventura di Ibi nella Liga spagnola: le foto di rito al Camp Nou con mamma Habiba e il fratello maggiore Ali (che di Afellay è stato come un padre, dal momento che quello vero è mancato quando Ibrahim aveva sei anni), le classiche dichiarazioni a inchiostro ancora caldo, un’atmosfera rilassata e tanti sorrisi. Da domani si comincia a fare sul serio.
Classe 86, Ibrahim Afellay è un centrocampista poliedrico capace di ricoprire diversi ruoli in diversi moduli. Ha giocato interno nel 4-3-3, trequartista centrale nel 4-2-3-1, numero 10 nel 4-5-1. Nell’ultima stagione e mezza con il Psv Eindhoven, il tecnico Fred Rutten lo ha proposto cursore centrale a fianco di un mediano nel 4-2-3-1, alle spalle di un quartetto offensivo composto dagli esterni Dszudszak e Lens, dal numero 10 Toivonen e dalla prima punta Reis (o Berg). In nazionale invece, stante il ruolo di play-maker occupato da Sneijder o Van der Vaart, il ct Van Marwijk lo schiera esterno sinistro. Proprio in questo ruolo Afellay ha realizzato, lo scorso ottobre, le sue prime due reti in maglia oranje (in 30 presenze, buona parte delle quali da subentrato), siglando una doppietta contro la Svezia nelle qualificazioni a Euro 2012. Nel 4-3-3 di Guardiola l’olandese appare come il naturale sostituto di Iniesta, ma può essere impiegato anche come vice-Xavi, oppure in fascia come vice-Villa.
Con il Psv Eindhoven Afellay ha vinto tutto: quattro titoli nazionali, una coppa e una supercoppa d’Olanda. Alla Eredivisie gli era rimasto ben poco da chiedere: talento dell’anno nel 2007, nella top tre dei giocatori dal miglior rendimento nella passata stagione, al primo posto in quella attuale, dove ha totalizzato 6 reti e 3 assist. Quando tre anni fa Wesley Sneijder lasciava l’Ajax per il Real Madrid si trovava in condizioni simili. Proprio l’attuale regista dell’Inter è stato per lungo tempo il termine di paragone di Afellay (all’epoca del suo esordio veniva considerato la risposta del vivaio del Psv a quello dell’Ajax, che aveva appunto da poco sfornato Sneijder): entrambi di Utrecht, tutti e due cresciuti in una piccola squadra locale (il DOS per Wesley, l’Elinkwijk per Ibrahim) prima di consacrarsi in una grande d’Olanda (rispettivamente Ajax e Psv), entrambi infine approdati in Spagna per il grande salto. La storia recente di Sneijder la conosciamo tutti; quella di Afellay, due anni più giovane del connazionale, è ancora da scrivere.
Afellay è costato tre milioni di euro. Una cifra tutto sommato modesta. Una cifra che il Psv non ha avuto possibilità di trattare, dal momento che rischiava seriamente di perdere il giocatore a giugno a parametro zero. Dopo il mancato trasferimento di Afellay all’Amburgo in estate (il giocatore nutriva dei dubbi sulla direzione tecnica del club anseatico), i margini di manovra erano estremamente limitati, soprattutto per un club con un debito di oltre 17 milioni di euro e privo degli introiti Champions. Un passivo risibile rispetto ai 480 milioni del Barcellona, ma stiamo parlando di due mondi diversi. Intanto i blaugrana si sono assicurati una riserva di lusso pagandola sette volte meno di Mascherano, anch’egli panchinaro. Se poi un domani Afellay si rivelerà adeguato per una maglia da titolare (e le premesse, sulla carta, ci sono), allora l’affare per il Barcellona sarà stato doppio.
Calcio spagnolo
Classe 86, Ibrahim Afellay è un centrocampista poliedrico capace di ricoprire diversi ruoli in diversi moduli. Ha giocato interno nel 4-3-3, trequartista centrale nel 4-2-3-1, numero 10 nel 4-5-1. Nell’ultima stagione e mezza con il Psv Eindhoven, il tecnico Fred Rutten lo ha proposto cursore centrale a fianco di un mediano nel 4-2-3-1, alle spalle di un quartetto offensivo composto dagli esterni Dszudszak e Lens, dal numero 10 Toivonen e dalla prima punta Reis (o Berg). In nazionale invece, stante il ruolo di play-maker occupato da Sneijder o Van der Vaart, il ct Van Marwijk lo schiera esterno sinistro. Proprio in questo ruolo Afellay ha realizzato, lo scorso ottobre, le sue prime due reti in maglia oranje (in 30 presenze, buona parte delle quali da subentrato), siglando una doppietta contro la Svezia nelle qualificazioni a Euro 2012. Nel 4-3-3 di Guardiola l’olandese appare come il naturale sostituto di Iniesta, ma può essere impiegato anche come vice-Xavi, oppure in fascia come vice-Villa.
Con il Psv Eindhoven Afellay ha vinto tutto: quattro titoli nazionali, una coppa e una supercoppa d’Olanda. Alla Eredivisie gli era rimasto ben poco da chiedere: talento dell’anno nel 2007, nella top tre dei giocatori dal miglior rendimento nella passata stagione, al primo posto in quella attuale, dove ha totalizzato 6 reti e 3 assist. Quando tre anni fa Wesley Sneijder lasciava l’Ajax per il Real Madrid si trovava in condizioni simili. Proprio l’attuale regista dell’Inter è stato per lungo tempo il termine di paragone di Afellay (all’epoca del suo esordio veniva considerato la risposta del vivaio del Psv a quello dell’Ajax, che aveva appunto da poco sfornato Sneijder): entrambi di Utrecht, tutti e due cresciuti in una piccola squadra locale (il DOS per Wesley, l’Elinkwijk per Ibrahim) prima di consacrarsi in una grande d’Olanda (rispettivamente Ajax e Psv), entrambi infine approdati in Spagna per il grande salto. La storia recente di Sneijder la conosciamo tutti; quella di Afellay, due anni più giovane del connazionale, è ancora da scrivere.
Afellay è costato tre milioni di euro. Una cifra tutto sommato modesta. Una cifra che il Psv non ha avuto possibilità di trattare, dal momento che rischiava seriamente di perdere il giocatore a giugno a parametro zero. Dopo il mancato trasferimento di Afellay all’Amburgo in estate (il giocatore nutriva dei dubbi sulla direzione tecnica del club anseatico), i margini di manovra erano estremamente limitati, soprattutto per un club con un debito di oltre 17 milioni di euro e privo degli introiti Champions. Un passivo risibile rispetto ai 480 milioni del Barcellona, ma stiamo parlando di due mondi diversi. Intanto i blaugrana si sono assicurati una riserva di lusso pagandola sette volte meno di Mascherano, anch’egli panchinaro. Se poi un domani Afellay si rivelerà adeguato per una maglia da titolare (e le premesse, sulla carta, ci sono), allora l’affare per il Barcellona sarà stato doppio.
Calcio spagnolo
lunedì 3 gennaio 2011
Un 2010 bizzarro tra nazionali finte e ciclisti bomber
Un anno bizzarro, il 2010. Almeno nel mondo del calcio, dove non sono mancati eventi fuori dall’ordinario. Ha fatto il giro del mondo la finta nazionale del Togo scesa in campo in un’amichevole contro il Bahrein. Al posto di Adebayor e soci, il ct Tchaile Bana aveva mandato in campo undici comparse, pagate 2mila euro a testa per recitare la propria parte. La Federcalcio togolese nemmeno sapeva che fosse stata organizzata la partita. Qualcuno però non ci crede.
Tutto vero invece ciò che è successo nel campionato norvegese a Molde, dove la squadra locale, in vantaggio 3-0 al 90’ contro il Lillestrøm, si è fatta infilare tre volte nel recupero. Alla fine i supporters locali non avevano nemmeno la forza fischiare. A proposito di tifosi delusi, singolare protesta in Svizzera, dove il top match Lucerna-Basilea è iniziato con quasi 40 minuti di ritardo a causa di un massiccio lancio di palline da tennis in campo. Motivo? Una protesta contro l’emittente Swiss Tv, che aveva spostato l’incontro alle 12:45 di domenica per evitare la contemporaneità con il torneo ATP di Basilea in cui era impegnato Roger Federer.
Dal tennis al ciclismo con Óscar Pereiro Sío, vincitore del Tour de France 2006, che a 33 anni ha lasciato la bici in cantina per diventare calciatore. E’ stato ingaggiato dal Coruxo, club di terza divisione spagnola. In Bielorussia per contro c’è chi non molla il pallone nemmeno in età avanzata. Yuri Pudyshev, campione dell’URSS nel 1982 con la Dinamo Minsk, è sceso in campo con la maglia della Dinamo Brest, nel massimo campionato nazionale, alla veneranda età di 56 anni.
Mentre in Finlandia si festeggia la promozione in seconda divisione del Fc Santa Claus, la squadra di Babbo Natale di stanza a Rovaniemi, la vera fiaba natalizia arriva dal Belgio. Il senegalese Papa Sene, entrato nel paese da clandestino nel maggio 2009, ha appena firmato un contratto con il Cercle Brugge, club di prima divisione, chiudendo nel migliore dei modi un’annata trascorsa tra centri di accoglienza, richieste di asilo e valanghe di reti nelle serie minori. Per i gol è finito sulle prime pagine anche l’attaccante Johan Voskamp; il 19 agosto ha firmato per lo Sparta Rotterdam, il 20 ha debuttato segnando 8 reti al malcapitato Almere City nella B olandese. E’ finita 12-1 e Voskamp è rimasto in campo solamente 77 minuti.
Giocare per i messicani del Club America può essere letale. Il paraguaiano Salvador Cabanas è stato colpito alla testa da un colpo di pistola durante una sparatoria in un locale; si è miracolosamente salvato. Pericolo scampato pochi giorni dopo anche dal compagno Juan Carlos Silva, fortunatamente colpito solo nel gluteo sinistro da un proiettile esploso nel corso di una rapina. In campo il cattivo dell’anno è stato Nigel de Jong: gamba spezzata all’americano Stuart Holden e al francese Hatem Ben Arfa, colpo di kung fu nella finale Mondiale al petto di Xabi Alonso. Una condotta violenta che ha causato la sua esclusione dalla nazionale olandese.
Fonte: Il Giornale
Tutto vero invece ciò che è successo nel campionato norvegese a Molde, dove la squadra locale, in vantaggio 3-0 al 90’ contro il Lillestrøm, si è fatta infilare tre volte nel recupero. Alla fine i supporters locali non avevano nemmeno la forza fischiare. A proposito di tifosi delusi, singolare protesta in Svizzera, dove il top match Lucerna-Basilea è iniziato con quasi 40 minuti di ritardo a causa di un massiccio lancio di palline da tennis in campo. Motivo? Una protesta contro l’emittente Swiss Tv, che aveva spostato l’incontro alle 12:45 di domenica per evitare la contemporaneità con il torneo ATP di Basilea in cui era impegnato Roger Federer.
Dal tennis al ciclismo con Óscar Pereiro Sío, vincitore del Tour de France 2006, che a 33 anni ha lasciato la bici in cantina per diventare calciatore. E’ stato ingaggiato dal Coruxo, club di terza divisione spagnola. In Bielorussia per contro c’è chi non molla il pallone nemmeno in età avanzata. Yuri Pudyshev, campione dell’URSS nel 1982 con la Dinamo Minsk, è sceso in campo con la maglia della Dinamo Brest, nel massimo campionato nazionale, alla veneranda età di 56 anni.
Mentre in Finlandia si festeggia la promozione in seconda divisione del Fc Santa Claus, la squadra di Babbo Natale di stanza a Rovaniemi, la vera fiaba natalizia arriva dal Belgio. Il senegalese Papa Sene, entrato nel paese da clandestino nel maggio 2009, ha appena firmato un contratto con il Cercle Brugge, club di prima divisione, chiudendo nel migliore dei modi un’annata trascorsa tra centri di accoglienza, richieste di asilo e valanghe di reti nelle serie minori. Per i gol è finito sulle prime pagine anche l’attaccante Johan Voskamp; il 19 agosto ha firmato per lo Sparta Rotterdam, il 20 ha debuttato segnando 8 reti al malcapitato Almere City nella B olandese. E’ finita 12-1 e Voskamp è rimasto in campo solamente 77 minuti.
Giocare per i messicani del Club America può essere letale. Il paraguaiano Salvador Cabanas è stato colpito alla testa da un colpo di pistola durante una sparatoria in un locale; si è miracolosamente salvato. Pericolo scampato pochi giorni dopo anche dal compagno Juan Carlos Silva, fortunatamente colpito solo nel gluteo sinistro da un proiettile esploso nel corso di una rapina. In campo il cattivo dell’anno è stato Nigel de Jong: gamba spezzata all’americano Stuart Holden e al francese Hatem Ben Arfa, colpo di kung fu nella finale Mondiale al petto di Xabi Alonso. Una condotta violenta che ha causato la sua esclusione dalla nazionale olandese.
Fonte: Il Giornale
sabato 1 gennaio 2011
2010’s top 10 most unusual football facts
2010 has been an eventful year, but for some players eventful doesn’t begin to describe the 12 months they have just experienced. From a 56-year-old making a comeback, to a professional cyclist swapping the bike for a ball, through to amazingly unexpected 3-3 draws. 2010 is a year to remember, and here are the top 10 unusual reasons why:
1. From illegal immigrant to rising star
Looking for the football fairytale of 2010? Just listen to the story of Papa Sene. On 15th May, 2009, the Senegalese landed in Brussels from Barcelona, having left the hotel in Zaragoza where he was staying with the Senegal Under-18 team. Once in Belgium, Sene sought asylum. He was housed in a reception centre in Menen, a town in West Flanders, and began to play football once again with the local club, a fifth tier outfit. Last summer, he joined third division club Koksijde, and then in December, the 20-year-old striker – who had proven to be a real goal-machine in the lower leagues – signed his first professional contract with Cercle Brugge. From asylum seeker to top flight striker!
2. Miss it!
IFK Goteborg’s 2010 Allsvenskan campaign was far from impressive, but it surely didn’t help to have five consecutive penalties missed by five different blåvitt (blue and white) players: Ragnar Sigurdsson (against Häcken), Hjalmar Jonsson (against Atvidaberg), Jakob Johansson (against Mjällby), Elmar Bjarnason (against GAIS) and Thomas Olsson (against Malmö). And if Tobias Hysen’s miss at the end of the 2009 Allsvenskan is counted, the number amazingly rises to six consecutive failed spot-kicks.
3. No surrender
On 6th June, at the Aker Stadium in Molde, the city of roses, Norwegian sides Molde and Lillestrøm produced a game completely unsuitable for anyone with heart problems. With Molde leading 3-0 heading into injury time, Lillestrøm proved their coach Henning Berg’s never-give-up philosophy was not just a slogan, and scored three times, to grab a 3-3 draw. Frode Kippe, Tarik Elyounoussi and Anthony Ujah managed to turn a clear defeat into the most exciting draw in the club’s history. Molde star Magne Hoseth even claimed to have shed a tear going into the dressing room after the match.
4. Get off your bike mate, and play football
From cyclist to football player. Oscar Pereiro Sio, 2006 Tour de France winner, signed a contract with FC Coruxo, a Segunda Division B (Spanish third division) side this year in one of the stranger transfers. The tough competitor, who quit professional cycling last summer, at the age of 33, has started to turn out with Coruxo’s reserves, but soon hopes to “make my childhood dream come true” and play for the first team.
5. Forever young
Yuri Pudyshev hung up his boots in 1994. So far, so normal. The midfielder won the USSR league 12 years before with Dinamo Minsk and also earned one international cap in his career. In 2010 however, Pudyshev made his comeback in the Belarusian first division, as he stepped onto the pitch for Dinamo Brest – where he worked as assistant coach – in a match against BATE Borisov. Pudyshev was 56 years old, and was named man of the match, despite Dinamo Brest losing 2-0. Roger Milla, eat your heart out!
6. Match point
A storm of tennis balls thrown onto the pitch was the reason why a Swiss Super League match between Basel and Luzern started almost 40 minutes late. The game was broadcast live across Switzerland, amidst massive protests by irate fans, who had complained that the scheduling meant a kick-off time of 12:45pm on a Sunday morning. The decision was taken by Swiss TV, as they considered a first round meeting between Roger Federer and Novak Djokovic in the first round of the ATP Basel Tournament more important than the Basel vs Luzern clash. After the stewards had cleaned up the first batch of tennis balls, which numbered in the hundreds, fans let loose a second load.
7. A Bohemian war
In the 2010 season, Bohemians Prague were deducted 20 points and fined 6 million Koruna, because they refused to play Bohemians 1905 in the Gambrinus Liga – the Czech Republic’s top flight. Relations between the two Bohemians began to deteriorate in 2005, when the ancient FC Bohemians Prague – one of the most popular clubs in the Czech Republic – were relegated to the third division due to financial problems and sold their brand to FC Strížkov Praha 9, a small side with very few fans, who soon renamed themselves Bohemians Prague, and also played in the same colours, green and white. This year however, the Prague City Court ruled that the club could not use the name Bohemians, as they had no connection with the traditional Bohemians Prague (now Bohemians 1905). Frosty doesn’t begin to describe the two clubs’ relationship.
8. Absolute beginner
On 19th August, 2010, striker Johan Voskamp left Dutch Eerste Divisie (second division) side Helmond Sport and signed a three-year contract with newly-relegated Sparta Rotterdam. Just 24 hours later, Voskamp made his debut with the Spartaans, scoring a breathtaking eight goals against Almere City. Sparta won the match 12-1, and Voskamp himself left the pitch after 77 minutes, jokingly complaining that he could have ended the game with a double digit total.
9. Making plans for Nigel
Stuart Holden: broken leg. Xabi Alonso: a kick to the chest. Hatem Ben Arfa: broken leg. Moreover, Yuto Nagatomo, Shunsuke Nakamura, Angelo Palombo, and Martin Jørgensen all suffered through Nigel de Jong’s horror tackles. The gifted, but reckless, Dutch midfielder found himself dropped from the Holland squad due to his violent approach to the game. De Jong likes to be labelled Barracuda though, because of his passion for the Plymouth Barracuda – he has one in his car collection – and not, as some might suppose, because of what remains of opponents after one of his tackles.
10. Last Greek standing
In the third round of the 2010/11 Greek Super League, 17-year-old striker Kostas Fortounis scored for Asteras Tripolis against AEK in Athens. That goal could not help his side though, they lost 2-1. However, it was the only goal scored by a Greek player in the whole round of games; the other 17 were notched by foreign players. The statistic should not be a surprise though, in a league where local players make up less than half (48.9%) of those competing. Little wonder therefore that the national team fared badly at the World Cup in South Africa.
Fonte: Inside Futbol
1. From illegal immigrant to rising star
Looking for the football fairytale of 2010? Just listen to the story of Papa Sene. On 15th May, 2009, the Senegalese landed in Brussels from Barcelona, having left the hotel in Zaragoza where he was staying with the Senegal Under-18 team. Once in Belgium, Sene sought asylum. He was housed in a reception centre in Menen, a town in West Flanders, and began to play football once again with the local club, a fifth tier outfit. Last summer, he joined third division club Koksijde, and then in December, the 20-year-old striker – who had proven to be a real goal-machine in the lower leagues – signed his first professional contract with Cercle Brugge. From asylum seeker to top flight striker!
2. Miss it!
IFK Goteborg’s 2010 Allsvenskan campaign was far from impressive, but it surely didn’t help to have five consecutive penalties missed by five different blåvitt (blue and white) players: Ragnar Sigurdsson (against Häcken), Hjalmar Jonsson (against Atvidaberg), Jakob Johansson (against Mjällby), Elmar Bjarnason (against GAIS) and Thomas Olsson (against Malmö). And if Tobias Hysen’s miss at the end of the 2009 Allsvenskan is counted, the number amazingly rises to six consecutive failed spot-kicks.
3. No surrender
On 6th June, at the Aker Stadium in Molde, the city of roses, Norwegian sides Molde and Lillestrøm produced a game completely unsuitable for anyone with heart problems. With Molde leading 3-0 heading into injury time, Lillestrøm proved their coach Henning Berg’s never-give-up philosophy was not just a slogan, and scored three times, to grab a 3-3 draw. Frode Kippe, Tarik Elyounoussi and Anthony Ujah managed to turn a clear defeat into the most exciting draw in the club’s history. Molde star Magne Hoseth even claimed to have shed a tear going into the dressing room after the match.
4. Get off your bike mate, and play football
From cyclist to football player. Oscar Pereiro Sio, 2006 Tour de France winner, signed a contract with FC Coruxo, a Segunda Division B (Spanish third division) side this year in one of the stranger transfers. The tough competitor, who quit professional cycling last summer, at the age of 33, has started to turn out with Coruxo’s reserves, but soon hopes to “make my childhood dream come true” and play for the first team.
5. Forever young
Yuri Pudyshev hung up his boots in 1994. So far, so normal. The midfielder won the USSR league 12 years before with Dinamo Minsk and also earned one international cap in his career. In 2010 however, Pudyshev made his comeback in the Belarusian first division, as he stepped onto the pitch for Dinamo Brest – where he worked as assistant coach – in a match against BATE Borisov. Pudyshev was 56 years old, and was named man of the match, despite Dinamo Brest losing 2-0. Roger Milla, eat your heart out!
6. Match point
A storm of tennis balls thrown onto the pitch was the reason why a Swiss Super League match between Basel and Luzern started almost 40 minutes late. The game was broadcast live across Switzerland, amidst massive protests by irate fans, who had complained that the scheduling meant a kick-off time of 12:45pm on a Sunday morning. The decision was taken by Swiss TV, as they considered a first round meeting between Roger Federer and Novak Djokovic in the first round of the ATP Basel Tournament more important than the Basel vs Luzern clash. After the stewards had cleaned up the first batch of tennis balls, which numbered in the hundreds, fans let loose a second load.
7. A Bohemian war
In the 2010 season, Bohemians Prague were deducted 20 points and fined 6 million Koruna, because they refused to play Bohemians 1905 in the Gambrinus Liga – the Czech Republic’s top flight. Relations between the two Bohemians began to deteriorate in 2005, when the ancient FC Bohemians Prague – one of the most popular clubs in the Czech Republic – were relegated to the third division due to financial problems and sold their brand to FC Strížkov Praha 9, a small side with very few fans, who soon renamed themselves Bohemians Prague, and also played in the same colours, green and white. This year however, the Prague City Court ruled that the club could not use the name Bohemians, as they had no connection with the traditional Bohemians Prague (now Bohemians 1905). Frosty doesn’t begin to describe the two clubs’ relationship.
8. Absolute beginner
On 19th August, 2010, striker Johan Voskamp left Dutch Eerste Divisie (second division) side Helmond Sport and signed a three-year contract with newly-relegated Sparta Rotterdam. Just 24 hours later, Voskamp made his debut with the Spartaans, scoring a breathtaking eight goals against Almere City. Sparta won the match 12-1, and Voskamp himself left the pitch after 77 minutes, jokingly complaining that he could have ended the game with a double digit total.
9. Making plans for Nigel
Stuart Holden: broken leg. Xabi Alonso: a kick to the chest. Hatem Ben Arfa: broken leg. Moreover, Yuto Nagatomo, Shunsuke Nakamura, Angelo Palombo, and Martin Jørgensen all suffered through Nigel de Jong’s horror tackles. The gifted, but reckless, Dutch midfielder found himself dropped from the Holland squad due to his violent approach to the game. De Jong likes to be labelled Barracuda though, because of his passion for the Plymouth Barracuda – he has one in his car collection – and not, as some might suppose, because of what remains of opponents after one of his tackles.
10. Last Greek standing
In the third round of the 2010/11 Greek Super League, 17-year-old striker Kostas Fortounis scored for Asteras Tripolis against AEK in Athens. That goal could not help his side though, they lost 2-1. However, it was the only goal scored by a Greek player in the whole round of games; the other 17 were notched by foreign players. The statistic should not be a surprise though, in a league where local players make up less than half (48.9%) of those competing. Little wonder therefore that the national team fared badly at the World Cup in South Africa.
Fonte: Inside Futbol