Ci sono anche due italiani nei più grandi flop della storia della Eredivisie scelti dal settimanale olandese Voetbal International. Sono Graziano Pellè e Dennis Godeas, la cui esperienza in Olanda non può certamente essere considerata positiva. Su Pellè, tutt’ora in forza all’Az Alkmaar, è pesato sin dal primo giorno il fardello di essere il giocatore più costoso (6 milioni di euro) nella storia del club. Una cifra esagerata, considerato che l’attaccante ha raggiunto quota 10 gol in Eredivisie solamente alla sua quarta stagione nei Paesi Bassi. Oggi – complice la crisi economica del club che ha quasi azzerato la concorrenza interna in attacco – Pellè è titolare e se la sta cavando piuttosto bene, ma ormai è tardi. In estate rientrerà in Italia.
Godeas per contro i campi olandesi li ha visti solamente in allenamento. Prelevato dal De Graafschap nell’estate del 1999 nell’ambito di un rapporto di partnership tra i Superboeren e l’Udinese (nello stesso periodo transiteranno per Doetinchem, tra gli altri, anche l’allenatore Massimo Morales e il centrocampista egiziano Hazem Emam), Godeas ha fatto le valigie dopo poche settimane, trascorse tra panchina e tribuna.
Un altro grande flop poi transitato in Italia, dove gioca tuttora (nel Siena, arrivato dal Bari), è l’angolano Pedro Kamata, una presenza nel Groningen prima di tornarsene a gambe levate in Francia, ad Auxerre, divorato dalla nostalgia per famiglia, fidanzata e un clima che non assomigliasse a quello della Danimarca. Anche Jorginho Paulista ha giocato in Serie A, nell’Udinese, ma ben pochi lo ricordano. Arrivò dal Psv Eindhoven, che lo aveva strapagato al Palmeiras, convinto di aver messo le mani sul terzino del futuro. Bastarono due presenze per far comprendere l’abbaglio.
Verrebbe da dire che chi di Brasile ferisce, di Brasile perisce. Il Psv ha portato in Europa Romario, Ronaldo, Alex e Gomes, ma anche Jorginho Paulista e Leandro do Bomfim. Quest’ultimo venne scambiato per un piccolo Ronaldo, salvo poi dimostrare che in comune con il Fenomeno non aveva nemmeno il ruolo. Leandro era un centrocampista offensivo poco avvezzo al sacrifico. Ad Eindhoven viene ricordato soprattutto per la battaglia legale che si scatenò tra il Psv e il Porto al momento del trasferimento del giocatore in Portogallo. I lusitani non volevano riconoscere al club della Philips il cospicuo bonus per la formazione del giocatore. All’arbitrato vinsero gli olandesi.
L’Ajax non ha per contro mai avuto un buon feeling con i giocatori spagnoli, escluso Gabri. Da Juanfran a Roger, da Urzaiz a Oleguer, tutti hanno deluso all’Amsterdam ArenA. Nessuno è però costato agli ajacidi la cifra complessiva di 16 milioni di euro (stipendio incluso) come l’attaccante Albert Luque, già bidone in Inghilterra nel Newcastle. Più a suo agio sulle piste da ballo che nel 4-3-3 dell’Ajax, nel 2008 la dirigenza gli ha espressamente chiesto di lasciare il club. Del resto non esistevano gli estremi della risoluzione del reparto di lavoro come invece nel 1999 con il costaricano Froylan Ledezma, scippato due anni prima al Feyenoord. Più che con la palla tra i piedi Ledezma era bravo con le pistole. Durante un torneo giovanile a Dallas, una serata ad alta gradazione alcolica si concluse tra gli spari di un’arma da fuoco. Ledezma venne arrestato il giorno dopo in hotel. La sua avventura olandese proseguì poco oltre.
E’ invece un giocatore di valore il più grande flop nella storia del Feyenoord. Danko Lazovic è costato tanto - 7 milioni di euro pagati cash al Partizan Belgrado – producendo una miseria, sia in termini sportivi che economici. Nel primo caso il serbo è stato anche penalizzato dall’esplosione di Dirk Kuijt (arrivato anch’esso durante la stessa finestra di mercato, ad un prezzo però sette volte inferiore) e, successivamente, di Salomon Kalou. Economicamente il disastro è stato anche peggiore, con il Feyenoord che lo ha rivenduto a 1.5 milioni di euro. Gli anni seguenti Vitesse e Psv Eindhoven hanno ricavato rispettivamente 6.6 e 5 milioni di euro dalla cessione di Lazovic. Il quale oggi è titolare nei campioni di Russia dello Zenit San Pietroburgo.
Fonte: Il mondo siamo noi
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