Articolo pubblicato sul trimestrale "Linea Bianca"
Assume invece contorni più nebulosi l’incontro di campionato brasiliano tra Ponte Preta e Comercial, terminato 2-0 per i primi, che nell’estate del 1980 convinse l’allora allenatore in seconda della Pistoiese Giuseppe Malavasi ad acquistare l’attaccante Luis Silvio Danuello, autore quel giorno di una doppietta. Qualcuno afferma che quell’incontro fu truccato dal Ponte Preta per offrire all’osservatore italiano un’immagine di Luis Silvio che invece non corrispondeva alla realtà, in modo tale da favorire la sua cessione alla Pistoiese. Il giocatore venne spacciato a Malavasi per una prima punta, e quello fu il ruolo nel quale venne schierato contro il Comercial; Luis Silvio era però cresciuto nel Marilia, piccolo club dell’area di Sao Paolo, giocando come ala. Quando si parla di Luis Silvio però la realtà si mescola con il mito, dal momento che la breve permanenza in Italia fu talmente disastrosa da farlo diventare uno degli emblemi dei “bidoni” importati in Serie A dal momento della riapertura delle frontiere nella stagione 1980-81. Ed è cosa nota che sui miti, seppure alla rovescia, le leggende metropolitane fioriscono copiose. Su Luis Silvio si è detto di tutto: c’è chi sosteneva che non fosse un calciatore, chi giurava di averlo visto vendere gelati allo stadio di Pistoia, chi ancora raccontava che dopo l’esperienza italiana era diventato un attore porno. Un tourbillon incontrollato di voci alle quali lo stesso ex giocatore ha tentato di mettere fine nel 2007 con un’intervista alla Gazzetta dello Sport. “Sono stufo delle bobagens (sciocchezze, ndr) che voi italiani scrivete su di me. Il mio secondogenito, Lucas, 14 anni, è un drago dei computer e ogni volta che su Google digita Luis Silvio Danuello è sommerso dalle bugie sul conto di suo padre. La balla più grossa è quella dei gelati allo stadio di Pistoia: lasciai l’Italia nel 1981 e non sono più tornato. Ho investito i guadagni del calcio nella Maripeças, rivendita di ricambi per macchine industriali. Quel che mi offende, invenzioni a parte, è che si parli di me come se fossi stato scarso. Nel ’79 venni eletto calciatore rivelazione del Brasile. Ho giocato in club di primo livello: Palmeiras, Ponte Preta, Botafogo di Riberao Preto. L’equivoco sul mio ruolo nacque all’aeroporto di Roma, quando incontrai i dirigenti della Pistoiese e un signore mi chiese: "Sei una punta?". Risposi di sì, perché avevo capito "ponta", con la o, che in portoghese vuol dire ala. Io quello ero: un’ala destra, uma ponta direita. Firmai e mi ritrovai centravanti, fuori ruolo. Un disastro. Da me si aspettavano tanti gol, ma ero uno specialista del cross e al massimo potevo fare la seconda punta, con la "u", come dite voi”. E la famosa partita Ponte Preta-Comercial? “Il Ponte Preta non truccò una partita per convincere l’osservatore della Pistoiese. Non ne aveva bisogno, nel 1980 in Brasile io avevo mercato”. Chissà allora perché, proprio in quell’occasione, venne schierato fuori ruolo.
E’ possibile che all’alba del 2010, nell’era di internet e di tutte le innovazioni tecnologiche possibile e immaginabili, una finta nazionale scenda in campo per disputare un’amichevole senza che nessuno se ne accorga, se non a posteriori? La risposta è affermativa se ci sono in mezzo Togo e Bahrein. I primi come “colpevoli”, i secondi come “vittime”. Lo scorso settembre la compagine africana è stata sconfitta da quella mediorientale per 3-0 in un incontro amichevole. Durante l’incontro al ct del Bahrein Josef Hickersberger cominciò a sorgere qualche dubbio. Non si aspettava infatti di trovarsi di fronte ad un avversario così modesto sotto il profilo tecnico, e oltretutto in difficoltà anche dal punto di vista fisico. In realtà quella scesa in campo non era la vera nazionale del Togo, bensì una squadra di comparse allestita dall’allenatore Tchanile Bana, che si era occupato anche degli aspetti organizzativi dell’incontro inoltrando alla Federcalcio del Bahrein i canonici moduli, debitamente firmati su carta intestata della Federcalcio togolese, per l’organizzazione di una partita amichevole. Un tarocco reso possibile dal caos strutturale in cui si trova il calcio in Togo, dove una speciale commissione ad interim fa le veci della Federcalcio, i cui organi sono stati sciolti dalla Fifa sul finire del 2009 a causa delle forti ingerenze politiche. Il presidente di tale comitato, il generale Seyi Memene, ha dichiarato che tutti i giocatori che hanno partecipato alla trasferta in Bahrein erano finti. “Non abbiamo inviato nessuno nel Golfo Persico, perché nessuno era stato informato di nulla”. Una versione confermata da Bana, nel frattempo squalificato per tre anni. “Ho fatto tutto da solo”, ha ripetuto fino allo sfinimento l’ex tecnico. Molti però non gli credono; in primis il giornalista Jean-David Reinhardt, responsabile del sito Togo Football News. Si parla di corruzione all’interno del comitato, e di compensi per ogni singolo giocatore-tarocco attorno ai 1500-2000 euro. Niente male come rimborso spese per essersi sobbarcati una gita fuori porta di 3500 chilometri. Il Bahrein però nella scelta degli avversari è curiosamente sfortunato. Nel 2006, in preparazione per una partita di qualificazione al Mondiale tedesco, disputò una partita contro la nazionale di Panama, salvo poi scoprire in un secondo momento che gli avversari non erano altro che una selezione di giocatori di secondo piano dello stato centroamericano.
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