Viaggio attraverso cento anni di calciatori olandesi in Italia. Il meglio, il peggio e le storie curiose (1)
Marco van Basten. Da piccolo guardava una scritta su un muro fuori da casa: “dopo me stesso, sono il migliore”. Una frase diventata la sua filosofia di vita. Il Milan lo paga all’Ajax un miliardo di lire; l’affare del secolo, in rapporto qualità/prezzo. Tre volte Pallone d’Oro, doppietta allo Steaua Bucarest in finale di Coppa Campioni, perle europee (Vitocha, Real Madrid, IFK Goteborg) a getto continuo. Crudele stop al calcio nel 1993, tradito dalla caviglia destra.
Ruud Gullit. Mirabile fusione tra tecnica e potenza. Nasce libero nell’Haarlem, impara il calcio a fianco di Cruijff nel Feyenoord, numero 10 nel Psv che lo cede al Milan per 12 miliardi di lire. Solo Maradona all’epoca era costato di più. Imprendibile nelle progressioni, imperioso di testa, puntuale sotto porta. Pallone d’Oro 1987, doppietta allo Steaua Bucarest nella finale di Coppa Campioni. Vive una seconda giovinezza alla Sampdoria, numero 4 sulla schiena e libertà di movimento totale.
Frank Rijkaard. Sacchi lo preferiva a Gullit e Van Basten, e lo impose anche a Berlusconi, innamorato dell’argentino Borghi.. Duttilità ed intelligenza tattica lo rendevano il sogno di ogni allenatore. Gioca libero, stopper, centrocampista destro o centrale. Nel Milan decide la finale di Coppa Campioni contro il Benfica, poi segna nella Supercoppa Europea e nell’Intercontinentale (doppietta). Recentemente eletto in patria miglior centrocampista olandese di tutti i tempi.
Edgar Davids. Incompreso nel Milan, crepuscolare nell’Inter, imprescindibile nella Juventus. In meno di un anno passa da mela marcia dei rossoneri alla finale di Champions con la Vecchia Signore. Il pitbull accarezza la palla e azzanna gli avversari. Nell’Ajax nasceva ala sinistra e veniva accostato a Bryan Roy. Oggi la pietra di paragone è lui. Il suo stile ha fatto scuola, i suoi occhialini pure. Fermo dal 2008, ufficialmente non si è mai ritirato dal calcio.
Clarence Seedorf. La vocazione internazionale era chiara già a 19 anni, quando lasciò l’Ajax per la Sampdoria. Un quarto di secolo dopo, per l’unico giocatore al mondo ad aver vinto tre Champions League con tre squadre diverse, parlano i numeri. 8 trofei vinti con il Milan (in totale in carriera ne ha collezionati 19), 9 riconoscimenti individuali. A 33 anni può ancora permettersi di segnare di tacco al Manchester United in Champions. Centrocampista totale, incompreso solo nell’Inter.
Ruud Krol. Dal Canada a Napoli con l’etichetta di pensionato. Sotto il Vesuvio invece disputa quattro stagioni di ottimo livello. Sontuosa la prima, nella quale il Napoli guidato da Rino Marchesi (che alla vigilia si era lamentato per l’arrivo di un over-30) finisce terzo. Leader naturale, guida la difesa con una classe ed uno spirito competitivo senza pari. Prima di Re Diego, il sovrano di Napoli batteva bandiera oranje.
Jaap Stam. Uno dei pochi errori nella carriera di manager di Sir Alex Ferguson. Considerandolo finito, lo cedette in Italia. Ma il gigante di Kampen ha conosciuto, tra Lazio e Milan, una seconda giovinezza. Fisicità unita a capacità di lettura del gioco e personalità. “Se prendiamo gol vi ammazzo tutti” minacciò i compagni di reparto milanisti durante un calcio d’angolo. Meglio ascoltarlo, uno così. Oggi allena lo Zwolle.
Wesley Sneijder. Il 26 agosto scorso si allenava, incupito e rabbioso, a Valdebebas, l’avveniristico centro sportivo del Real Madrid. Tre giorni dopo faceva faville nel derby di Milano. E poi reti pesanti in campionato (Udinese, Siena), Champions (Dinamo Kiev) e Coppa Italia (Livorno). Qualità tecniche e balistiche da primo della classe, grinta da rude mediano. Un trequartista moderno e totale. Se non gira lui, stenta tutta l’Inter.
Faas Wilkes. Lo chiamavano la Monna Lisa di Rotterdam perché il suo dribbling era come un’opera d’arte. Del suo talento si innamorò il presidente dell’Inter Carlo Masseroni, che lo soffiò ai cugini del Milan grazie ad una cena in un ristorante meneghino. Versione ante-litteram di Arjen Robben, tra il 1949 e il 1951 segna 42 gol in campionato. Leggendaria una sua prestazione in un derby vinto dall’Inter 6-5 in rimonta dal parziale di 1-4. Gioca anche nel Torino, poi va in Spagna.
Dennis Bergkamp. Mister Class in ogni dove, tranne che a Milano. Nell’Inter paga caro le aspettative elevate (doveva diventare il Van Basten nerazzurro) e un carattere fin troppo schivo. Numeri alla mano, però, con 8 reti è capocannoniere nell’edizione della Coppa Uefa vinta dall’Inter in finale contro il Salisburgo. Vittima o colpevole? La verità si trova nel mezzo. Ma non può essere definito un bidone.
Fonte: Calcio 2000
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