La paura fa novanta, proprio come i gol stagionali di Luis Suarez e Diego Forlán, la coppia d’attacco più caliente del Mondiale. Da giugno 2009 ad oggi Suarez ha infilato la palla in rete 56 volte (49 con l’Ajax, 7 con l’Uruguay), mentre il sodale Forlan si è dovuto “accontentare” di 34 (28 con l’Atletico Madrid). Reti che si contano, ma soprattutto si pesano. Forlán ha condotto l’Atletico Madrid al successo in Europa League, decidendo anche la finale contro il Fulham; Suarez ha eguagliato il primato di prolificità per uno straniero nella Eredivisie olandese, detenuto dal serbo Mateja Kezman, mettendosi alle spalle gente come Romario, Ronaldo e Jari Litmanen. Entrambi oggi stanno facendo vivere alla Celeste un’avventura Mondiale come non accadeva da quarant’anni, ovvero da quando a Mexico 70 l’Uruguay di Mazurkiewicz, Espárrago e Cubilla, che bloccò sullo 0-0 l’Italia nel gruppo eliminatorio, venne fermato in semifinale dal Brasile di Pelè.
Suarez e Forlán, non certo i due giocatori più attesi del Mondiale. Il primo, sempre in doppia cifra fin dagli esordi nel Nacional Montevideo e, in Europa, nel Groningen, con appiccicata l’etichetta di bomber di provincia, perché in Olanda, o in altri campionati “minori”, dicono che segnare sia più facile (poi però i flop mondiali si chiamano Anelka, Gilardino e Rooney). Il secondo sempre ignorato dai club di vertice dopo la non esaltante esperienza nel Manchester United (i tifosi lo chiamavano Diego Birtles, accostandolo ad un famoso divora-gol degli anni Ottanta Garry Birtles, una sorta di Egidio Calloni d’Albione), a dispetto delle caterve di reti dispensate con Villareal e Atletico Madrid, che gli sono valse anche due Scarpe d’Oro.
Per sfruttare al meglio il talento della coppia il ct Oscar Washington Tabarez ha ridisegnato la squadra: cassato il 3-4-1-2 proposto nel brutto esordio contro la Francia, ecco un 4-3-3 con Suarez prima punta e Forlán più arretrato, quasi in posizione di regista, con libertà di movimento pressoché assoluta. Hanno completato il quadro l’inserimento di Edinson Cavani sull’ala destra, e un’impalcatura solida retta in mediana dalla coppia Egidio Arevalo-Diego Perez e nelle retrovie da Diego Lugano. Risultato: doppietta di Forlán al Sudafrica, reti decisive di Suarez contro Messico e Corea del Sud. Per quest’ultimo l’ottimo Mondiale fin qui disputato rappresenta un motivo di orgoglio particolare, considerando che ad undici anni fu costretto a rifiutare la convocazione ad uno stage di selezione per le nazionali giovanili uruguaiane perché la sua famiglia non aveva nemmeno i soldi per comprargli le scarpe.
Suarez e Forlán stanno riuscendo dove Alvaro Recoba ha più volte fallito: regalare all’Uruguay sprazzi di quell’antica gloria che, a cavallo tra gli anni Venti e i Cinquanta, aveva portato in bacheca due coppe del mondo, due ori olimpici e cinque coppe America, mettendo in mostra campioni quali la Maravilha Negra Andrade, Juan Alberto Schiaffino e Alcides Ghiggia. Dopo il 1970 invece il buio, con l’Uruguay che fa notizia per i calci piuttosto che per il calcio: al Mondiale 86 Josè Batista regala alla sua squadra il primato dell’espulsione più veloce in una coppa del mondo facendosi cacciare dal campo, nel match contro la Scozia, dopo soli 55 secondi. Nell’ultimo ventennio, infine, tante aspettative puntualmente frustrate da risultati modesti: proprio la storia, in estremi sintesi, di Recoba. Acqua passata. Oggi i cieli sopra Montevideo sono tornati a colorarsi di celeste. Come la maglia di una storica nazionale.
Fonte: Il Giornale
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