Pelè, Johan Cruijff, George Weah, Hugo Sanchez, Bum-Kun Cha e Wynton Rufer. Una ragione per accomunare questi giocatori l’ha trovata l’International Federation of Football History and Statistics (IFHSS), l’istituto che si occupa di statistica e storia del calcio. In concomitanza con l’avvento del nuovo millennio, l’IFHSS aveva coinvolto numerosi addetti ai lavori di tutto il mondo chiedendo loro di votare il miglior giocatore del XX secolo di ciascuno dei sei continenti. E’ stato in questo modo che il neozelandese Wynton Rufer, nato a Wellington il 29 dicembre del 1962, si è trovato a dividere la ribalta con alcuni dei più grandi fuoriclasse di sempre. Non poteva pertanto essere che lui la stella della Nuova Zelanda che, nel 1982, si apprestava a debuttare nella fase finale di un Mondiale. Era infatti chiamata la Rufer generation la selezione degli All Whites (questo il soprannome della nazionale di calcio neozelandese, in contrapposizione agli All Blacks del rugby) che nel 1981 riuscì a centrare una storica quanto inaspettata qualificazione ai Mondiali di Spagna. Undici giocatori entrati nella storia del calcio dell’Oceania: Van Hattum, Dodds, Herbert, Malcolmson, Almond, Sumner, McKay, Creswell, Boath, Woodin e appunto Rufer, l’autore della rete decisiva nello spareggio contro la Cina (2-1 per la Nuova Zelanda), l’elemento di maggior classe della squadra nonché il primo giocatore neozelandese ad aver tentato la via del professionismo emigrando in Europa, e tutto questo a soli 19 anni di età e con alle spalle già un discreto numero di presenze con la nazionale maggiore (il suo esordio datava 16 ottobre 1980, avversario il Kuwait).
I neozelandesi avevano staccato il biglietto per la Spagna dopo un’autentica odissea a cavallo tra due continenti. 55mila erano state le miglia percorse dalla squadra, dall’Arabia Saudita alla Cina, dal Kuwait alle Isole Figi, per disputare 15 partite, segnare 44 reti, stabilire il proprio primato storico relativamente alla vittoria più rotonda in un match ufficiale (13-0 alle Figi) e mantenere la propria porta imbattuta per ben 921 minuti. Nessuna sorpresa pertanto che uno sport scarsamente considerato e spesso relegato sul fondo delle pagine dei quotidiani, era diventato in Nuova Zelanda, almeno per l’anno 1982, LO sport nazionale. Da zero a mito in una manciata di mesi; questo il destino di molti degli All Whites. Nella terra dei Kiwi tutti ricordavano il colpo di testa di Grant Turner che estromise i rivali di sempre dell’Australia dalle qualificazioni, o il pareggio all’ultimo minuto di Ricki Herbert a Wellington contro l’Arabia Saudita, o ancora la magia di Wynton Rufer a Singapore nello spareggio contro la Cina. Al Mondiale la Nuova Zelanda si trova di fronte Brasile, Unione Sovietica e Scozia. Una sfida improba per una squadra già all’epoca molto vintage, calcisticamente legata alla più classica tradizione britannica, ovvero quel kick’n run molto fisico fatto di corsa, lanci lunghi e palloni spioventi per la torre. Il risultato sono tre sconfitte, con due gol fatti (Steve Sumner e Steve Wooddin, a segno nel 2-5 contro la Scozia) e dodici subiti. Gli All Whites però il loro mondiale lo avevano vinto ancora prima di sbarcare in Spagna.
Ventotto anni dopo è arrivato il momento di ripetere l’avventura. Lo spareggio questa volta è stato vinto contro il Bahrein, il gioco è rimasto molto british old style, ma la rosa neozelandese è priva del nuovo Wynton Rufer. Il quale dopo il Mondiale è tornato in Europa per giocare prima in Svizzera (con Zurigo, Aarau e Grasshopper) e poi in Germania, dove con il Werder Brema ha vissuto i momenti migliori della sua carriera vincendo un titolo nazionale, due Coppe di Germania e una Coppa delle Coppe (2-0 in finale al Monaco di Gorge Weah e Rui Barros, allenatore Arsene Wenger), e totalizzando un bottino di 55 reti in 160 incontri. Una promozione in Bundesliga con il Kaiserslautern guidato da Otto Rehhagel rappresenta il congedo di Rufer dall’Europa. Oggi è titolare della Wynton Rufer Soccer School of Excellence, conosciuta anche come Wynrs, una moderna accademia calcistica pronta a sfornare i talenti di domani. “Per far crescere calcisticamente il nostro paese”, ha dichiarato Rufer, “bisogna concentrarsi sui ragazzi di età compresa tra i cinque e i dodici anni. Il futuro non lo si improvvisa, ma va costruito dalle fondamenta”. In attesa di una nuova Rufer generation.
Fonte: Calcio 2000
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