Viaggio attraverso cento anni di calciatori olandesi in Italia. Il meglio, il peggio e le storie curiose (3).
Andries Roosenburg. Calciatore stagionale, nel senso che sbocciava in primavera dopo un letargo lungo tutto l’inverno. La Fiorentina lo acquista nel 1950, lui scopre il cibo italiano e si presenta in campo con una silhouette non propriamente atletica. La cura dimagrante sortisce gli effetti desiderati da marzo in poi: 7 gol la prima stagione, 10 la seconda. Poi si ripresenta nuovamente appesantito. La Viola, stufa di avere un attaccante part-time, lo rispedisce a casa.
Johan Cruijff. Anche il miglior calciatore olandese di sempre ha giocato in Italia. Una sola partita, con la maglia del Milan (avversario il Feyenoord), nel corso del Mundialito per club 1981, torneo fortemente voluto da Silvio Berlusconi. In condizioni fisiche impresentabili, il Maestro viene sostituito dopo un tempo. La Gazzetta dello Sport gli affibbia un 4. Per molti commentatori è un giocatore finito. Cruijff tornerà in patria e vincerà ancora titoli nazionali con Ajax e Feyenoord.
Mario Been. Romeo Anconetani stravedeva per lui. Lo fece accogliere a Pisa da idolo, gli pagò un tour nei negozi di abbigliamento più costosi, e in Olanda c’è chi giura che gli avrebbe raddoppiato lo stipendio pur di tenerlo in Toscana. Ricevette in cambio un fantastico gol da cinquanta metri contro il Messina, uno stoico 0-0 strappato a San Siro contro il Milan, e una retrocessione in Serie B. Perché purtroppo Been era il tipico giocatore da “potrei ma non voglio”.
Marciano Vink. Ad un certo punto prese palla, saltò avversari in rapida serie e trafisse Pagliuca. “Sembrava Alberto Tomba”, commentò il portiere doriano. In quel fantastico slalom di cinquanta metri nel derby della Lanterna, stagione 93/94, è racchiusa tutta l’esperienza italiana di Vink. Una sola stagione, mediocre, con una punta di sublime. Poi è diventato giocatore di poker professionista. Ma tra le carte e il pallone, a suo figlio consiglierà sempre il primo.
Harvey Esajas. Storia da libro Cuore, la sua. Nel 2002 aveva appeso le scarpe al chiodo e sbarcava il lunario con i lavori più disparati (barista, lavapiatti, commesso). L’amico Clarence Seedorf decide di dargli una mano, procurandogli un ingaggio nel Milan. Nel luglio 2004 arriva in Italia. Pesa 99 chili. Lavora sodo, debutta in Coppa Italia, è in panchina nella finale di Champions ad Istanbul. Chiude in C nel Lecco, visibilmente soprappeso. Ma felice.
Sander Westerveld. Un ex nazionale in Lega Pro. Merito del nuovo corso del Monza inaugurato da Clarence Seedorf, che oltre ad aver portato in Brianza un paio di parenti (il cugino Stefano ed il fratello Chedric), ha convinto anche questo portiere che nel 2001 ha vinto cinque trofei con il Liverpool, tra cui la Coppa Uefa. Un lusso per la C, nonostante qualche amnesia. “Il centro di allenamento di Monzello è da squadra di Champions League”, assicura. Al Brianteo però si sono accontetati di aver evitato i play-out.
(Westerveld con Stefano - a sinistra - e Cedric Seedorf - al centro)
Fonte: Calcio 2000
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