Recita un detto olandese: “Se la mia strada è pulita, tanto mi basta per essere contento”. Un concetto individualista che non appartiene alla filosofia di Robin van Persie. In caso contrario, a quest’ora l’attaccante oranje non sarebbe più un giocatore dell’Arsenal, ma avrebbe ingrossato le fila dei talenti in fuga (Fabregas, Nasri, Clichy) dai Gunners e dal loro deus-ex-machina, Arsene Wenger. Il maestro alsaziano li ha aiutati a “pulire la loro strada”, adesso si arrangi pure con il resto del quartiere di casa Arsenal.
Fresco della fascia di capitano, Van Persie è una delle poche stelle rimaste alla corte di Wenger, tecnico mai come ora sottoposto a una pressione così intensa. Tifosi in ebollizione, accuse di braccino corto in sede di mercato, un clima di smobilitazione da fine impero acuito da un inizio deprimente in Premier League (un punto nelle prime due partite, zero gol segnati). Urge una scossa per il tecnico alsaziano, che punta tutto sul rientro di uno dei suoi “prodotti” migliori di sempre, ovvero Van Persie, assente per squalifica all’andata.
L’olandese è un giocatore 100% made in Wenger. Figlio di artisti divorziati, nato e cresciuto in un quartiere popolare di Rotterdam, prima di sbarcare a Londra Van Persie era il classico talento alla Balotelli tutto genio e sregolatezza. Auto sfasciate, litigi con gli allenatori (l’attuale ct dell’Olanda Van Marwijk lo cacciò dal Feyenoord alla vigilia di un preliminare di Champions), persino qualche giorno in galera per un accusa poi rivelatasi infondata. L’incontro con Wenger gli cambia la carriera. “Mi disse che per arrivare al top”, ricorda Van Persie, “avrei dovuto cambiare qualcosa nel mio atteggiamento. Gli domandai: che cosa? Devi capirlo da solo, fu la risposta”.
Anni di apprendistato alla corte di maestri quali Henry e Bergkamp hanno trasformato Van Persie da bizzosa mezzapunta esterna dal mancino fatato in attaccante completo. La scorsa stagione, dopo un aver sfiorato il Mondiale da prima punta dell’Olanda, il giocatore ha battuto tutti i propri record di prolificità chiudendo con 22 reti, tra cui una gemma contro il Barcellona in Champions, votata dai tifosi dell’Arsenal gol dell’anno. Oggi appare come uno dei pochi assi rimasti nella manica di Wenger. Ma è sufficiente per far saltare il banco.
Fonte: Il Giornale
Ho sempre apprezzato Van Persie, sin dai tempi dei suoi promettenti esordi in patria. Sembra passato un secolo, ma in realtà lui, come tanti altri talenti orange, è diventato un calciatore vero in fretta. Ha solo 27 anni eppure una carriera che per alcuni è già a buon punto, se non all'apice. Io credo che Van Persie possa invece dare ancora moltissimo al calcio internazionale. Proprio da quando è stato accentrato a prima punta, si è compiuto il suo balzo in avanti a livello di risultati personali e non solo (è stato sempre più protagonista anche con la maglia della sua nazionale).
RispondiEliminaCentravanti, seppur atipico, in quel senso Wenger ha, nemmeno troppo velatamente, voluto replicare il caso Henry, il francese che da ala fantasista tecnico ma incostante e incompiuto, è poi diventato un campione a tutto tondo, oltre che un goleador implacabile,
Se l'olandese non fosse flagellato dai perenni infortuni che gli stanno condizionando la carriera (altrimenti non sarebbe molto lontano dagli standard dai colleghi Robben, Van der Vaart o Sneijder.
Dirò di più: proprio vedendo Van Persie nell'11 titolare stasera contro l'Udinese ho pensato che per l'Arsenal potrebbe essere meno dura del previsto superare l'insidia del preliminare.
ciao Alec
Gianni G.
Concordo dalla prima all'ultima parola.
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